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Uncharted | Tom Holland e un film per i fan (ma non solo) del videogioco

Ruben Fleischer costruisce una origin story a metà tra avventura, videogame e coming-of-age

Uncharted, il banner del film
Uncharted, il banner del film

ROMA – Difficile tradurre sul grande schermo un videogame. Diventa poi quasi impossibile se il videogioco in questione è uno dei migliori di sempre che, di per sé, è concepito come se fosse un vero e proprio film. Si contano sulle dita di una mano gli adattamenti riusciti (e noi in mezzo ci mettiamo anche lo scult di Super Mario Bros. con Bob Hoskins, consci di attirare su di noi marcate critiche), e quei pochi che ce l’hanno fatta hanno avuto il coraggio di staccarsi dall’idea originale pur restandone fedeli allo spirito (vedi Resident Evil: Welcome to Raccoon City). Nonostante tutto però è riuscito nell’impresa – soprattutto nell’ultima parte – Ruben Fleischer con la traslitterazione di Uncharted – lo trovate su CHILI -, come saprete tratto dai games (quattro titoli più due spin-off) sviluppati da Naughty Dog in esclusiva per Sony PlayStation.

uncharted
Tom Holland è Nate Drake

Chiaro, non è nulla di rivoluzionario – né vuole esserlo, eppure il Nate Drake interpretato da Tom Holland, per stessa ammissione degli autori, è stato concepito come un personaggio per certi versi nuovo rispetto al videogioco ma, contemporaneamente, studiato per accontentare gli appassionati, creando così un connubio tra novità cinematografica e fanservice nudo e crudo. Già perché quello di Holland è un Nathan Drake molto più giovane rispetto a quello della PlayStation – a proposito, occhio al marchio PlayStation Productions che anticipa i titoli di testa, l’intenzione è chiara: creare un universo che spazi tra cinema e serialità –, e che ancora deve diventare l’istrionico ladro di tesori perduti che i fan hanno amato fin da Uncharted: Drake’s Fortune, uscito nel lontano 2007.

Tom Holland e Mark Wahlberg in Uncharted
Tom Holland e Mark Wahlberg in Uncharted

Dunque, quello di Ruben Fleischer parte inizialmente come un canonico origin story, esplorando il passato di Nate, dai tempi dell’orfanotrofio – ideato e concepito così com’è nei games – fino all’amicizia disfunzionale con Victor “Sully” Sullivan, che ha la faccia di Mark Wahlberg, in cui troverà una sorta di famiglia, incomprensioni annesse. Dopo un’iniziale ambientazione urbana – inconsueta per la saga – la storia di Nate prende allora la piega che aspettavamo, rifacendosi alla riconoscibile estetica e alle svolte improvvise della storia (scritta da Art Marcum, Matt Holloway, Rafe Judkins), che ha come fulcro la ricerca dell’inestimabile (e ambito) tesoro di Magellano.

Tom Holland dietro le quinte di Uncharted
Tom Holland dietro le quinte di Uncharted

Dichiarando amore spassionato per i film d’avventura di una volta (Indiana Jones su tutti), e calzando nel mentre i panni di coming-of-age alternativo, Uncharted fa dell’azione esagerata il filo conduttore del racconto (e la sequenza dell’aereo vi riporterà idealmente a quando “controllavate” Nate con il joystick) volendo essere spettacolarità cinematografica (rimpinzata di citazioni e di easter eggs) e, intanto, omaggio ai fan del personaggio. Del resto ci scommettiamo forte: quello interpretato da Tom Holland è un personaggio talmente affabile che ha un livello di narrativa inesauribile, e che sicuramente farà avvicinare i novizi all’epopea videoludica di un anti-eroe (post)moderno.

Qui la nostra video intervista a Ruben Fleischer:

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