ROMA – Un viaggio alle origini, per ritrovare lo stesso caro, vecchio, personaggio che ha accompagnato non solo la filmografia, ma anche la vita di Riccardo Milani: l’Abruzzo. È forse questo l’invito più intimo che il regista ci regala con Un mondo a parte, quindicesima pellicola diretta dal regista e ambientata in mezzo agli Appennini aspri e seducenti, in uno dei borghi in via di spopolamento. Una commedia nella commedia, in cui le tematiche si interfacciano, si danno il cambio di testimone e dove ciò che resta intatta è la comunità abruzzese. Con i difetti, i sentimenti di invidia e immobilismo che si porta dietro. Tutte sottostanti però alla voglia di trovare un punto in comune. Un’opera che tocca corde personali e universali (da sempre grande abilità di Milani), con picchi che rimandano a cose anche molto diverse, da Io speriamo che me la cavo a Benvenuti al Sud (per l’aspetto legato al linguaggio del posto).
Qui troviamo Antonio Albanese nel ruolo di Michele Cortese, un maestro che dopo decenni anni di insegnamento nella periferia romana si fa trasferire in mezzo ai monti nel Borgo di Rupe (in realtà il piccolo paesino di Opi, vicino a Pescasseroli nel Parco Nazionale d’Abruzzo), in una scuola pluriclasse, formata da studenti dalla prima alla quinta elementare. Quell’unica classe però rischia di scomparire per mancanza di iscrizioni. Sotto questa lente Un mondo a parte è quindi ciò che riecheggia quotidianamente nelle orecchie di Michele non appena arriva a destinazione nella sua nuova scuola, e lo sente dire dalla vicepreside Agnese interpretata da Virginia Raffaele che (non per la prima volta, abilmente) usa il dialetto della zona. Il nuovo maestro è una specie di alieno che arriva in un villaggio senza conoscerne la lingua, gli usi e i costumi, ma ciò che preme sottolineare al regista è anche il tema della progressiva scomparsa di piccoli villaggi rurali e montani, una delle ricchezze del nostro paese.
«Se ho fatto questo film», spiega il regista a Hot Corn, «è anche per essere propositivi verso lo spopolamento. Io credo che da questa comunità qualche segnale di inversione di tendenza c’è. Il recupero del territorio, per esempio. L’idea che per forza bisogna andar via è contrastata». Una sorta di corsa contro il tempo per evitare la chiusura della scuola e fare così la fine di un altro borgo, morto giorno dopo giorno. Si mettono così in atto strategie di ogni genere per evitare la chiusura e aumentare il numero degli iscritti: come farsi assegnare qualche profugo ucraino oppure spostare una famiglia di nordafricani. E non solo. Una lotta contro il tempo per non darla vinta a chi spera che chiudendo la scuola di Rupe, possano arrivare nuove famiglie in altre zone limitrofe e dunque incrementare gli affari dei centri commerciali appena aperti.
Una commedia divertente, coinvolgente e con tecnicismi registici da non sottovalutare per i primi cinquanta minuti, che rischia di incagliarsi in un paio di scene forzate (il salvataggio) ma che riesce senza sforzo a tenere alto il ritmo. Nota di plauso per Agnese di Ivan Graziani, una canzone che arriva nel momento giusto ed è sistemata al posto giusto. Un mondo a parte dice molto, affrontando tematiche quanto mai attuali, con quel tocco di commedia popolare che rende probabilmente Milani il migliore all’interno dell’industria italiana, capace di incidere con leggerezza, ossimoro mai così adatto. Ma è un film che riflette anche sull’idea di progresso (quale?), e che narra anche il pensiero della gente del posto – e forse di tutte le comunità montane – che ai turisti occasionali rimproverano una cosa: di ricordarsi di posti così soltanto nei fine settimana e non dal lunedì al giovedì…
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