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Un Mercoledì da Leoni | Il surf come stile di vita e quel film (ancora) necessario

Il 26 maggio 1978 la prima proiezione di un cult. Rivisto oggi? È invecchiato magnificamente…

Tris d'assi: Gary Busey, Jan-Michael Vincent e William Katt in Un mercoledì da leoni.

MILANO – Davanti a Un mercoledì da leoni si commuovono gli uomini. Non esiste niente di più epico e fragilmente maschile della pellicola di John Milius, arrivata a quarantasei anni di età, eterna e inossidabile celebrazione di una passione, un sentimento. L’amicizia, le strade che si dividono, la vita che separa e quasi mai unisce. E poi, lo spirito New Hollywood e il surf, che giunge ad assumere un significato esistenziale: la sfida di ciascuno di noi al ritmo ondivago dell’esistenza, nel tentativo di rimanere in equilibrio perenne e sfangarla, oppure cadere, affondare e mai affogare, e poi ritrovare le forze per tornare a galla, salire sulla tavola e tornare a ballare, di nuovo, sul mare.

“Un amico serve quando hai torto. Quando hai ragione non ti serve a niente”. Sul set, estate 1978.

Opera mitica, Un mercoledì da leoni ha il merito di captare e cogliere, come di rado è riuscito all’arte cinematografica, quel segreto che lega i rapporti maschili: la condivisione di una stessa fede, che nello stesso tempo è uno sport, un gioco, un obbiettivo, un’ossessione, una filosofia. Qualcosa che non si dimentica facilmente. Spesso, può essere anche (e solo) una magnifica illusione. Perché Matt (Jan-Michael Vincent), Jack (William Katt) e Leroy (Gary Busey) sono amici, ma prima di tutto sono compagni di giochi: ognuno con le sue diverse complessità caratteriali che – nel corso degli anni – non potranno che attutirsi e allontanare sempre di più i rapporti sorti in gioventù.

Il surf come stile di vita…

E se il doloroso e struggente finale fa intuire che difficilmente i tre ragazzi incroceranno nuovamente le rispettive strade, è certo che quelle mareggiate che hanno cavalcato insieme rimarranno per sempre nel loro cuore, e che non servirà nient’altro per attribuire a quei legami il valore prezioso dell’amicizia. Senza dubbio, il capolavoro di John Milius, Un mercoledì da leoni è un esempio più unico che raro di cinema che si basa quasi esclusivamente sul mistero dell’epica, a discapito di una narrazione semplice, frammentata in quattro diversi momenti storici, coincidenti con le mareggiate che hanno colpito la California nel 1962, 1965, 1968, 1974.

I magnifici tre: Gary Busey, Jean-Michel Vincent e William Katt.

Sullo sfondo, di Un mercoledì da leoni (in streaming su NOWtv, Prime Video, AppleTV+), un’America che cambia, che attraversa le guerre, le controculture, i costumi, tra il Vietnam e gli hippies. Rivisto oggi il film rimane ancora un documento magico, impareggiabile, una riflessione sulla dolorosa accettazione dello scorrere del tempo e sull’impossibilità di fermarlo, sulla meravigliosa bellezza della giovinezza e sulla sua impietosa transitorietà con le estati che passano e portano via tutto: «Le estati passavano rapidamente, e spesso non lasciavano traccia. Forse ricordo meglio gli autunni e le altre stagioni». Ma non solo, perché rivedendolo ci troverete anche una profonda riflessione sull’importanza dell’eredità.

Nessuna estate sarebbe stata come quell’estate…

Basti pensare all’epocale ma crepuscolare personaggio di Bear (un grande Sam Melville), punto di riferimento per i tre protagonisti, ma anche un uomo che alla lunga distanza soccombe al moto perpetuo degli eventi, il cui senso dell’esistenza è stato quello di tramandare surf. E poi, quel finale, quegli addii, la consapevolezza che indietro non si può tornare, ma che arriverà qualcun altro a sfidare le onde, mosso da «Un vento caldo chiamato Santana che porta con sé il profumo di terre tropicali», e a sua volta sarà ricordato come leggenda. Fondamentale.

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  • VIDEO | Qui il trailer originale di Un mercoledì da leoni

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