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Tra Lou Reed e New York: Typex racconta il suo Andy Warhol a fumetti

Un meraviglioso tomo edito dalla BAO ripercorre le opere e la vita di un genio del Novecento

ROMA – Si sa, il successo può arrivare all’improvviso, inaspettatamente, per quei strani casi della vita. E può durare anni, mesi, settimane. O, come diceva il “suo” Andy, pure per soli 15 minuti. Allora, per Typex, la svolta arriva – come ci ha raccontato  – in un momento fatidico: «Faccio fumetti da una vita, ma per molto tempo non ho avuto molto successo, in Olanda. Poi, il Rijksmuseum di Amsterdam, mi ha chiesto di realizzare un fumetto su Rembrandt, un lavoro durato tre anni. Alla fine, mi sono domandato: chi sceglierei, come pittore, per i miei fumetti? Ed ecco che è arrivato Andy Warhol». Allora, il suo Andy, un meraviglioso tomo di oltre 500 pagine edito dalla BAO, è la guida definitiva – a fumetti – per chi, come lui, come noi, ama uno dei massimi giganti del Novecento.

Uno stile, anzi, diversi stili, incredibili per quello che è già diventato un best seller tra le graphic novel. Perché, l’opera di Typex, non è solo la storia di Andy Warhol, ma tratteggia, a mo’ di anni, tutti i suoi periodi artistici. Ognuno, splendidamente, disegnato in modo diverso dall’altro. Si va di dieci anni in dieci anni, esplorando i suoi capolavori, i fatti veri e diverse inflessioni di pura, frizzante fantasia. E, cinematograficamente, ogni capitolo, è introdotto dal cast che lo va a comporre. Come nel Capitolo Due, dove compaiono Truman Capote e Marilyn Monroe, nel decennio tra il 1951 e il 1961. Bellissima, la psichedelica parte #5, con Lou Reed e Jefferson Airplane. Superlativo, l’ultimo capitolo, aperto da una splendida cover rivisitata del New Yorker, con Andy Warhol intento a fotografare (con un iPhone!) un’autunnale Central Park.

Factory Girl.

«Essendo stato miticizzato relativamente tardi, è stato difficile tornare nei luoghi originali di Manhattan, essendo New York un luogo in continua evoluzione. Però, per preparare Andy, ho viaggiato molto, andando anche a Pittsburgh, nella casa dove ha vissuto quando ancora non era famoso», dice Typex, che, accantonato il sogno di diventare una rockstar – nonostante abbia mantenuto un look decisamente rock – si è dedicato al fumetto, prima su diverse riviste underground olandesi, poi con il successo di Rembrandt. «Il mio periodo preferito della sua vita? Difficile dirlo, ma l’epoca della pop art è stata magica. O, perché no, anche la sua infanzia, un periodo complicato. Del resto, ho cercato di raccontare diversi aspetti di Andy. Comunque, dopo Andy, non voglio ripetermi, non farò un’altra bio, bensì qualcosa di diverso».

Un dettaglio del fumetto di Typex.

Quasi alla fine della graphic novel, c’è un’emblematica domanda che Andy fa a Lou Red: “Ma io sono Punk o Disco?”. E, allora, abbiamo girato lo stesso quesito a Typex: «Oh, questa è una domanda molto importante che c’è nel fumetto. Punk o Disco? Lui è un pochino tutti e due, ha aspetti di entrambi le correnti. Ma senza scordare il glam!». Perché, alla fine, come spiegato dall’opera dell’autore olandese, quell’artistia che, per eccellenza, ha creato le etichette, rivisitandole in chiave artistica e controculturale, ha sempre rifiutato e negato l’omologazione, ossessionato dal dover essere qualcos’altro. Tipo un genio.

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