in

Trainspotting #25 | Il realismo onirico di Danny Boyle e l’onestà di Irvine Welsh

Il 23 febbraio 1996: Mark Renton, Sick Boy, Spud e Begbie entravano a gamba tesa nella pop culture

trainspotting

ROMA – Nel febbraio del 1996 la metro di Londra fu invasa dal poster di Trainspotting, realizzato da Stylorouge, fino a quel momento noti principalmente per le cover degli album (loro, ad esempio quella di Parklife dei Blur). Nella fascia arancio in cui compariva il titolo c’era anche un riquadro posizionato in basso a destra che recitava: “Dai creatori di Shallow Grave”. Serviva a ricordare al pubblico che dietro quel film con attori pressoché sconosciuti c’era lo stesso team creativo di una commedia noir, uscita in Italia con il titolo Piccoli omicidi tra amici, che aveva ottenuto un discreto successo oltremanica. Diretto da Danny Boyle e scritto dal fidato collaboratore John Hodge, il film – lo trovate su CHILI – era una trasposizione dell’omonimo romanzo che Irvine Welsh aveva pubblicato tre anni prima.

Trainspotting
Mark, Spud e Sick Boy in una scena di Trainspotting

Oggi Piccoli omicidi tra amici è ricordato come l’esordio della coppia Boyle/McGregor mentre Trainspotting è diventato uno dei film più celebri e citati della storia del cinema (con un sequel del 2017, T2 Trainspotting, che trovate su CHILI). Uscito nelle sale inglesi il 23 febbraio 1996 (in Italia sarebbe arrivato il 4 ottobre dopo un passaggio Fuori Concorso a Cannes), quel film è rimasto una fotografia nitida e sfacciatamente onesta di una generazione persa nell’euforia momentanea di una dose. «Provate a immaginare l’orgasmo più bello della vostra vita, moltiplicatelo per mille, e capirete cosa significa farsi di eroina» affermava il Mark Renton di Ewan McGregor in uno dei suoi monologhi.

Una scena del film

Ecco, Trainspotting è, ancora oggi, a distanza di venticinque anni dalla sua uscita, il film più onesto mai realizzato sull’eroina e le dipendenze grazie alle storie di Mark, Sick Boy (Jonny Lee Miller), Spud (Ewen Bremner) e Tommy (Kevin McKidd) a cui aggiungere l’irascibile Begbie (Robert Carlyle). Per questo, quando il film uscì in sala, Danny Boyle fu accusato di incitare all’uso di eroina tra i giovani. «Il problema è che le persone che fanno i film sulla droga li fanno fottutamente depressivi. Noi volevamo fare un film che desse davvero il brivido della cultura della droga e riflettesse sul divertimento che dava. Questo è ciò che fu davvero scioccante del libro, perché osava dire che è fottutamente meraviglioso» dichiarò Boyle nel 1996.

Una scena del film

Con un budget di 1.550.000 sterline (tradotto in un incasso globale di circa 72 milioni di dollari), Trainspotting divenne un fenomeno culturale istantaneo accompagnato da una serie di battute e sequenze (dal monologo iniziale – «Scegliete la vita; scegliete un lavoro; scegliete una carriera; scegliete la famiglia; scegliete un maxitelevisore del cazzo…» – alla scena girata nel «peggior bagno della Scozia») finite a far parte della pop culture. Eppure quel film raccontava di una sottocultura e di personaggi ai margini, giovani uomini e donne che avevano scelto di non scegliere – «Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos’altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l’eroina?» – in una società distinta tra tossici e chi, con un comportamento socialmente accettabile, teneva il Valium nell’armadietto delle medicine delle loro case borghesi.

trainspotting
Mark Renton nel peggio bagno della Scozia

Tra citazioni a Kubrick e al suo Arancia Meccanica, una regia innovativa, in cui l’iper realismo si fondeva con l’onirico, e una serie di personaggi con cui raccontare la depressione della provincia contrapposta alla frenesia di una Londra turistica (due facce della stessa medaglia fatta di vuoto), Trainspotting è anche una riflessione su come il vero problema non sia la droga, mostrata come una conseguenza e non una causa, ma l’incapacità di accettare le responsabilità che la vita (ci) richiede. E poi c’è la musica. Senza Lust for Life di Iggy Pop o Deep Blue Day di Brian Eno; senza Perfect day di Lou Reed o Born Slippy .NUXX degli Underworld; senza Blur, Pulp o New Order, Trainspotting non avrebbe avuto quella stessa forza dirompente nel fotografare un mondo in cui tutto stava cambiando, dall’arrivo della rave culture alle droghe sintetiche fino alla musica. Irvine Welsh lo aveva capito, Danny Boyle ce lo ha mostrato.

  • Volete (ri)vedere Trainspotting? Lo trovate su CHILI
  • Volete leggere altre Revisioni? Le trovate qui 

Qui potete vedere la scena iniziale di Trainspotting:

Lascia un Commento

Io & il Cinema | Willie Peyote: «L’Odio, Elio Petri e quel cult chiamato Santa Maradona»

ottilie von faber-castell

Ottilie von Faber-Castell e il coraggio di una donna, tra famiglia e business