Timothée Chalamet sembra molto più giovane dei suoi ventidue anni. Con Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino – quattro nomination all’Oscar ricevute, ora su CHILI – è arrivata la grande occasione e lui ne avverte il peso. Si vede chiaramente durante il nostro incontro: ha lo sguardo carico d’ansia e si aggiusta nervosamente la chioma ribelle, anche se cerca di tenere a bada l’apprensione poggiando i gomiti sul tavolo. Dopo il film di Guadagnino, il 1° marzo sarà in sala con Lady Bird con Saoirse Ronan e Hostiles a fianco di Christian Bale. Praticamente Chalamet, dopo il passaggio alla Berlinale prima, e ai festival di Zurigo e Londra poi, è passato in pochi mesi da promessa ad astro nascente, con la prima nomination all’Oscar e il nuovo film di Woody Allen. E stenta ancora a crederci.

GLI ESORDI «Ho iniziato dalla scuola d’arte drammatica, a New York. La lezione più importante che ho imparato è stata quella di improvvisare, lasciarmi trasportare dalle emozioni e dal momento. La prima volta su un set? Un’esperienza a dir poco surreale: sono arrivato negli studi accompagnato da mio padre (Marc Chalamet, nda), che mi ha consigliato di non dare nulla per scontato e rimboccarmi sempre le maniche. A prescindere da quanto fosse grande il progetto. O meglio dire piccolo, visto che ho cominciato con gli spot…».
IL FILM «Come avrei potuto dire di no a Chiamami col tuo nome? È un autentico miracolo che un attore alle prime armi come me trovi un progetto del genere, tanto ricco di sfide».

LA MUSICA «Nel film mi si vede spesso suonare e sono proprio io a farlo, nessuna controfigura. Per quattro anni ho studiato pianoforte e mi sono bastate alcune prove sul set per riprendere dimestichezza con lo strumento. Alla fine grazie a un’ora e mezzo di esercizio al giorno è tornato ad essere un movimento naturale…».
LUCA GUADAGNINO «Posso solo dire che è stato una figura fondamentale sul set: uno dei miei obiettivi recenti era proprio l’urgenza di mettermi alla prova con grandi autori. Ma prima di girare già lo conoscevo, perché ho amato alla follia il suo A Bigger Splash. Mi ha fatto sentire vivo».

ARMIE HAMMER «Ci siamo conosciuti circa un mese prima dell’inizio delle riprese e abbiamo creato gradualmente quell’intimità che si vede crescere nel film, con piccoli gesti, come bere il caffè – espresso italiano – al mattino insieme oppure commentare un documentario su Mike Tyson. È stato un processo naturale».
COMING OUT «Rimane ancora un tabù, è vero. Dal mio punto di vista posso dire che non sono un saggio ma, in qualunque campo, ho capito che è meglio parlare che morire in silenzio…».
Guarda il film di Luca Guadagnino su CHILI: Chiamami col tuo nome
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