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The Wolf of Wall Street | Leonardo DiCaprio, Scorsese e uno tsunami di follia

La storia vera del “lupo” Jordan Belfort in uno dei film più acclamati del regista newyorkese

The Wolf of Wall Street
The Wolf of Wall Street

ROMA – «Il protagonista di questa storia mi sembrava un Caligola moderno», racconta Leonardo DiCaprio, che come produttore ha lottato diversi anni per realizzare The Wolf of Wall Street. L’attore, protagonista del film di Martin Scorsese, quando il film uscì, nel 2013, raccontò lui stesso la storia vera di Jordan Belfort, paragonandolo all’imperatore romano più depravato e folle di tutti i tempi, colpito nel vedere la lussuria e la passione per l’illegalità trasferirsi dalla Roma antica a una società di broker di New York, piena di venditori del Queens. Proprio l’ambientazione tra i fuorilegge della finanza di New York che si godono la vita senza preoccuparsi delle conseguenze, lo ha attirato verso il progetto. «Alla fine degli anni ottanta e all’inizio dei novanta, Wall Street non aveva regole, sembrava il selvaggio West», sottolinea DiCaprio. «E Jordan Belfort era uno di quei lupi che approfitta della mancanza di controlli per guadagnare una fortuna immensa. A mio avviso, la storia incarna perfettamente quel periodo in cui le istituzioni finanziarie erano molto disattente».

Jonah Hill e Leo DiCaprio sul set di The Wolf of Wall Street
Jonah Hill e Leo DiCaprio sul set di The Wolf of Wall Street

DiCaprio era anche attirato dal totale candore di Belfort sugli eccessi a cui era arrivato, con i soldi che scorrevano a fiumi e tutto quello che sembrava fuori dal comune diventava normale. «La cosa affascinante di Jordan è l’assoluta onestà sul suo comportamento sregolato. Lui non ha omesso nulla e non ha cercato di difendersi. Non voleva scusarsi della sua passione per la ricchezza e per le dipendenze folli, quindi questo dava vita a un personaggio affascinante. E alla fine, aver dovuto pagare un prezzo per tutto questo la rende una storia meravigliosa». Prima che Belfort venisse accusato di frode e riciclaggio di denaro, conduceva la sua vita in maniera barocca e orgiastica, come non è possibile neanche immaginare: volava sul suo elicottero personale, guidava sei auto di lusso, veleggiava con il suo yacht di 50 metri, un tempo appartenuto a Coco Chanel, collezionava conti da 700.000 dollari per alberghi e prostitute e assumeva una ventina di sedativi Quaalude al giorno assieme a cocaina e morfina.

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Sul set di una scena iconica

Poi, Belfort è andato fuori strada. Con tanto tempo a disposizione per riflettere, ha raccontato il suo viaggio in un libro senza censure, rivelando passo dopo passo come ha iniziato a fare il broker in un garage, investendo somme di poco conto, per poi sviluppare un’azienda specializzata in “pump and dump” (che vede dei broker dalla parlantina facile far salire le azioni a prezzi eccessivi, per farli crollare in seguito, mandando in rovina i loro investitori), e quindi distruggendosi la vita per colpa dei suoi desideri smisurati. Scritto con una spiccata sensibilità newyorkese, ha visto i critici apprezzare il ritmo frenetico del libro e il suo lato comico, vedendolo anche come un racconto perfetto della ricerca folle di denaro facile che ha colpito gli Stati Uniti. Anche se Belfort non è stato un mafioso vero e proprio, molti ritengono la sua storia simile a quella di un gangster della finanza. Mentre i suoi clienti hanno subito perdite disastrose, lui e i suoi amici sono emersi come banditi che non si facevano problemi a vantarsi del bottino raccolto, spingendo la rivista Forbes a definire Belfort «una sorta di Robin Hood, che ruba ai ricchi per dare a se stesso».

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Dietro le quinte

«E’ un gangster moderno», sostiene Joey McFarland della Red Granite Pictures, che ha affiancato Scorsese, DiCaprio, Riza Aziz ed Emma Kaskoff nella squadra di produttori. «Non è come i gangster violenti che abbiamo visto in altri film, ma uno che trova il modo di manipolare il sistema di Wall Street, soddisfare la sua avidità e approfittarsi delle persone. Quei bravi ragazzi era la storia di una gang di quartiere, ma lo è anche questa, solo che il quartiere è quello di Wall Street. E le persone che vengono sfruttate non sono dei negozianti locali, ma milioni di tipi normali, nella privacy delle loro case». Questo, sostiene McFarland, rendeva Martin Scorsese, i cui film coraggiosi e intensi hanno fatto la storia del cinema, il regista perfetto per questo materiale.

Il vero lupo: Jordan Belfort
Il vero lupo: Jordan Belfort

DiCaprio aveva le stesse impressioni. «Fin all’inizio, ero convinto che Marty fosse perfetto per questo materiale. Lui è in grado di fornire un senso di realtà, una vita vera e un tocco comico all’oscurità presente in questa storia, una caratteristica che pochi realizzatori possono vantare di avere. Mi ricordo che Marty mi ha descritto Quei bravi ragazzi come una dark comedy ed è per questo che l’ho contattato subito per il film». Tuttavia, ogni persona coinvolta in The Wolf of Wall Street è rimasta stupita vedendo il coraggio di Scorsese nel gettarsi in questo mondo di depravazione assoluta. E lo sceneggiatore Terence Winter riassume tutto così: «Quando ho visto il film per la prima volta, sono rimasto impressionato. Era esattamente quello che avevo scritto, ma non riuscivo a credere al livello di follia, intensità e umorismo raggiunti. Il grado di impegno di questi attori, Leo in particolare, era pazzesco. Marty ha il dono di prendere qualcosa di scritto in una pagina e renderlo un capolavoro di narrazione visiva. Ha creato uno tsunami di follia».

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