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Suranga Katugampala: «Io, Still Here, il cinema del reale e Miguel Gomes…»

Il buio, il cinema del reale, la gentrificazione, Milano: il regista racconta a Hot Corn il suo film

Suranga Katugampala e Still Here: In anteprima ad Alice Nella Città della Festa del Cinema di Roma
Suranga Katugampala e Still Here: In anteprima ad Alice Nella Città della Festa del Cinema di Roma

ROMA – In fuga dal passato e decisa a ricostruirsi una nuova identità, Nico, ex attrice di B-movie, si presenta a casa di Sunil a Milano e, dopo avergli affidato i due figli svanisce nel nulla. Impreparato ad affrontare la responsabilità di padre, l’uomo affoga la sua inadeguatezza nell’alcol e nei ricordi mentre i figli si rifugiano nell’illusione che la madre tornerà. Le giornate scivolano tra esplorazioni e sfide con i bambini del quartiere, un quartiere che sta per essere spazzato via dall’avanzare dei cantieri di una nuova città, come lamenta dal palco di un locale Roberto Dell’Era – bassista di Winstons e Afterhours nonché prezioso cantautore – nella clip che vi mostriamo in fondo all’articolo. Transitato ad Alice nella Città della Festa di Roma, ecco Still Here, solida e affascinante opera seconda di Suranga Katugampala, con cui abbiamo parlato della sua idea di cinema tra suggestioni del reale e l’importanza di un film come Tabu di Miguel Gomes.

Una scena di Still Here
Una scena di Still Here

L’ESTETICA – «Intanto mi sono scoperto a lavorare nella notte, nel senso che non è stata una mia volontà quella di realizzare così Still Here. Da un episodio che m’è successo durante il lavoro di ricerca che abbiamo fatto per questo film. Parlai con una persona nel quartiere di Corbetta, a Milano, e non c’erano le luci pubbliche del condominio. Questa persona aveva una torcia in mano. Quando gli ho fatto una domanda per chiedergli indicazioni mi ha risposto puntando una torcia per terra. Non so quale sia il suo volto, gli ho solo visto i piedi, sentito la voce, e da un certo punto di vista mi è sembrata una lezione di cinema. Ho scelto di girarlo di notte perché il buio mi permetteva di mescolare i due spazi. Il nero ci sembrava un territorio interessante oggi più che mai, in questo vedere/non vedere».

Un momento di Still Here
Un momento di Still Here

IL CINEMA DEL REALE – «Sei, sette anni fa feci il mio primo film che si chiama Per un figlio e già allora lavoravo sul cinema del realtà. È da lì che viene la mia cultura cinematografica. Allo stesso tempo ho però sentito il bisogno di sperimentare un po’ sulla realtà. Con Still Here siamo in un sottile territorio tra la realtà e la finzione, dove ci si muove usando, naturalmente, gli elementi del documentario come l’osservazione e il lavorare con non-professionisti. Spazi che in realtà sono personaggi veri e propri, però allo stesso tempo c’è una struttura di finzione. Dal nostro punto di vista c’è stato un grande lavoro di osservazione della realtà, di ciò che capitava davanti ai nostri occhi».

Un momento di Still Here
Una scena di Still Here

SOTTRARRE DIALOGHI – «Anche in questo, sono andato a togliere parole in Still Here. Una scelta che è in parte legata al mio background. Sono in Italia da vent’anni – ci sono arrivato quando ne avevo dieci – e per ciò che significa l’altro in Italia, c’è sempre l’idea di un racconto di stereotipi, per formule. La sottrazione è più che mai necessaria dal mio punto di vista: Sottrarre al dialogo significa, un po’, creare ambiguità che mi sembravano interessanti. Specie se si sceglie di non mettere nel dialogo il veicolo narrativo della storia. Mi sembra che possano essere altre cose a veicolare una narrazione…».

Suranga Katugampala e Still Here ad Alice Nella Città
Suranga Katugampala e Still Here ad Alice Nella Città (Foto di Rocco Giurato)

IL CAMBIAMENTO – «Il lavoro su Still Here è partito proprio osservando il quartiere di Corvetto a Milano ma anche questo quartiere che esiste in Sri Lanka dove c’è questa grande città in arrivo che è Port City. Ho osservato questo lavoro di gentrifricazione, questi spazi demoliti per la distopia di una città che arriva, nuova, con promesse di benessere; spazzati via, spinti sempre di più a margine. Ho lavorato con queste due linee, da una parte questa famiglia che si disgrega come il quartiere sullo sfondo, e dall’altra questi bambini che un po’ attendono – evocando – questo spazio che mi spiace dire esiste solo per adunata dei figli».

Una scena del film
Una scena di Still Here

UN FILM UNICO – «C’è sempre la consapevolezza che un film come Still Here possa essere concepito come difficile, nel senso che mette a dura prova il pubblico con il suo linguaggio. Ma allo stesso tempo credo sia necessario attraversare una dimensione così, perché se tutto venisse fatto nelle dimensione di concetti politici – cos’è l’altro? Chi sono gli spazi e l’altro? – e se noi lavoriamo solo di estetizzazione e formule, forse non ci sarà mai un vero lavoro di scavo. E parlo con la consapevolezza che un film come Still Here si faccia una volta nella vita, o comunque, è un percorso talmente complesso che so essere unico, e ne sono orgoglioso. I film indipendenti guardano al basso delle cose e inevitabilmente questo porta imperfezioni e irregolarità, ma la storia del cinema è fatta anche di film così».

Una scena del film
Una scena del film

CINEMA INDIE E TABU – «Sono molto affezionato ai film indipendenti italiani, ai film indipendenti americani, ma più che citare ti posso dire che in questi ultimi cinque anni, per Still Here c’è stato un grande lavoro di approfondimento tra tante correnti di cinema, dal noir al cinema americano, asiatico, sino al Terzo Cinema che oggi è quello in cui puoi trovare nuove versioni e più innovazioni. Mi piacerebbe dire anche Neorealismo ma in Italia appena dici quella parola sembra che vuoi dare una pacca agli italiani, come a dire: Ho preso qualcosa anche da te. C’è una compresenza di questi elementi in Still Here, ma se devo dirla tutta, recentemente ho visto Tabu di Miguel Gomes che dal mio punto di vista mi sembra perfetto. Unisce, infatti, due territori distanti tra loro, come Portogallo e Mozambico, e questo diventa spazio di cinema. Una cosa che trovo da sempre molto interessante, come se le origini che noi ci portiamo addosso non siano nostalgiche, ma da rivisitare e formulare nei nostri giochi di cinema…».

  • VIDEO | Qui Roberto Dell’Era in una clip del film:

 

 

 

 

 

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