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Quando il calcio diventa il riscatto di un Paese. Perché riscoprire Il Miracolo di Berna?

Diretto da Sönke Wortmann, il film racconta la cavalcata della Germania Ovest nel mondiale del 1954

Una scena de Il miracolo di Berna.

MILANO – Un film sul primo campionato mondiale vinto dalla Germania (Ovest) nel 1954, all’apparenza, potrebbe non suscitare particolare simpatia, soprattutto dalle nostre parti, in conflitto perenne con i tedeschi. La nazionale tedesca è una di quelle, qui da noi, calcisticamente poco simpatiche, possiamo ammetterlo senza troppi problemi. Il motivo? Da una parte, ricordiamo le vittorie memorabili degli azzurri nel 1970 a Città del Messico, nel 1982 al Bernabeu e nel 2006 a Dortmund; dall’altra, il trionfo tedesco nelle Notti Magiche del 1990 continua a essere una ferita sportiva mai riemarginata per noi che amammo profondamente l’Italia di Vicini.

Ungheria e Germania Ovest entrano in campo per la finale del Mondiale del 1954

Il miracolo di Berna però può, almeno in parte, mettere in discussione la posizione del tifoso e dello spettatore italiano nei confronti della Germania calcistica. Difficile, infatti, non provare empatia nei confronti di una nazione che dopo la Seconda Guerra Mondiale si è trovata in ginocchio, umiliata e abbruttita, costretta a ripartire da zero da un punto di vista economico e morale, dopo il mostruoso indottrinamento nazista e hitleriano. L’appassionante e pedagogica pellicola del 2003 di Sönke Wortmann pone l’accento sulle macerie di una famiglia di estrazione popolare che è sopravvissuta al conflitto bellico, i Lubanski, per i quali è stato necessario aprire un piccolo bar nella piccola città di Essen per rialzarsi e ritrovare una propria sicurezza sociale.

Il piccolo Matthias è interpretato da Louis Klamroth

Due fratelli, il padre è un reduce di guerra ancora sconvolto, la madre è una donna umile ma coraggiosa: per il piccolo protagonista Matthias il calcio è molto di più di una passione, perché nella sua crescita ha svolto addirittura una funzione educativa e genitoriale, incarnata dall’attaccante della squadra locale e della Nazionale Helmut Rahn, che negli anni di assenza paterna ha assunto per lui la figura maschile e adulta di riferimento. Matthias riuscirà a seguire da vicinissimo la sorprendente cavalcata della Germania Ovest del ’54 verso la vittoria, in un campionato del mondo che doveva essere dominato dalla favoritissima Ungheria di Ferenc Puskás, sconfitta invece in finale a Berna per 3 a 2. Il bomber Helmut Rahn siglò proprio le due reti decisive, quella del pari e quella del sorpasso.

Jules Rimet consegna la Coppa del Mondo a Helmut Rahn

I buoni sentimenti non mancano in un’opera che si rivolge specificatamente al pubblico più giovane. Ma l’attenzione con cui viene ricostruito l’universo calcistico degli anni Cinquanta, tra palloni di cuoio e divise d’epoca, può affascinare e commuovere anche i più calciofili, che dovranno però trascurare la mancanza nel film delle polemiche che furono successive alla finale, relative ai sospetti di doping praticato dai calciatori tedeschi. Ad ogni modo, la Fifa non ha mai svolto alcuna inchiesta a tal proposito. E così, ancora oggi, il “miracolo di Berna” è considerato il punto di ri-partenza di un intero movimento calcistico e di un intero Paese. Da vedere.

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  • VIDEO | Qui una clip de Il miracolo di Berna:

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