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Normale | Justine Lacroix, Benoît Poelvoorde e i dolori dell’adolescenza

Un’opera agrodolce, sincera e pura, premiata a Giffoni. Ma perché vederlo?

Justine Lacroix e Benoît Poelvoorde al centro del racconto di Normale di Olivier Babinet
Justine Lacroix e Benoît Poelvoorde al centro del racconto di Normale di Olivier Babinet

ROMA – La quindicenne Lucie ha un’immaginazione travolgente. Vive sola con suo padre William, che a prima vista potrebbe sembrare un uomo infantile ed emotivamente bloccato. In realtà lotta contro la sclerosi a placche. Tra il liceo, un piccolo lavoro e le faccende del quotidiano, Lucie gestisce come meglio può la situazione rifugiandosi nella scrittura di un romanzo autobiografico di fantasia che spazia tra sogno e realtà. All’annuncio della visita di un assistente sociale il loro equilibrio precario verrà sconvolto. Parte da qui Normale, il nuovo film di Olivier Babinet con protagonisti Justine Lacroix e Benoît Poelvoorde, al cinema dal 12 ottobre per No.Mad Entertainment, premiato come Miglior Film nella sezione Generator +16 al Giffoni Film Festival 2023.

Normale di Olivier Babinet, al cinema dal 12 ottobre per No.Mad Entertainment
Normale di Olivier Babinet, al cinema dal 12 ottobre per No.Mad Entertainment

Liberamente ispirato all’opera Monster in the Hall di David Greig di cui mantiene per certi versi intatta la dinamica relazionale genitoriale traslando Duck e Duke in Lucy e William, Babinet ha da sempre concepito la narrazione di Normale come posta in un tempo sospeso: «L’abbiamo costruito in modo da lasciare volontariamente aperta la domanda: In quale epoca si situa esattamente il film? Di quale adolescenza si tratta?». Da cui poi un certo riferimento autobiografico: «Da un lato volevo pescare nei miei ricordi. Lucie sono io per molti aspetti, con dubbi, complessi, fantasie, frustrazioni amorose, dall’altro, lavorando con adolescenti, mi piace comporre con ciò che sono nel presente narrativo. L’esitazione sulla temporalità ha finito con il dare un’identità al film: si svolge in una realtà che non è del tutto definita».

Justine Lacroix è Lucie in una scena di Normale
Justine Lacroix è Lucie in una scena di Normale

Il tutto avvolto in una narrazione da coming-of-age fantastico su intuizione dello scenografo Toma Baqueni che ha consigliato a Babinet le suggestioni Donnie Darko e It Follows: «Questi film immergono una gioventù contemporanea in un immaginario suburbano che va indietro nel tempo. Il contrasto prodotto porta la pellicola verso il terrendo della favola pur mantenendo una grande credibilità». Un contrasto, applicato in Normale, sulla base di una semplice (ma ambiziosa) frase: «Una goccia di Miyazaki nei fratelli Dardenne». La magia e il sogno delle fiabe che abbraccia la realtà sociale. Su quest’impronta vive il film nel raccontare una vita comune di un’adolescente comune circondata da prime volte e bulletti, che sogna però un mondo fantastico che ne stravolga l’esistenza.

Una scena del film
Una scena del film

Una vita, quella di Lucie (una sorprendente Lacroix), incatenata in un rapporto di co-dipendenza con il padre William (un grande Poelvoorde a cui Babinet consegna un personaggio già iconico) tanto pasticcione e spassoso quanto problematico e infine tragico nel vivere da malato terminale a ritmo di RPG, pizza e horror splatter. E Babinet lo racconta nei respiri e nei silenzi di una regia intima di sogni e di incubi a occhi aperti che si mescolano sempre più a un mondo reale troppo normale per poter essere fantastico. Una complessità narrativa e tematica forte, radicata, densa, che tuttavia va ad attenuarsi lungo il dispiego dell’intreccio tra soluzioni che sanno di già visto e turning point sterili. Ma poco importa.

Benoît Poelvoorde è William in un momento del film
Benoît Poelvoorde è William in un momento del film

Pur con tutti i limiti del caso, ma Normale è una dei quelle pellicole che ci ricorda del perché siamo vivi. Perché siamo qui, su questa terra. E di quanto, al giorno d’oggi, anche in quello che può sembrare il più triste e cupo dei percorsi esistenziali, vivere seguendo i propri sogni possa essere l’unico anestetico possibile alla normalità della vita.

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