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Mufasa: Il Re Leone | Barry Jenkins, il Cerchio della Vita e come tutto ebbe inizio

Prima del Classico Disney, del mito e di Simba, c’era solo lui: Mufasa. Ma com’è il prequel?

Lo sguardo di Mufasa ci accompagna nel racconto di Mufasa: Il Re Leone di Barry Jenkins, dal 19 dicembre al cinema
Lo sguardo di Mufasa ci accompagna nel racconto di Mufasa: Il Re Leone di Barry Jenkins, dal 19 dicembre al cinema

ROMA – Ma come ebbe inizio il Cerchio della Vita dell’intramontabile Classico Disney Il Re Leone? La risposta l’ha immaginata trent’anni dopo Barry Jenkins attraverso la voce di Rafiki e la leggenda di Mufasa che va a manifestarsi dinanzi ai nostri occhi (con buona pace di Timon e Pumbaa che le provano tutte per distrarci). Raccontata tramite flashback, Mufasa: Il Re Leone ci presenta il futuro re come un cucciolo orfano, perso e solo, fino a quando incontra un leone di nome Taka, erede della stirpe reale di Obasi ed Eshe. L’incontro darà il via al viaggio di uno straordinario gruppo di sventurati alla ricerca del proprio destino, un percorso in cui i loro legami saranno messi alla prova mentre sfuggono ad un nemico minaccioso.

L'inizio del viaggio di Mufasa e Scar
L’inizio del viaggio di Mufasa e Taka

Nella versione originale di Mufasa a prestare le voci ci sono – tra gli altri – Aaron Pierre, Kelvin Harrison Jr., Mads Mikkelsen, Thandie Newton, Keith David, Seth Rogen, Billy Eichner, Donald Glover e Beyoncé. In quella italiana ecco Luca Marinelli, Elodie, Alberto Malanchino, Stefano Fresi ed Edoardo Leo, Edoardo Stoppacciaro, Pasquale Anselmo, Elisa e Marco Mengoni. Lo trovate al cinema dal 19 dicembre ed è forse il miglior modo di finire l’anno. A partire dal fatto – e qui i cinefili di ferro di sicuro apprezzeranno – che il film è stato dedicato alla memoria del compianto James Earl Jones ovvero colui che in origine avrebbe dovuto riprendere il ruolo di Mufasa da lui interpretato tra il (magnifico) classico del 1994 e il film del 2019.

Mufasa: Il Re Leone di Barry Jenkins, dal 19 dicembre al cinema
Una scena di Mufasa: Il Re Leone di Barry Jenkins.

Eppure, agli albori della pre-produzione, ne avrebbe fatto volentieri a meno Jenkins, che proprio non riusciva a capire perché fosse stato preso in considerazione per la regia: «Non avevo capito bene il motivo del perché la Disney fosse interessata al regista di Moonlight per Mufasa: Il Re Leone. Senza nemmeno leggere lo script dissi categoricamente di no. La differenza l’ha fatta mia moglie che dopo un paio di giorni mi ha convinto che avrei dovuto almeno leggerlo. Dopo che l’ho iniziato mi sono bastate le prime pagine dello script per capire che sarebbe stato un film speciale». E adesso che lo abbiamo visto, possiamo dire che speciale lo è davvero e non solo perché è il nuovo capitolo di una delle storie più belle degli ultimi trent’anni di Hollywood.

Un momento di Mufasa: Il Re Leone
Un momento di Mufasa: Il Re Leone

Un’opera magica, Il Re Leone, che sia animata tramite disegni a mano o portata in vita in un live action fotorealistico (qui ancora più definito nda), che unisce l’Amleto di William Shakespeare a un coming-of-age straordinario sul senso della vita e sulle misteriose leggi del destino che è mezzo potentissimo di empatia comunitaria e formidabile espressione del cinema come rito collettivo. Perché tutti – nessuno escluso (o quasi) – abbiamo provato dolore per la morte di Mufasa per mano di Scar, qualcuno ne uscì totalmente traumatizzato. E quindi cosa non è puro cinema se non la condivisione di un momento simile raccontato per immagini senza tempo (e fuori dal tempo) e di un dolore uguale che si manifesta sempre, di visione in visione, a trent’anni di distanza?

Il giovane Mufasa tra i suoi genitori
Il giovane Mufasa tra i suoi genitori

Mufasa: Il Re Leone parte proprio da qui, dal tragico futuro narrativo che per noi è già passato esperienziale – di vita – ma non aspettatevi una storia altrettanto dolorosa. Anche quella di Jenkins è una fiaba sulla forza dei legami e sulla ricerca del proprio posto nel mondo tra viaggi verso terre di speranza – e in questo la narrazione sembra ricalcare la struttura dei western sul Mito della Frontiera configurando nel Milele un disneyano Ovest americano -, tradimenti fraterni e riflessioni sulla fiducia, gli uomini e l’empatia. C’è una differenza, però, questa è la storia di un orfano senza terra e senza radici che (ri)trova sé stesso sino a diventare Re, tutto il resto verrà dopo.

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