in

Ludovica Martino: «Io, tra La Svolta, SKAM e la voglia di raccontare storie»

I “No”ai ruoli che non la rappresentano, la sua Eva, Carl Brave: l’attrice si racconta a Hot Corn

Ludovica Martino
Ludovica Martino

ROMA – Se dovessimo immaginare il volto del nuovo cinema e della serialità italiana sicuramente avrebbe i lineamenti di Ludovica Martino. Classe ’97, l’attrice si è imposta in una manciata di anni in un panorama che (finalmente) sta dando molto spazio ad una nuova generazione di giovani interpreti talentuosi. La contattiamo telefonicamente mentre è a Torino per presentare La Svolta, esordio al lungometraggio di Riccardo Antonaroli presentato Fuori Concorso al TFF39. L’occasione per parlare del film – «Questo lavoro io lo faccio non per manie di protagonismo ma per raccontare storie. E questa meritava di essere raccontata» -, del successo inatteso che si è rivelato essere SKAM Italia«È stata una chiave magica. Non avrei mai pensato che mi avrebbe portato ad un Nastro d’Argento» – e di quando è finita in un brano di Carl Brave…

Perché hai scelto di prendere parte a questo film?

Il mio è l’unico ruolo femminile del film. In realtà, la cosa che mi ha colpito era la sceneggiatura. Quando mi arriva una sceneggiatura scritta bene cedo. È il mio punto debole. Questa storia mi ha così emozionata… Sono arrivata all’ultima pagina come se ci fossi totalmente dentro. Mi avevano già detto che Andrea Lattanzi e Brando Pacitto sarebbero stati i protagonisti, conoscendo entrambi bene, ho letto la sceneggiatura con le loro voci. Ho pensato di voler raccontare questa storia, di volerci essere a prescindere dalla grandezza del ruolo. Questo lavoro io lo faccio non per manie di protagonismo ma per raccontare storie. E questa meritava di essere raccontata. E, soprattutto, volevo raccontarla io.

Ludovica Martino
Brando Pacitto e Ludovica Martino in una scena de La Svolta

Hai già preso parte ad altre opere prime, penso a Il Campione. Vuoi contribuire a dare spazio a nuove voci?

Il Campione è stato tutto un altro percorso rispetto a La Svolta. È stato il mio primo film, la mia prima opportunità di affacciarmi al cinema. Ho fatto il provino con tanto desiderio di essere presa per quella parte. Era anche un personaggio un po’ più grande, strutturato, doveva essere fatto in dialetto romano. Era quindi anche una bella opportunità per me che fino a quel momento avevo fatto tutti ruoli puliti in dizione. La mia occasione per trasformarmi fisicamente e sporcarmi un po’. La Svolta è stata proprio una scelta. Potevo dire di no, mentre Il campione era il mio primo film. Ancora oggi è quello che mi emoziona di più e secondo me resterà così per sempre. Non so se è perché quella storia mi tocca particolarmente o perché è stato il mio primo film, ma ci sono particolarmente legata. Mentre ho fortemente voluto essere presente ne La Scelta

Ludovica Martino in una scena de Il Campione

Ti sei ritrovata a dire molti “No” a ruoli che replicavano personaggi che avevi già interpretato?

Adesso si… Ormai sono tanti anni che faccio questo lavoro e sono dieci che studio recitazione. All’inizio facevo tutto, ho fatto la gavetta: per iniziare, per imparare, per fare esperienza sul set che è diversa dall’esperienza che si fa nelle scuole di recitazione. L’esperienza sul campo ti arricchisce tantissimo, avevo proprio fame di imparare, di migliorarmi, di apprendere. Ho sempre messo un filtro ai miei progetti. Sono contenta se guardo indietro al mio percorso perché ho fatto tutte cose belle. Un po’ sono stata fortunata, un po’ ho scelto. Però adesso che la mia carriera è un po’ più stabile inizio a scegliere di fare veramente solo quello che mi piace, solo i ruoli di donne più approfondite. Questo è il mio obiettivo per i prossimi anni: accettare solo ruoli o storie che per me vale la pena raccontare. Altrimenti preferisco stare ferma.

Ludovica Martino
Ludovica Martino e Riccardo Antonaroli in uno scatto condiviso dall’attrice via Instagram

Il personaggio di Ludovico ne La Svolta vive un senso di inadeguatezza perenne. Nel tuo lavoro ti capita di sentirti così?

È un mestiere che ti mette a dura prova, sempre sotto pressione. A partire dai provini in cui ti dicono tanti “No” e dal modo in cui fanno il casting che a volte è davvero brutale. Capitano i momenti di sconforto. E ognuno secondo me, venendo a patti con la propria coscienza, sa cosa ha fatto. Sai quanto hai fregato, quanto hai studiato, cosa c’è nella tua valigetta dell’attore, quanto sei in grado di analizzare una sceneggiatura e quando invece vai sul set senza neanche la memoria. Ci sono attori che fanno il lavoro come si dovrebbe fare e attori che un po’ si improvvisano. Anche io, nonostante sia una molto secchiona che studia molto i personaggi, la sindrome dell’impostore ce l’ho. Ogni tanto mi dico: “Ma saprò veramente andare in fondo a questo personaggio?”. Credo capiti in tutti lavori, questo semplicemente è un lavoro più esposto degli altri. Quindi oltre ad avere quella sindrome lì, hai anche l’ansia del giudizio di chi lo vede (ride, n.d.r.).

La Martino insieme a Chabeli Sastre-Gonzales sul set de La Svolta

Il tuo personaggio ne La Svolta parla di relazioni tossiche che sfociano in violenza. Senti una responsabilità nei confronti del pubblico più giovane?

Sono contenta se il personaggio e la storia di Rebecca possono influenzare e far riflettere. Soprattutto gli uomini. Questo film ha una sottotrama, affronta anche il tema della violenza in una coppia. Una violenza emotiva e psicologica oltre che fisica. Mi viene in mente Maid su Netflix che racconta proprio come la violenza assuma varie forme. Mi fa piacere se i miei personaggi portano a dei confronti dopo la visione. Più se ne parla, più si sdogana il fatto che le donne non possono vivere così. C’è ancora tanto da fare. Spero che le ragazze che mi seguono si ispirino anche a dei valori che porto avanti. In questo senso sì, sento un senso di responsabilità perché mi seguono già dai dodici anni. Però confido molto nelle nuova generazione, spero che sia migliore delle precedenti e che tutto questo confronto che c’è in questo secolo, in questo momento, dia i propri frutti. Spero che tutto quello che ci diciamo non vada perso.

Ludovica Martino
Una polariod dal set de la Svolta condivisa da Ludovica Martino su Instagram

Qual è stata la tua svolta professionale?

Sicuramente il ruolo di Eva di SKAM Italia. È stata molto graduale. All’inizio pensavo di girare qualcosa per YouTube, non avevo capito cosa stavo facendo (ride, n.d.r). Mi hanno detto che si trattava di una serie low budget, senza trucco, girata con la camera a mano. E invece mi sono ritrovata tra le mani una serie grossa, però partita come qualcosa di veramente molto piccolo. Credo ci sia scoppiata la bomba in mano durante il primo lockdown che nella tragedia più totale ha fatto sì che la gente stesse a casa e si attaccasse a generi di conforto che, oltre essere le torte, erano anche le serie TV. E in quel momento usciva proprio SKAM Italia 4. Buona parte degli italiani l’ha vista. Da zero persone che mi seguivano ho avuto un fandome enorme e improvviso. Sono state due le svolte, sia quando ho ottenuto quel ruolo, che pensavo avrebbe solo arricchito il mio bagaglio attoriale, sia quando la serie è arrivata su Netflix.

Un’immagine di SKAM Italia

Cosa credi ti abbia regalato SKAM Italia?

Sono sempre stata libera di sperimentare, però la prima stagione è stata davvero magica. È stato come fare un film tra quattro amici ed è una cosa che secondo me non ricapiterà mai più perché serve quell’incoscienza per farlo senza troppe aspettative. Quella è stata una chiave magica, non avrei mai pensato che mi avrebbe portato ad un Nastro d’Argento. Per me era una sperimentazione mia e basta. Non avevo aspettative…

Ludovica Martino
Ludovica Martino e Carl Brave a Torino in una foto condivisa su Instragram dall’attrice

Per La Svolta Carl Brave ha scritto un brano che riesce a fotografare il film. Tu segui la scena musicale romana?

Sì, mi piacciono molto questi artisti della scena romana. Ascolto molto Franchino, Carl Brave, Gazzelle, Frah Quintale, anche se lui non è romano. Quando eravamo al doppiaggio Francesco mi ha detto: “Abbiamo sentito Carl Brave per la colonna sonora. Gli facciamo vedere il film, speriamo accetti”. Tempo dopo mi ha mandato una nota su WhatsApp con la traccia della canzone, ed era bellissima. Non l’avevo capito subito ma c’è un verso, “Una rossa pescata a una festa”, riferito a me. Non me ne ero proprio accorta! La canzone ha molti riferimenti, Carl è stato proprio bravo perché è riuscito a raccontare il film in cui pochi minuti, ha colto tutto…

Qui sotto l’intervista a Riccardo Antonaroli, regista de La Svolta:

Lascia un Commento

coyotes

Coyotes | Le Giovani Marmotte e una manciata di diamanti, tra Outer Banks e tanti cliché

weshort

WeShort | Da Friday Night a Filip: 5 film per scoprire il meglio del cinema breve