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Lucky | John Carroll Lynch, Harry Dean Stanton e una riflessione agrodolce sulla vita

Poesia, vita vera, deserto, solitudini e… David Lynch. Ecco perché dovreste assolutamente riscoprirlo

Harry Dean Stanton in una scena di Lucky.

MILANO – Film semplice, non semplicistico. Un elogio della vecchiaia, della lentezza, delle piccole cose. Di una vita che – all’apparenza, solo all’apparenza – sembra soltanto una ripetizione di abitudini, ma che nasconde ogni giorno frammenti o dettagli di rutilante bellezza. Lucky è il titolo del film – che ora trovate in streaming su CHILI e TimVision – ma anche il nome del personaggio principale, un novantenne reduce della Seconda Guerra Mondiale che ama essere solo ma non vuole sentirsi solo, che si sveglia e si dedica agli esercizi di yoga, fa le parole crociate, esce per andare in un pub e continua a sorridere all’esistenza nonostante la parola fine sia già scritta. Per tutti. Lo interpreta un monumentale Harry Dean Stanton, la memorabile faccia di Paris, Texas di Wim Wenders e si tratta del suo commiato, perché è scomparso proprio poco dopo il termine delle riprese, il 15 settembre 2017.

Harry Dean Stanton in una scena del film.

Lo è anche di David Lynch, scomparso lo scorso 15 gennaio, e di cui Lucky segna il penultimo ruolo davanti la macchina da presa (l’ultimo, ovviamente è The Fabelmans). Il regista – un altro Lynch, John Carroll – ambienta il film in una cittadina sperduta nel deserto, un’America di provincia forse già vista negli universi di Joel ed Ethan Coen e di Jim Jarmusch, adottando la stessa ironia malinconica di quest’ultimo e sostituendo il cinismo dei primi con maggiore benevolenza e affetto nei confronti delle persone e della brutalità del destino, del tempo che scorre. Non solo. Si avvale anche della presenza di efficaci personaggi di contorno (Ron Livingston, Tom Skerritt, Barry Shabaka Henley) che vanno a comporre un mosaico umano indifeso e senza troppe pretese, capace di accontentarsi di una bevuta, un incoraggiamento, di incaponirsi orgogliosamente per infantili motivi.

L’apparizione: David Lynch e Henry Dean in una scena del film.

Con il mito della Frontiera, del West che rimane lì, sempre sullo sfondo. In fondo sarebbe sufficiente ammirare il look del protagonista, tra stivali e Stetson sempre calzati e la sigaretta che pende sulla bocca, per trasmettere allo spettatore che i sogni di Lucky non sono mai terminati. Ed è impossibile trattenere le lacrime quando parte la voce dolente, profonda di Johnny Cash sulle note di I See a Darkness, cover di Bonnie Prince Billy: «Well, I hope that someday, buddy, we have peace in our lives, together or apart, alone or our wives». Un momento di cinema in cui anche gli addii possono apparire più accettabili. Recuperatelo, non ve ne pentirete.

  • LONGFORM | Paris, Texas, quarant’anni dopo
  • VIDEO | Qui per il trailer di Lucky: 

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