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Ligabue: «Made in Italy? È la mia lettera d’amore per tutti quelli che non hanno voce…»

La provincia, l’amore, il futuro: a vent’anni da Radiofreccia, il 25 gennaio arriva il nuovo film

ROMA – La provincia emiliana, una radio libera, le vite di un gruppo di amici. Sono passati vent’anni da quando Radiofreccia uscì in sala, esordio nel cinema di Luciano Ligabue. Dentro, un pugno di grandi personaggi, su tutti l’Ivan Benassi detto Freccia di Stefano Accorsi con quel monologo sfumato sulle note di Rebel Rebel di David Bowie. Vent’anni e un weekend (a Rimini per Da Zero a Dieci) dopo, Ligabue e Accorsi si sono ritrovati per Made in Italy – in sala dal 25 gennaio distribuito da Medusa – pellicola ispirata al concept del cantante pubblicato nel 2016. Protagonisti Accorsi nel ruolo di Riko, operaio di mezz’età impiegato in un salumificio, e Kasia Smutniak in quello della moglie Sara, parrucchiera. Una storia d’amore in tempi di crisi intima e sociale, un abbraccio arrabbiato all’Italia, Paese bellissimo e frustrante, come ha raccontato il regista durante la conferenza stampa di presentazione del film a Roma, dove c’era anche Hot Corn.

Stefano Accorsi in una scena di Made In Italy. Foto Jarno Iotti.

IL FILM «Made in Italy nasce come progetto balordo. Perché? Ma perché è anacronistico fare un concept album negli anni Duemila e sono consapevole di come venga ascoltata la musica oggi. L’idea di fare un disco così è ai limiti della presunzione ma è quello che volevo fare a quel punto della mia carriera. Così ho chiamato Domenico Procacci e ho visto cadere davanti ai miei occhi la scusa che, in tutti questi anni, ho sempre avuto: non avere una buona storia».

IL SET «Girare un film è faticosissimo. Sono abituato a fare i conti con le emozioni che fluiscono sul palco, mentre dirigere un set è quasi come progettare le emozioni. Devi fare in modo che una serie di pezzettini producano qualcosa di cuore attraverso un processo mentale…».

Stefano Accorsi e Kasia Smutniak in Made In Italy in posa per la scena del matrimonio. Foto Chico De Luigi

LA GEOGRAFIA «Una cittadina emiliana, sì, perché ho un raggio d’azione artistico limitato geograficamente, tendo a raccontare solo quello che conosco bene. La storia parla di cambiamento, una cosa che spaventa e che siamo propensi a pensare non porti a nulla di buono. Poi, se ti ancori alle tue poche certezze, ti fidi anche meno. Ma il cambiamento è il motore della vita. A mutare il nostro modo di vedere le cose non sono gli eventi, ma come reagiamo. E qui Riko e Sara vivono un momento di crisi e l’inquietudine di lui gli fa vedere le cose strette ed è grazie alle parole del suo migliore amico che capisce di aver bisogno di cambiare sguardo…».

LO SGUARDO «Volevo vedere attraverso gli occhi di uno che ha meno privilegi di me e seguendo la vita normale di Riko ci sono riuscito. Più di tutto mi interessava raccontare di persone perbene che non vengono prese in considerazione. Diventa difficile per chi non urla avere voce in capitolo».

Risate a tavola: Ligabue in una pausa sul set del film. Foto Chico De Luigi.

L’ITALIA «L’Italia è in una fase di grande incertezza, ma non è importante come la vedo io quanto il sentimento che continuo a provare. Ho iniziato a raccontarlo con Buonanotte all’Italia. È un amore che non viene meno nonostante la frustrazione per i difetti che non trovano risoluzioni. Siamo abituati alla sua bellezza e, al tempo stesso, rassegnati. Una frizione mai risolta…».

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