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1974 1979 Le nostre ferite | Gli anni di piombo e quel pezzo di Italia da ascoltare

Ferite aperte, voci, facce, ricordi: Monica Repetto racconta il suo meraviglioso documentario

Un dettaglio del poster de 1974 1979. Le nostre ferite.

MILANO – E, improvvisamente, tra visioni più o meno utili, serie TV a ripetizione e film, arriva la folgorazione, ovvero una visione che da subito risulta necessaria, perché fa parte di una storia che ci contiene e che dobbiamo ascoltare. Di cosa stiamo parlando? Di 1974 1979. Le nostre ferite di Monica Repetto, documentario presentato a Torino che definire documentario è riduttivo, perché è un pezzo d’anima e di umanità, un viaggio potentissimo di un’ora dentro un’Italia dimenticata che però non ha dimenticato. Ferite ancora aperte ricostruite con una cura incredibile. Abbiamo chiesto alla regista di raccontarci il viaggio dentro il film, alla riscoperta delle vite di Nunni, Francesco, Luigi, Renzo e Vincenzo.

I PROTAGONISTI – «Come ho trovato i cinque protagonisti? Ho fatto un lungo lavoro di ricerca con una squadra di persone con cui ho lavorato su archivi non ufficiali: cronache di giornali, materiali audio, ricordi e passaparola. Non volevo raccontare persone già conosciute, volevo persone comuni che appartennero per un momento a quella massa di energia composta da tanti ragazzi e ragazze, tante donne che in quegli anni sono scesi in piazza e hanno fatto attività politica. Sono alcune delle molte facce degli anni Settanta».

Annunziata Miolli detta Nunni, una delle protagoniste.

LE STORIE – «Ci sono molte storie riguardo agli anni Settanta che hanno preso il sopravvento sugli scaffali delle librerie, ma in realtà ci sono altre vicende, più sottotraccia, di persone che hanno vissuto quei momenti e poi hanno continuato a vivere la loro vita. Io ho scelto quelle e una è quella di Nunni e della realtà di Radio Donna, su Radio Città Futura, uno spazio in cui casalinghe e attiviste raccontavano la vita delle donne in maniera libera, dall’aborto alla contraccezione, e che il 9 gennaio 1979 vennero segnate per sempre da un agguato fascista con mitra e molotov».

Monica Repetto in un momento sul set.

IO E QUEL TEMPO – «Sono nata nel 1965 quindi ero solo una bambina, ho ricordi molto vaghi, distanti di quel tempo. Quelli non sono i miei anni e quindi mi ci sono approcciata ben consapevole di questo. Cosa ricordo di quel tempo? Ricordo che se ne parlava a casa, ricordo il rapimento di Moro, ma non ho una memoria personale, sono solo sprazzi, parole, lampi. E poi ricordo la parola sciopero, ricordo la parola decreti delegati, ricordo gli abiti di mia madre e le sue borsette, ma sono aspetti di contorno, distanti. Per questo ho guardato e ascoltato in cerca di un modo di narrare storie che sentivo anche mie e che ci riguardano tutti».

Una delle foto di Tano D’Amico usate da Monica Repetto.

IERI, E OGGI? – «Attenzione però, le storie che ho raccontato ne 1974 1979 Le nostre ferite non sono solo passato e non vogliono essere solo passato, anzi: a me dicono qualcosa della nostra esistenza oggi, dicono anche che l’equazione che gli anni Settanta andarono a finire male per colpa dei compagni che sbagliavano è errata. Dobbiamo proprio alle lotte di quel periodo molti diritti dei lavoratori, la legge sul divorzio, la legge sull’interruzione di gravidanza e molto altro. Credo che questo vada sottolineato».

Renzo Poser, un altro dei cinque protagonisti.

LE REAZIONI – «Ognuno dei cinque protagonisti ha reagito a modo suo alla visione de Le nostre ferite: Nunni, che vive a Spoleto, mi ha detto che se fosse stata a Roma mi avrebbe invaso la casa di fiori, Vincenzo voleva invece sapere la mia opinione a riguardo. Io sono felice del lavoro fatto sulla memoria, che spesso viene cristallizzata in una retorica che in realtà toglie vita alla stessa memoria, raggela il ricordo in una formula ufficiale che deve rispettare una certa etichetta e che difficilmente ammette grigi e ambiguità. In questo caso è impossibile: gli anni Settanta furono proprio un periodo di grigi e ambiguità».

Un’altra immagine simbolica usata nel documentario.

LE ALTRE STORIE – «Avevo molte altre storie che non è stato possibile raccontare o includere ne 1974 1979 Le nostre ferite. Perché? Perché c’erano testimonianze che temevo avrebbero spostato troppo il focus del film e poi ci sono persone ancora attive lavorativamente che non avevano piacere a condividere una una cosa tanto intima. Bisogna ricordare che raccontare cose del genere davanti a una telecamera è sempre un atto di grande fiducia: ci vuole una grande generosità per mettersi in gioco in questo modo davanti a degli sconosciuti…».

  • DOC CORN | La nostra sezione dedicata ai documentari
  • Qui il trailer del documentario:

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