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Da Greta Garbo a Monica Vitti: 5 grandi donne del cinema da riscoprire

Le storie di 30 star del grande schermo ripercorse in Le grandi donne del cinema di Marta Perego

Katherine Hepburn vista da Marta Signori

MILANO – Audrey Hepburn, Ingrid Bergman, Vivien Leigh, Anna Magnani… E ancora Kate Winslet, Emma Watson, Jennifer Lawrence, Valeria Golino. Che cos’hanno in comune queste donne così diverse tra loro? Talento, l’adorazione dei fan, carriere strepitose, storie d’amore che hanno fatto sognare. Ma anche dolori segreti, la forza di non scendere a compromessi, l’impegno civile o umanitario, la determinazione nel tracciare la propria strada in un ambiente dominato, di fatto, dagli uomini. In Le grandi donne del cinema (edito da Mondadori), Marta Perego racconta le storie di trenta star, mettendo in luce gli snodi più significativi e i retroscena meno noti della loro carriera. Qui un estratto del libro dedicato a cinque grandi donne del cinema da riscoprire.

MONICA VITTI – Una delle più grandi attrici italiane, capace di essere il volto del cinema dell’incomunicabilità di Michelangelo Antonioni per poi trasformarsi con un triplo carpiato nella protagonista di tanta commedia all’italiana. «Non volevo fare altro che recitare, se non avessi recitato mi sarei ammazzata» diceva con il suo gusto per l’esagerazione. Nasce nel 1931 in una famiglia patriarcale. La sua infanzia è un continuo spostamento a causa, anche, della guerra. Da Roma va a Messina, da Messina a Napoli e poi a Roma, con una piccola valigetta «perché avremmo preso il resto dopo». Nella recitazione trova il suo sfogo, fuggendo di notte per raggiungere la compagnia teatrale che le aveva presentato la vicina. Entra all’Accademia di Arte Drammatica. La famiglia intanto si trasferisce in America lasciandola sola a incontrare il suo destino: Michelangelo Antonioni. Il regista la cerca per doppiare il suo primo film, Il grido. Lui sarà il suo primo grande amore, il tramite verso il cinema. Poi ci saranno Scola, Monicelli, la grande amicizia con Alberto Sordi. Lei che è diventata una delle più grandi. Lei che odiava viaggiare perché non sopportava le valigie. Lei tanto concentrata sul lavoro quanto distratta nella vita. «Ho cercato in tutti i modi di essere un’altra. Non per un’ora e mezza, ma per sempre». Diceva. Per fortuna non ci è mai riuscita del tutto.

Monica Vitti vista da Marta Signori

JEANNE MOREAU – «Recitare non è un mestiere ma un modo di vivere». Una piccola ragazza alta nemmeno un metro e sessanta, minuta e col broncio, ironica, sprezzante e diretta. È stata in grado con la sua forza e la sua determinazione di ridefinire l’immagine della donna al cinema, di rappresentare le inquietudini di una società in preda alla voglia di cambiamento. Papà francese, mamma inglese, arrivata nella Ville Lumière inseguendo il sogno di diventare ballerina. A teatro con la scuola vede l’Antigone, una ragazza ribelle e ne rimane ispirata. Inizia a recitare, prima a teatro, poi al cinema, accanto a Orson Welles e nella Regina Margot. Poi l’incontro con Louis Malle e con il nuovo cinema francese, di cui diventa volto e icona. «Ha tutti gli attributi di una donna e le qualità belle di una uomo» dirà di lei l’amico Truffaut. Il resto è la storia di una carriera lunghissima fatta di 140 film, mariti, amanti, amici, amori e innamoramenti. Ma soprattutto personaggi: donne vere, libere, diverse l’una dall’altra ma in cui Jeanne ha buttato un pezzettino di sé. «Le parole contano poco, vale ciò che si fa, come si vive, con che libertà si affronta il mondo, questo sì che è importante».

Jeanne Moreau nell’immagine più nota di Jules e Jim

GRETA GARBO – Diva del mistero, donna destinata a rimanere nella leggenda. È stata il volto del cinema muto hollywoodiano degli anni Venti partendo dalla periferia di Stoccolma. Il padre,  innamorato del cinema, le compra le biografie delle grandi dive. Lei spera di poter un giorno far sognare milioni di spettatori, ma quando l’amato papà muore, abbandona gli studi e lavora prima come “garzone” di un barbiere, poi come commessa dei grandi magazzini. È qui che inizia la sua scalata, grazie alle fotografie per i cataloghi di vendita. Diventa la più richiesta e torna in lei la voglia di recitare. Si iscrive all’Accademia di Arte Drammatica e viene notata da Mauritz Stiller, che la porterà in America pochi anni dopo grazie al film I cavalieri di Ekebù. Hollywood, però, vuole Greta solo per sé. La fanno dimagrire, la trasformano in una vamp tentatrice. Il suo sguardo ammaliante conquista il pubblico, ma lei non ne può più di interpretare sempre lo stesso ruolo. Poi un giorno il cinema cambia, arriva il sonoro. Greta vince la sfida (fallita da molti altri) e finalmente può portare in scena personaggi più complessi: Anna Karenina, Mata Hari, la Regina Cristina di Svezia. Nel 1939 affronta una nuova avventura: la commedia, con il bellissimo Ninotchka di Ernst Lubitsch dove si prende in giro, ride. Ma il film è un flop, seguito da un altro Non tradirmi con me di Cukor. Greta ha 36 anni e decide di abbandonare per sempre il mondo del cinema.

La Divina Greta Garbo ritratta da Marta Signori

BETTE DAVIS –  «Hai il fascino di Stanlio e Ollio messi insieme ma ti prendo per il tuo talento». Siamo nel cuore degli anni Trenta, il cinema sonoro inizia a scintillare e Jack Warner decide di firmare un contratto di 5 anni con una ragazza con gli occhi grandi, i modi bruschi e ambizione da vendere. È Bette Davis che dopo i palchi di Broadway approda a Hollywood, senza certezze, ma con il coltello tra i denti. Non sarà facile per lei raggiungere le stelle. Ma ce la fa, grazie alla sua determinazione. È il 1934 quando il suo amico John Cromwell le propone la parte da protagonista in Schiavo d’amore di Somerset Maugham. Un carattere tosto quello di Bette, che ha sempre definito la sua vita come una lunga battaglia per ottenere quello che ha ottenuto. Un successo che raggiunge l’apice con il personaggio di Margo Channing in Eva contro Eva. E poi quella rivalità con il suo opposto – o così raccontavano i giornali –  quella Joan Crawford che anni dopo ha cercato quando, entrambe al tramonto delle loro carriere, hanno unito le forze per Che fine ha fatto Baby Jane?. «Non ho avuto molto successo nell’amore tra uomo e donna» dirà nella sua autobiografia This’n’That «ma è difficile per una donna famosa avere successo anche in un matrimonio». Una lezione che forse accomuna tante star.

Bette Davis, regina austera di Hollywood

KATHARINE HEPBURN – Immagine di un cinema elegante, che non cede ai condizionamenti del tempo. Una carriera lunghissima, quattro Oscar, record ineguagliato. Non solo icona del cinema ma anche di stile, negli anni Trenta, con i suoi pantaloni larghi e sformati. Al college scoprirà la sua passione per la recitazione. Indipendente, fiera, sbarazzina e snob, non nasconderà mai però che ad aiutarla nei primi anni di provini sui palchi di Broadway sia stato il primo marito, Leland Hayward, da cui si separa dopo il suo primo Oscar, a 27 anni per La gloria del mattino. Nel 1934 è Jo March nella versione di George Cukor di Piccole Donne, poi una serie di insuccessi sia al cinema che a teatro. Katharine sembra destinata ad diventare un fuoco di paglia, i giornalisti la rincorrono per la sua relazione con il ricco Howard Hughes molto più che per il suo lavoro di attrice. Nel 1940 produce Scandalo a Filadelfia scritto dal suo amico Philip Barry per i teatri newyorkesi. Un successo straordinario a teatro e poi un film, con Cary Grant e James Stewart, che la riportano sulla cresta dell’onda. Fascino androgino, donna intelligente, mai si presenterà sul palco degli Oscar per ritirare il premio che le viene consegnato altre 3 volte, l’ultimo a 75 anni per Sul lago dorato. Lei simbolo di indipendenza, accetterà una relazione monca con Spencer Tracy, che, nonostante tutti sapessero dell’amore con la Hepburn, non lascia mai la moglie. «Vincere per me è imparare dove hai sbagliato e correggerlo». E lei ce l’ha fatta più di qualsiasi altra.

Katherine Hepburn vista da Marta Signori

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