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Lezioni di Cinema | Taika Waititi: «Il set? Dai film indie alla Marvel, è come stare in famiglia»

Il regista, in attesa del suo prossimo (e discusso) Jojo Rabbit, si racconta a Hot Corn

Taika Waititi sul set di Thor: Ragnarok. Foto: Jasin Boland ©Marvel Studios 2017.

Taika Waititi è come un vulcano in continua eruzione. Quando lo incontriamo si agita sulla sedia, gesticola, si muove in continuazione e parla ad una velocità tale che è impossibile stargli dietro. Così, in attesa del suo prossimo JoJo Rabbit (dove sarà anche attore, interpretando nientemeno che Adolf Hitler…), la nostra intervista con lui è stata una vera e propria lezione di cinema, spaziando dalle pellicole indipendenti alla Marvel. Anche se ancora non si spiega come sia stato possibile il salto dai indie neozelandesi al Dio del Tuono…

Taika Waititi dà indicazioni a Chris Hemsworth/Thor

CINECOMIC «Dopo Thor ho capito una cosa: se ti propongo un cinecomic conviene farlo. È stato stancante a livello emotivo e fisico, ma di certo non economico. Quando ho guardato tutti gli zero sull’assegno mi stava venendo un colpo perché era una cifra più alta del budget di due miei film messi insieme. E lo so bene, perché ho inanellato una pellicola indie dopo l’altra… Cosa dire? Ancora oggi ci penso e resto senza parole».

Tessa Thompson e Taika Waititi in una pausa sul set

ANSIA DA PRESTAZIONE «Cosa ho provato quando mi hanno offerto la regia di Thor: Ragnarok? Ho iniziato a contorcermi dal nervosismo, poi ho accettato la sfida e ho imparato molto grazie alla collaborazione. Quando c’è un grande studio di mezzo è tutto amplificato, a partire, ovviamente, dai mezzi a disposizione. Certo, c’è continuità anche visiva con quanto fatto in precedenza ma avevo comunque la possibilità di spaziare e cambiare. E pensare che ho accettato senza che ci fosse ancora il copione: si parlava solo di un’idea generale della trama».

Waititi saluta affettuosamente i due protagonisti di Thor: Ragnnarok

COLPO DI FULMINE «Non sono stato uno di quei bambini con il pallino della regia fin da piccolo. Il mio è stato un colpo di fulmine: mi sono innamorato di questa forma d’artigianato e l’ho sentita crescere in me. In ogni mio progetto voglio si parli di famiglia, la parte della vita che mi sta più a cuore, e voglio che lo si faccia con una famiglia. Mi spiego meglio: le persone che coinvolgo sul set diventano come anelli di un’unica catena, legati insieme da relazioni forti. Solo così, per me, quello che stai realizzando ti sembra davvero tuo e non lo fai come se stessi fingendo che esista davvero».

SALA VS TABLET «A me piace andare al cinema e immergermi nell’atmosfera della sala per entrare dentro la storia, ma sono realista. In quel modo un progetto resta in vita solo alcune settimane. Le nuove piattaforme streaming, invece, lo rendono accessibile in maniera continuativa. Su Netflix, ad esempio, puoi vederti film che altrimenti potresti recuperare solo in DVD. Quest’evoluzione, per me, è pazzesca».

Taika Waititi nei panni, insanguinati, del vampiro Viago di What We Do in the Shadows

IL RACCONTO «Ho capito sulla mia pelle che la gente è affamata di storie che raccontino di persone come loro. Nel mondo esiste un bisogno immenso di potersi specchiare e rivedere negli occhi altrui. Per questo amo parlare di quello che conosco e ho vissuto, di mondi anche piccoli, come quello da cui vengo in Nuova Zelanda, eppure vivi e autentici. Persino in Thor il mio primo pensiero non è stato su come avrei voluto fosse l’armatura, mi sono invece chiesto come renderlo umano, accessibile».

Taika Waititi nei panni di Adolf Hitler, Scarlett Johansson e Roman Griffin in una scena dell’atteso Jojo Rabbit

I COLLEGHI «Non faccio i nomi dei colleghi che vorrei a tavola con me. Chi se ne importa se sono famosi, hanno ricevuto molti premi o hanno un cognome altisonante: a casa mia entra solo gente simpatica e divertente…»

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