ROMA – Vi avvisiamo: alla fine de La Signora Harris va a Parigi potrebbero farvi male le guance per il sorriso stampato sui vostri volti. È l’effetto che il film di Anthony Fabian ha avuto su noi di Hot Corn. Quasi due ore capaci di cambiare il vostro umore e trasportarvi in un altro mondo. Il compito del cinema che questo secondo adattamento cinematografico del romanzo del 1958 di Paul Gallico, La Signora Harris, centra appieno (il primo era stato In volo per un sogno, nel 1992, con protagonista Angela Lansbury). La storia? Quella di una donna comune, una donna invisibile della Londra degli anni Cinquanta: Ada Harris (una straordinaria Lesley Manville).

Rimasta vedova dopo che l’amato marito Eddie è morto durante la Seconda Guerra Mondiale, Ada si arrangia come può. È una governante che passa di casa in casa a pulire e rammendare in cambio di qualche sterlina (quando i suoi datori di lavoro si ricordano di pagarla!) per sbarcare il lunario. Solare, brillante, gentile, la Signora Harris non si piange addosso e affronta la vita con un sorriso e un bicchierino di cherry. La sua placida quotidianità viene capovolta quando, in una delle case in cui lavora, nota un abito appeso in un armadio. Non un abito qualsiasi, badate bene, ma un Christian Dior. Quella visione scatenerà in lei il desiderio di averne uno tutto per sé al punto che la nostra protagonista, aiutata da un pizzico di fortuna, mette da parte il denaro necessario per partire. Destinazione? Parigi, naturalmente. Più precisamente al 30 Avenue Montaigne, quartier generale dell’atelier Dior.

Anthony Fabian con La Signora Harris va a Parigi ha realizzato una favola deliziosa, divertente e anche estremamente attuale. Un film sul coraggio che ci vuole a cambiare la propria vita ed inseguire un sogno che può sembrare follia, ma anche il racconto di un pregiudizio di cui possiamo essere vittima tutti. Ada Harris, in quanto governante poco abbiente, è invisibile agli occhi della società. Ecco allora che la pellicola ci ricorda come l’apparenza alla quale ci fermiamo tutti nasconde altro dietro la sua facciata. Perché siamo tutti molto di più di quello che il nostro lavoro dice di noi.

La Signora Harris va a Parigi ci insegna che si può rendere visibile l’invisibile e che non c’è nulla di male a sognare. Anche l’impossibile. Accompagnato da una colonna sonora jazz, il film è un tripudio di colori (la parte londinese è volutamente più sommessa proprio per sottolineare la differenza con la vita parigina della protagonista) in cui i costumi di quella leggenda che risponde al nome di Jenny Beavan (Premio Oscar per Mad Max: Fury Road) sono assoluti protagonisti al fianco di Lesley Manville. La sua Ada Harris è la quintessenza della gentilezza e della generosità. Una donna piena di dignità capace, con una semplicità disarmante, di cambiare la vita delle persone che le stanno intorno. Anche di noi spettatori. Almeno per un paio d’ore…
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La video intervista ad Anthony Fabian è a cura di Manuela Santacatterina:
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