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La Casa di Jack | Lars Von Trier, Matt Dillon e un manifesto della libertà d’espressione

Violenza, citazioni, arte e allegorie: la summa del cinema di Lars von Trier. Dove? Su Prime Video

Matt Dillon ne La casa di Jack di Lars von Trier.

MILANO – Pazzo, scioccante, eccessivo. Ma anche sincero, fragile, dolente. La casa di Jack – in streaming su Prime Video – contiene tutte le sfaccettature di Lars von Trier tanto da poter essere considerato la summa poetica del suo cinema. Nello stesso tempo, l’identificazione del regista con il suo protagonista, l’omicida seriale Jack (un raggelante e straordinario Matt Dillon), è dichiarata. Non è, infatti, un caso se, durante alcune disquisizioni teoriche sull’arte del crimine, si vedano alcuni estratti dei film più celebri del cineasta danese, da Le onde del destino a Nymphomaniac.

Matt Dillon è il serial killer protagonista de La Casa di Jack.

Colto di riferimenti di cultura umanistica, sia letterari che pittorici – dalle poesie di William Blake ai dipinti del cubista Juan Gris e del Principe dei Romantici Eugène Delacroix -, il film è diviso in cinque incidenti e un epilogo dantesco, che riassumono la tensione distruttiva e autodistruttiva di un personaggio folle e squilibrato, che si presenta allo spettatore come «un ingegnere che vorrebbe essere un architetto».

Lars von Trier e Matt Dillon sul set de La casa di Jack.

Maniacale, ossessivo, psicotico, Jack lascia tracce impercettibili dei suoi omicidi, sfidando a distanza la polizia, convinto che ciò sia necessario per raggiungere la perfezione artistica. Le sue vittime, dall’autostoppista interpretata da Uma Thurman alla fidanzata con il volto di Riley Keough,  non brillano per sagacia e intelligenza. Tratto che gli fa notare l’anziano Verge (un monumentale Bruno Ganz, alla sua ultima interpretazione) – il cui nome in inglese è bordo, da intendersi come freno morale -, che dialoga con lui in sottofondo, commentando le sue riprovevoli azioni prima di condurlo verso la dannazione eterna, in una mezz’ora finale di pura allegoria e abbacinante meraviglia visiva.

Una scena de La Casa di Jack.

Etichettato come provocatore, Lars von Trier riesce nell’impresa di tradurre in immagini il doloroso conflitto interiore tra autocontrollo e pulsione. L’ironia macabra è costantemente presente sullo sfondo di ogni scelleratezza, insieme alle note di Fame di David Bowie, e bilancia la violenza di molte sequenze estreme ma mai gratuite, bensì incorniciate all’interno del percorso emotivo e mentale, immorale e orripilante del serial killer.

Bruno Ganz e Lars von Trier in una scena del film.

Diversamente dalle suggestioni di un horror astratto come Antichrist, La casa di Jack è un’operazione di chirurgia all’interno delle inquietudini dell’animo umano, capace di sviscerare ciò che nella vita di tutti i giorni è inaccettabile e scandaloso e di estirparlo grazie al potere del cinema di abbattere imposizioni etiche e realizzare opere d’arte, svincolate da pose compiacenti e produzioni standardizzate. Per questo motivo, ancora una volta, un film di Lars von Trier è un manifesto della libertà d’espressione.

  • Matt Dillon: «Io, tra l’orrore di Lars Von Trier e l’addio a Bruno Ganz»
  • VIDEO | Qui per il trailer del film: 

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