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Matt Dillon: «Io, tra l’orrore di Lars Von Trier e l’ultimo saluto a Bruno Ganz»

I dubbi, il set, la violenza: l’attore arriva a Roma per raccontare l’esperienza al fianco del regista danese

Matt Dillon in una delle locandine de La Casa di Jack.

ROMA – «No, non è stato facile», ripete, di tanto in tanto, Matt Dillon mentre parla di Jack, l’architetto e psicopatico omicida protagonista de La Casa di Jack. L’ultimo, discusso film di Lars Von Trier. Dillon, arrivato a Roma per l’uscita italiana del film (28 febbraio) ha raccontato l’esperienza con Von Trier e di quanto, spinto dalla voglia di lavorare con lui, abbia dovuto combattere contro l’obbligo umano di guardare e giudicare il suo personaggio. Presentato a Cannes non senza polemiche, La Casa di Jack (The House That Jack Built in originale), per stessa ammissione del regista è uno dei suoi film più brutali. La storia? Quella di un folle killer nato e cresciuto con la più totale assenza di bontà, autore di cinque omicidi, descritto dallo stesso Dillon come «qualcosa di diverso, un uomo a cui manca tutto, compresa l’empatia».

Matt Dillon a Roma alla conferenza stampa del film.

IO & LARS «Leggendo la sceneggiatura, ho avuto diversi dubbi. L’argomento non era facile. Ma non avevo perplessità sul regista. Ho sempre ammirato Lars (Von Trier, ndr). Sapevo che lavorare con lui sarebbe stata una grande esperienza, però sì, i dubbi sul personaggio erano molti. Essenzialmente, ho accettato La Casa di Jack per lui, anche se temevo di non farcela: ero spaventato dal mio giudizio verso il personaggio. Avevo paura di rifiutare me stesso in quel ruolo…»

Dillon, Marijana Jankovic e Lars Von Trier sul set.

JACK «Il personaggio? È qualcosa di diverso. Non solo è folle, ma gli manca tutto dentro. È sia un killer che un artista fallito. Con Lars abbiamo parlato molto della sua trasformazione. Alla fine, è venuta fuori la sua totale assenza di nucleo. Piano piano, ho capito che io, Matt, e lui, Jack, sono due persone diverse, nonostante non sia stato facile, con alcune scene davvero toste, che mi sono portato dietro».

Come Virgilio e Dante: Bruno Ganz e Matt Dillon nel film.

IO & BRUNO «La perdita di Bruno Ganz è davvero triste. Mi sento fortunato ad aver lavorato con lui nel film. Un attore fantastico, e sono un suo fan da sempre. Per La Casa di Jack sono stato scelto per primo e mi ricordo quando Lars mi mandò la sua foto, scelto per il ruolo di Virgilio. Abbiamo registrato il nostro dialogo fuori camera, mesi dopo la fine delle riprese. Ci siamo detti che avremmo visto il film finito, tutti e tre assieme. Per una serie di cose, non ho potuto essere presente, ma quando l’ho sentito al telefono, dopo la proiezione, mi disse di aver visto qualcosa di bello e interessante. E che sarei stato orgoglioso della mia recitazione…».

Serial Killer.

IL FILM «Da un punto di vista cinematografico, è un film unico. Prima di girarlo, ero curioso di capire come sarebbe stato affrontato il tema. In rete ho cercato informazioni,  c’è tanta letteratura a riguardo e ho anche scoprendo che migliaia di persone sono ”appassionate” di cronaca nera. Come se fosse qualcosa che fa parte della natura umana».

Matt Dillon è Jack.

LA CENSURA «Le scene forti? Non sono un fan della censura, anche se qui ci sono sequenze difficili. Ho temuto nel pensare quale potesse essere la reazione del pubblico, ma se accendi la tv ti accorgi di tante cose terribili e brutali, di quella violenza davvero compiuta dalle persone. Del resto, vedere la violenza, deve turbare. La Casa di Jack è un film che deve essere masticato e digerito, perché ha bisogno di un momento di sedimentazione».

Matt Dillon in The House That Jack Built.

SUL SET «Mentre giravo il film, tra l’altro la percezione, quando sei in scena senza fare prove, cambia totalemente. Mi sono accorto che sottrarre per aggiungere era la soluizione migliore. Jack è nato senza qualcosa, privo di coscenza. Ho chiuso a chiave parti di me, per fare il film. Un film, che, come spesso accade con Von Trier, ha polarizzato il pubblico. Così, alla fine, realizzandolo, ho capito che rinunicare all’idea su come e quando devi fare qualcosa, fa sì che tu segua meglio il momento in cui stai girando. Seguendo, anche, la libertà di poter fallire. Perché, quando lavori con qualcuno di cui ti fidi, ti viene quasi naturale rischiare».

  • Qui potete vedere il trailer di La Casa di Jack:

 

 

 

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