MILANO – Sua Eccellenza il Presidente a vita, Feldmaresciallo Dottor Al Hadji Idi Amin, titolare della V.C. (Victoria Cross), D.S.O. (Distinguished Service Order), M.C. (Military Commander), Signore di tutte le bestie della terra e dei pesci del mare, conquistatore dell’impero britannico in generale e dell’Uganda in particolare, re di Scozia. Questa è l’autodefinizione che il sanguinario dittatore Idi Amin si è dato quando si è proclamato Presidente a vita nel 1971. Forse per comprendere fino in fondo una megalomania così complessa serviva accostarla a una storia di finzione, ed è quello che ha fatto Giles Foden nel suo romanzo L’ultimo re di Scozia (lo trovate su CHILI).

Diventato poi un film, adattato dal documentarista Kevin Macdonald con Forest Whitaker, James McAvoy e Kerry Washington, attraverso le vicende del suo protagonista, riesce a raccontare il clima di terrore che lo spietato nazionalismo di Amin aveva instaurato in Uganda. Il protagonista di Foden è il medico neolaureato Nicholas Garrigan, che si reca proprio in Uganda per dare il suo aiuto professionale al Paese. Subito si scontra con il Presidente: ha appena avuto un incidente, schiantandosi con la sua Maserati. Durante il periodo delle cure, Garrigan colpisce Amin, che si fida sempre più di lui, finché il giovane medico non diventa suo consigliere e braccio destro, finendo intrappolato nella questionabile moralità del dittatore, tra rapimenti, omicidi e atrocità varie.

Ma la storia di Garrigan è solo un pretesto per presentare quell’altro personaggio, realmente esistito ma di cui forse non tutti conoscono la storia. Idi Amin governò l’Uganda dal 1971 – quando salì al potere con un colpo di Stato ai danni del filo-comunista Milton Obote – al 1979. La sua ascesa? Inizia come quella di tanti dittatori nella Storia. Ingannevolmente, almeno in principio, sembrano il simbolo di speranza e di rinascita per un Paese in ginocchio. E Amin ispirava fiducia: ex pugile ed ex soldato, aveva costruito la sua carriera dal niente, e godeva di una personalità vibrante carica di orgoglio. Ma ben presto la sua vera natura venne a galla.

Poco importa se al momento della presa del potere il British Foreign Office lo avesse definito come «un personaggio magnifico e un bravo giocatore di calcio» quando tutti i suoi nemici incontravano la morte. Portò il suo nazionalismo a un livello estremo, espellendo dall’Uganda più di cinquantamila asiatici e trascinò il Paese, già in condizioni economiche e sociali precarie, in guerra contro le nazioni vicine. Idi Amin si è guadagnato di diritto un posto nella lunga lista di crudeli dittatori, al fianco di Hitler, Stalin, Mao, Pol Pot e Saddam Hussein, tra gli altri.

Ma per il popolo, Amin non era solo un efferato assassino, e ancora oggi in Uganda gode di grande rispetto tra la popolazione. Come nota il regista: «Gli occidentali non capiscono che l’uomo era visto come un personaggio stupefacente e non solo come l’autore di violenze indiscriminate. Era un uomo inizialmente animato da grandi intenzioni, ma che poi è stato schiacciato dal suo stesso carattere». Un uomo che voleva essere un visionario e caduto vittima delle proprie delusioni. E grazie a L’ultimo re di Scozia possiamo riscoprirlo in tutte le sue affascinanti contraddizioni.
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