NAPOLI – A nove anni di distanza da Fantastic Mr. Fox, Kim Keukeleire torna a lavorare con Wes Anderson – in veste di lead animator – per il secondo lavoro in stop-motion del regista: L’Isola dei cani. Ambientato in un futuro distopico, in Giappone, il film racconta la ricerca del dodicenne Atari del suo amato cane Spots confinato a Trash Island, una discarica nella quale vengono esiliati tutti i cani infettati da una strana influenza. L’Isola dei cani ha richiesto la realizzazione di oltre 1.000 pupazzi e 16 settimane di lavoro per ogni animale. Un lavoro orchestrato alla perfezione proprio dalla Keukeleire, tra le più importanti animatrici della scena, grazie a collaborazioni che spaziano da Tim Burton (Frankenweenie) a Claude Barras (La mia vita da zucchina). Noi di Hot Corn l’abbiamo incontrata al Napoli Comicon, dove ci ha spiegato l’ossessione di Wes Anderson per la simmetria.
LA SFIDA «La scena più difficile da girare de L’isola dei cani? Sicuramente il flashback di Spot e Atari in ospedale. È stata una delle prime che ho animato e non sapevamo bene come si sarebbero mossi e quali sarebbero state le loro caratteristiche. Anche la parte tecnica è stata complicata perché all’inizio devi cercare di far ingranare le componenti nel modo giusto e spesso i pupazzi non sono ancora del tutto completi».
LA FOTOGRAFIA «Sul set eravamo 30 animatori per 45 set differenti. Tristan (Olivier, nda), il direttore della fotografia, lavorava con un suo team e doveva organizzare le luci prima del nostro arrivo. Per farlo ha cominciato mesi prima. In quella fase era un continuo confrontarsi con Wes (Andrerson, nda), i costumisti e gli scenografi. Quando noi arrivavamo sul set, le luci erano già posizionate. Ogni tanto, però, c’era bisogno di modificarle perché dovevamo sistemare i pupazzi o accedere a determinate zone. L’ossessionato per la simmetria dell’inquadratura di Wes è nota. Così, ogni volta che spostavamo uno dei personaggi gli mandavamo delle foto per avere l’ok da parte sua. Anche in base a questo decidevamo come modificare le luci»
LE ESPRESSIONI «I cani avevano una struttura molto diversa dal resto dei personaggi. Wes voleva che gli animali e il loro pelo fossero molto più dettagliati. A differenza degli esseri umani che avevano delle maschere sostitutive con varie espressioni, Chief e gli altri erano caratterizzati da armature metalliche con elementi facciali mobili come la bocca, le guance e le sopracciglia…».
GLI INIZI «Dopo la scuola ho iniziato come animatrice in piccole pubblicità. Poi, passo dopo passo, sono arrivata a lavorare in Germania e a Galline in fuga. Ho scoperto così il mondo del cinema e per me è stato davvero un punto di svolta. Lavorare con un grande team talentuoso mi ha permesso di concentrarmi solo sull’animazione perché si occupavano loro di ogni altro problema tecnico»
L’EVOLUZIONE «L’era digitale ha indubbiamente semplificato il lavoro in stop-motion. La tecnologia può davvero aiutare in questi casi perché ti permette di modificare dei dettagli anche dopo aver girato e di mantenere in vita la tecnica stessa. Quando abbiamo girato Galline in fuga, il film era ancora in pellicola e i tempi erano molto più lunghi. Un vero incubo. Ma il mio lavoro di animatrice, in realtà, non ha subito grossi cambiamenti in questi anni…»
WES ANDERSON «Fin dall’inizio era determinato a girare in stop-motion. Credo che per lui questa scelta sia legata a dei ricordi d’infanzia e che intendesse ricrearli nel film. Inoltre voleva che tutti gli effetti, dal movimento dell’acqua al pelo dei cani, fossero il più realistici possibile».
CGI «Capisco totalmente altri studi come Laika che decidono di utilizzare la computer grafica nei loro film per semplificare il lavoro o realizzare scene complesse e ricche di personaggi, anche se penso si rischi di perdere un pizzico in spontaneità. Per L’Isola dei cani, Wes ha deciso di non farne uso e, inoltre, ha voluto girare a 12 frame al secondo e non a 24 come accade solitamente. Questo per dare al film un’atmosfera differente».
LA STOP-MOTION «Non credo che per i bambini ci sia una differenza d’impatto tra il 2D, il 3D o la stop-motion. Per loro si tratta solo di seguire una storia. Ma anche noi, quando eravamo piccoli, vedevamo molti film o cartoni realizzati con questa tecnica. È qualcosa che s’imprime nella tua mente ed è forse per questo che da adulti si ha la sensazione di assistere a qualcosa di più emozionante e caloroso».
- Qui una clip sul making of de L’Isola dei Cani:
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