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Andrea Farri: «Il mio universo sonoro, da Il Primo Re a 10 giorni senza mamma»

L’amicizia con Rovere, il jazz, Louis Malle e gli Anni 80: il compositore romano si racconta ad Hot Corn

ROMA – Mentre chiacchieriamo al telefono con Andrea Farri, romano, classe ’82, tra i compositori più bravi e richiesti del panorama italiano, il pensiero non può non andare alle sue due ultime colonne sonore: Il Primo Re di Matteo Rovere e 10 Giorni Senza Mamma di Alessandro Genovesi. Due pellicole diverse che, ovviamente, hanno preteso un approccio musicale radicalmente differente. E, in entrambi i casi, magistralmente riuscito. Del resto, mentre ci troviamo nel 700 a.C., con Romolo e Remo, non possiamo non restare folgorati dalle sonorità elettroniche ed epiche che accompagnano le immagini del film. Così come, assieme ad un papà pasticcione e ai suoi tre figli scalmanati, siamo dolcemente cullati da un caldo ukulele. Perché, ci dice Farri: «L’ispirazione più grande quando compongo una colonna sonora arriva direttamente dai personaggi. La sfida è restare dentro la storia, alternando stili diversi. E questo, in fondo, è il bello del nostro lavoro».

Andrea Farri in studio di registrazione.

753 A.C. «Il Primo Re? Ha avuto una lavorazione lunga, di quattordici mesi. La colonna sonora, io e Matteo Rovere, l’abbiamo pensata piano piano. Ci conosciamo da tanto, praticamente dai nostri inizi, quando facemmo Un Gioco da Ragazze, nel 2008, seguito da Gli Sfiorati e Veloce Come il Vento. Un rapporto di fiducia che è proseguito fino ad oggi. E avere una relazione così, è stata fondamentale per un’opera come Il Primo Re. La colonna sonora, in pratica, è una partitura unica di due ore, essendo il film quasi tutto musicato, sia per un discorso stilistico che narrativo».

LA SFIDA «Nel film ci sono tre mondi. C’è l’elettronica, con i sintetizzatori degli Anni Settanta. Ed è stata una sfida, applicare suoni moderni al 700 a.C., ma era il colore che più si legava a quelle immagini e le ambientazioni sonore così scure hanno funzionato. Poi ci sono le percussioni che dovevano evocare un’atmosfera tribale ma dalla grande potenza evocativa. E c’è la parte sinfonica, suonata dall’Orchestra di Praga, con momenti ampi ed epici. Tre tensioni emotive per lo spettatore. Anzi, c’è anche la nenia dei bambini. Non essendoci documentazioni storiche, mi sono ispirato ai canti rurali italiani. Secondo una teoria, quei canti, non si sono evoluti nel tempo. Così, ho potuto attingere ad un materiale, per così dire, eterno».

Il sangue e il fango de Il Primo Re.

IO & MATTEO «Devo dire che io e Matteo Rovere siamo invecchiati (ride Ndr.) ma anche maturati. È stata una crescita, fianco a fianco, molto bella. Il nostro è un lavoro che si impara sul campo, non ci sono scuole. Personalmente, ho imparato tanto dai musicisti con cui ho lavorato. Così come ho imparato di cinema parlando con registi e produttori. Prima, esordire era più complicato, a venticinque anni eravamo tra i più giovani. Fortunatamente oggi la cosa è cambiata, si investe di più sui ragazzi. E mi viene da pensare alla saga di Smetto Quando Voglio di Sydney Sibilia».

L’UKULELE «Ho iniziato dal teatro, e amo comporre mentre leggo la sceneggiatura. Le ispirazione arrivano dalla storia. Per il film 10 Giorni Senza Mamma di Alessandro Genovesi, avendo tre bambini per protagonisti, con questo papà pasticcione, l’idea per la colonna sonora si basa sull’idea che le musiche stesse fossero suonate proprio dai bambini. Quindi, ci sono sonorità semplici. C’è una chitarra, un ukulele, con il tema fischiettato da un bambino. I toni sono lievi ma anche rock. Un rock come fosse nato in garage, composti da una band di adolescenti. Del resto, lo stimolo è questo: restare dentro la storia e i personaggi».

Sul set di 10 Giorni Senza Mamma. Foto di Loris T. Zambelli.

MILES «Il cinema che amo? Guarda, adoro il cinema francese. Proprio qualche giorno fa stavo rivedevo Ascensore per il Patibolo di Louis Malle, con quella meravigliosa colonna sonora di Miles Davis. Generalmente, però, spazio molto con i generi, anche se sì, in questo momento sono attratto dal cinema in bianco e nero…».

I GOONIES «Il successo de La Befana vien di Notte? Dimostra che si possono fare film per bambini, anche di fantasia. Lì, ho fatto un lavoro diverso, più allineato come ad un fantasy internazionale, tipicamente natalizio, con orchestra e campanellini, virando anche su una riduzione di banjo o theremin. Insomma, strumenti un po’ goffi e sfigati come la simpatica Befana. Ma c’è anche una parte elettronica che cita spudoratamente gli Anni Ottanta. Ammicco a quei genitori, che hanno visto film come I Goonies o gli altri film per ragazzi tipici della loro generazione».

LA SOUNDTRACK DEL CUORE «La mia colonna sonora preferita? Domanda difficile. Una delle mie preferite, oggi, è quella di Gone Girl. Atticus Ross? Un genio, e Trent Reznor dei Nine Inch Nails è fenomenale. Lì c’è un lavoro di elettronica pazzesco, con l’orchestra che viene usata come se fosse un sintetizzatore, ed è una cosa che ambisco a fare anche io. Il classico e il moderno che si alternano. E poi, è un film bellissimo».

LO STILE «Il mio approccio alla musica, come dice Alex Ross, è il naturale prodotto di un ragazzo cresciuto negli Anni Ottanta. La mattina a studiare la classica, il pomeriggio ascoltando il jazz, e la sera ballando l’elettronica. Ed è poi normale mettere assieme queste realtà sonore. Oggi, è impensabile fare un lavoro unico, magari solo con l’orchestra. A meno che non ci sia esigenza di storia. Con Genovesi, infatti, l’obiettivo era far suonare ai bambini stessi la colonna sonora, essendo loro il centro del film».

Il canale Spotify di Andrea Farri.

LA MUSICA «In Italia, in confronto all’estero, la nostra figura è un po’ trascurata nella filiera produttiva. Però, questo, è un problema a tutto tondo: basti pensare che qui non si insegna la musica a scuola. Va bene il flauto ma è assente la storia della musica. C’è la storia dell’arte, ma non si cita Puccini…».

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