ROMA – Ci sono immagini che valgono più di una frase, che contengono una verità immediata, chiara, senza bisogno di spiegazioni. Questo non vuol dire che siano semplici, anzi. La loro forza però ha un impatto potente su coloro che le guardano. In questi giorni migliaia di cittadini stanno protestando in diverse città del mondo contro dei governanti sordi alle reali esigenze dei cittadini. Beirut, Hong Kong e Santiago del Cile come Gotham City? Non proprio. Eppure basta la foto di una manifestante libanese con un trucco à la Joker per iniziare a lavorare di fantasia, a tracciare paralleli (a volte forzati) tra realtà e cinema, verità, politica e film.
Piace e piace tanto trovare un filo che unisce tanti elementi così diversi tra loro. Gran parte del merito va assegnato ad un’opera come Joker che offre la possibilità di riflettere su una grande varietà di temi, prestandosi a letture politiche, sociologiche, addirittura psicologiche. Qualunque sia il vostro giudizio estetico sul film di Todd Phillips, resta incollato ai neuroni. Ci permette di pensare a come una società disumana produca i propri mostri che vengono poi usati e riprodotti in serie (la bellissima sequenza delle gesta di Joker moltiplicate su tutti gli schermi); a come i più deboli siano costantemente bullizzati dai più forti e restino incastrati in una spirale anaffettiva paralizzante.
Anche alla sostanziale incapacità di curare e guarire la malattia mentale da parte di addetti ai lavori annoiati che non capiscono le barzellette e davanti ad un paziente così problematico fanno non uno, ma due passi indietro. A come si faccia presto a incanalare il malcontento popolare in una figura anarcoide e crudele. Se il Joker nasce da una serie di soprusi perpetrati dai potenti, allora chiunque può sentirsi come Arthur Fleck, legittimato a farsi giustizia da sé. Siamo alla santificazione di un personaggio psicopatico? Il cinema non ha mai spinto nessuno ad essere violento, figuriamoci. Tuttavia il rischio di parlare a sproposito è sempre dietro l’angolo. E il siamo tutti Joker è un punto di vista parziale, addirittura banale.
Torniamo allora all’immagine iniziale, la ragazza con il trucco da clown che protesta contro il governo a Beirut. Perché colpisce? Non tanto per la cosa in sé, in fondo ogni dimostrante deve celare la sua identità e confondersi, ma perché per la prima volta dai tempi della maschera di Guy Fawkes di V per Vendetta (che compare per strada al pari di Joker), un personaggio di finzione riesce a cogliere in maniera precisa un’inquietudine sociale profonda. Un’agitazione che ha come unico obiettivo la lotta contro le disuguaglianze. In Cile si scende in piazza per l’aumento del prezzo del biglietto del bus, in Libano per il caro vita (ma il Primo Ministro Saad Hariri è uno degli uomini più ricchi del Paese). A Hong Kong per difendere le libertà democratiche. E di questa crisi così capillare, Joker diventa simbolo indiscusso. Per quanto ancora?
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