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Il Caimano | Il film di Nanni Moretti non è (solo) un film su Berlusconi

Ecco perché il film è molto più politico di quanto lo stesso Moretti ci ha fatto credere. Su Prime Video

Il Caimano
Il Caimano

MILANO – 2006. Scade per esaurimento naturale la XIV Legislatura, l’Italia torna a elezioni dopo i cinque anni del governo di centrodestra berlusconiano e Nanni Moretti – fresco di Palma d’Oro a al Festival di Cannes per La stanza del figlio – lancia Il caimano, presentato in piena campagna elettorale come un film su Berlusconi girato da uno degli elementi più in vista della sinistra italiana. Fu polemica e, naturalmente, un successo commerciale. Ma Moretti è autore acuto e sottile, e quel che ci propone è qualcosa che va oltre le legittime aspettative: è un film sul berlusconismo come costume totalizzante, più che su Berlusconi, sull’Italia e gli italiani, sulla nostalgia del cinema politico di una volta e sulla difficoltà nel tornare a parlare di politica, con profondità, in sala.

Il Caimano
Silvio Orlando

Bruno Bonomo (un bravissimo Silvio Orlando) è un decotto produttore di film di serie b degli Anni Settanta, che ora tenta di rilanciarsi cavalcando l’onda del tarantinismo, grazie al quale quello era considerato ciarpame, ora può vantare almeno una dignità vintagista e di genere. Ma per fare un nuovo film le idee sono poche (e i soldi anche meno), così Bruno decide di scommettere alla cieca sul progetto della giovane esordiente Teresa (Jasmine Trinca) che ha scritto una sceneggiatura su Berlusconi dal titolo Il caimano. A questo punto il film di Moretti si sviluppa su tre livelli: il meta-linguistico con i retroscena di produzione e riprese del film-nel-film di Teresa, quello narrativo con la disgraziata vita piccolo borghese del divorziante Bonomo e, sullo sfondo di tutto questo, un’Italia culturalmente spoglia, protagonista di un decadimento intellettuale guidato dalle televisioni, di Stato e non, per l’occasione in mano al medesimo Berlusconi.

Jasmine Trinca e Silvio Orlando ne Il Caimano
Jasmine Trinca e Silvio Orlando ne Il Caimano

Il caimano è un grande film, molto più politico di quanto lo stesso Moretti voglia farci credere. La parte su Berlusconi, a ben vedere, è la meno importante e si limita a dare allo spettatore antiberlusconiano militante quello che si aspetterebbe: l’indagine sui soldi che non si sa da dove siano arrivati, il finanziare corrotto che diventa suo socio, la rottura (anche morale) con Montanelli e lo scontro processuale con Ilda Boccassini. Ma non è questo quello che interessa al regista. Ciò che Moretti vuole denunciare non sono solo i notissimi fatti o i sospetti legati alla carriera di Berlusconi, questa volta ad essere sotto processo è l’intero paese Italia, la “vostra italietta”, come la chiama il co-produttore polacco amico di Bruno (interpretato da Jerzy Stuhr): un paese completamente privo di una cultura civica comune, divisosi superficialmente per decenni tra berlusconiani e antiberlusconiani, ma che nel profondo è semplicemente individualista e narcisista, mediocre, pigro e arrivista, incapace di costruire guardando al futuro; un piccolo Paese che va verso il baratro, deriso dai suoi compagni di viaggio europei.

Il Caimano
Uno dei tanti Silvio Berlusconi de Il Caimano, interpretato da Elio De Capitani

Ed è in questo contesto patetico che Il Caimano denuncia l’impossibilità di fare cinema politico che per anni ha attanagliato il paese. Le comparsate dei giovani Virzì, Sorrentino e Garrone segnalano la voglia e la competenza potenziale del Cinema italiano, che però si trova in difficoltà proprio a causa di un pubblico diseducato, che vuole solo essere intrattenuto con l’azione, sangue sullo schermo e condanne nei tribunali; gente parla tutto il giorno di politica, ma lo fa come fosse allo stadio a tifare: senza contenuti, senza un vero motivo, senza sapere quello che fa e, figuriamoci, senza mettere mai in discussione se stesso, ma solo gli altri. E in questo senso è simbolica la scena in cui il regista-collaboratore di Bruno Bonomo abbandona l’ufficio (e la lotta) per sempre. Simbolica soprattutto perché il personaggio, Franco, è interpretato dal gigante Giuliano Montaldo e perché la sua rinuncia indica un indispensabile cambio di prospettiva rispetto agli anni addietro.

Nanni Moretti sul set de Il Caimano. Il film è stato girato in parte negli studi del Cine-Tv Rossellini
Nanni Moretti sul set de Il Caimano. Il film è stato girato in parte negli studi del Cine-Tv Rossellini

Infatti il cinema politico non può più essere la denuncia di qualcosa che ci viene nascosto da altri (e che è bene scoprire), ma deve rivolgersi alla società civile e a noi stessi, affinché ci vengano quelle distrazioni che ci impediscono di vedere, comprendere, valutare e agire. Ad ogni modo non mancano, sia detto, le critiche al Silvio Berlusconi uomo e politico, dipinto come un “furbetto di quartiere” qualunque che utilizza istituzioni e categorie politiche unicamente per suoi scopi personali. Ma l’accusa non si limita al profittatore di turno, e si rivolge piuttosto all’andamento della politica in generale, per Moretti ormai degenerata in uno spettacolo debordiano (del resto il regista era un liceale quando usci La società dello spettacolo nel 1967), un reality show in cui un aspirante statista non è più chiamato ad esporre un’idea.

Il Caimano
Una delle sequenze cult del film

O, perché no, a proporre una soluzione ad un problema specifico, ma vende l’immagine di se stesso e della sua vita come un prodotto commerciale: il suo mestiere è diventato principalmente apparire. Ecco perché Berlusconi è interpretato da più attori (De Capitani, Placido e lo stesso Moretti, a richiamare il suo Botero de Il portaborse) perché la rappresentazione, quando è politica, deve avere più sfaccettature per essere il più possibile customizzata su ciascuno degli spettatori-elettori a cui è rivolta: e come in ogni buona sceneggiatura, anche nella narrazione politica il pubblico deve almeno un pochino immedesimarsi nel personaggio che sta osservando.

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