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God Is A Bullet | Nikolaj Coster-Waldau, Maika Monroe e la ballata di Nick Cassavetes

Crepuscolare, iper-violento, osteggiato dalla critica statunitense, eppure tutto da scoprire. Ma com’è?

Nikolaj Coster-Waldau e Maika Monroe in un estratto del poster promozionale di God Is A Bullet, un film di Nick Cassavetes
Nikolaj Coster-Waldau e Maika Monroe in un estratto del poster promozionale di God Is A Bullet, un film di Nick Cassavetes

ROMA – È cosa nota che molti romanzieri celino per anni, o per un’intera vita, progetti ai quali un giorno vorrebbero lavorare, pur non ottenendo mai realmente quel via libera tanto desiderato. Talvolta perché troppo complessi, altrimenti controversi o perfino potenzialmente fatali per il proseguimento pacifico della loro carriera. Così restano lì, sepolti nella memoria e rivisitati di tanto in tanto esclusivamente da quest’ultima e mai da un pubblico altro, proprio come accade a moltissimi autori cinematografici. Nick Cassavetes, oltreché essere figlio d’arte, è stato considerato per diverso tempo uno degli autori di maggior successo della recente storia hollywoodiana, basti pensare a titoli quali John Q e Le pagine della nostra vita.

God Is A Bullet, un film di Nick Cassavetes del 2023
God Is A Bullet, un film di Nick Cassavetes del 2023

Eppure, Cassavetes del successo non se ne è mai fatto granché, desiderando continuamente di poter trasporre per il grande schermo, non più romanzi sentimentali di fama internazionale, piuttosto un volume pulp decisamente non di fama, ma per qualche ragione amato alla follia dall’autore di Alpha Dog e Blow, quel romanzo è God Is a Bullet di Boston Teran e dopo molti anni, Cassavetes è finalmente riuscito a realizzare la sua impresa, eppure del film non ne siamo nemmeno venuti a conoscenza, o quasi. Distribuito esclusivamente negli Stati Uniti, nell’estate del 2023, in un numero limitato di copie da Wayward Entertainment, God Is a Bullet è finito ben presto sulle piattaforme digitali d’oltreoceano, per poi svanire, sepolto da un’inspiegabile ondata d’odio, causata da una ricezione critica più che negativa.

Nikolaj Coster-Waldau in una scena del film
Nikolaj Coster-Waldau in una scena del film

Una reazione probabilmente adirata dal tasso incredibilmente elevato di violenza, disperazione e oscurità contenuto dal film di Cassavates, che accoglie consensi soddisfacenti soltanto da una parte piuttosto ridotta di pubblico e così di alcune fanzine focalizzate sul cinema horror ed estremo dalle origini ad oggi. Così God Is a Bullet, il progetto di una vita di Nick Cassavates, stando alla narrazione della stampa statunitense, sembra essere un disastro di proporzioni colossali, eppure, verrebbe da dire, più che prevedibilmente, non è niente di tutto questo. A scanso di equivoci, sì, il film di Cassavetes è incredibilmente violento e brutale, lo dimostra la sequenza d’apertura durante la quale una setta dai riferimenti più che ovvi alla Manson Family, tanto per il look, quanto per l’euforia allucinata, fa ingresso in una villa, violentando, uccidendo e infine rapendo una ragazzina di appena quattordici anni.

Maika Monroe in un momento di God Is a Bullet
Maika Monroe in un momento di God Is a Bullet

Un bagno di sangue, grida, terrore e violenza, destinato a dare il via ad un lento e doloroso massacro che tra spiritualismo, stilemi da vengeance movie e thriller on the road, dalle tinte horror, conduce ben presto God Is a Bullet verso un cinema molto poco esplorato dalla Hollywood moderna, colmo di un’oscurità e di un gusto estremo per il macabro, decisamente non alla portata di tutti, eppure indubbiamente interessante ed eccezionalmente fotografato da Kenji Katori, oltreché interpretato da una Maika Monroe ed un Nikolaj Coster-Waldau in evidente stato di grazia. Ciò che più sorprende di God Is a Bullet dunque, non è tanto il plot e così la struttura narrativa – e no, il montaggio non sembra essere il suo forte -, piuttosto l’insistenza registica di Cassavetes e della sua visione.

Garrett Wareing in una scena del film
Garrett Wareing in una scena del film

Affidandosi ad un cast di tutto rispetto capace di condurre in più di un momento God Is a Bullet ben oltre il circuito indipendente cui appartiene, Cassavetes dà vita ad una dimensione scenica cupa, brutale, sanguinosa e disperata a tal punto, da non permettere mai realmente alla luce di illuminare i volti e i corpi dei personaggi che quest’ultimo intende seguire, esplorare e raccontare. Preferisce invece consegnarli molto più direttamente all’oscurità e ad una salvezza apparentemente irraggiungibile, dunque al male che tra satanismo ed efferatezze di ogni sorta, si mostra incessantemente e talvolta perfino fastidiosamente nel corso del film. Se ad un primo sguardo, infatti, God Is a Bullet può apparire convenzionale, fermandosi esclusivamente alla trama del film, è soltanto approcciandosi al suo reale contenuto visivo, narrativo ed interpretativo che le sue qualità emergono dapprima lentamente e poi sempre più rapidamente.

Una scena del film
Una scena del film

Tra le maglie narrative di un God Is a Bullet, racconto su di una ragazzina rapita da una brutale setta satanica, cui il padre della giovane non smette di dare la caccia, attraverso l’America di provincia e così le sue campagne, i suoi deserti e le sue aree desolate, coadiuvato da una giovane ex adepta a caccia di vendetta, emerge tutta mostrando la poetica ed il carattere dolcemente malinconico di quella che a tutti gli effetti è una ballata dolente e crepuscolare, capace di riallacciarsi all’universo musicale e narrativo proprio di artisti quali Johnny Cash, Willie Nelson, Bruce Springsteen e The White Buffalo, dunque analogo al meraviglioso commiato di Wolverine/Hugh Jackman rispetto al fortunato franchise degli X-Men, ossia Logan-The Wolverine di James Mangold.

Nel cast del film anche January Jones
Nel cast del film anche January Jones

Tra suggestioni tipicamente western, che molto devono sia al cinema di George Miller e Quentin Tarantino, che ad una certa corrente letteraria hard boiled e pulp, sospesa tra Dashiel Hammett, Elmore Leonard e Shane Stevens, God Is a Bullet sfrutta appieno la sua dimensione on the road, traducendo al meglio per il grande schermo, le pagine di Boston Teran, così colme di descrizioni visive e più che dettagliate sulla natura dispersiva e violenta delle autostrade americane e così delle sue aree rurali e desolate, dunque tutt’oggi terre di nessuno e mai realmente controllate dagli organi di polizia, dando vita ad un thriller dalla fama maledetta, che così come si è detto a lungo per la cinematografia di Tarantino, o lo si ama o lo si odia (e chi scrive lo ha amato).

Maika Monroe in una scena del film
Maika Monroe in una scena del film

Il sangue scorre a fiumi, in God Is a Bullet, si perde il conto degli arti mutilati e così dei crani orrendamente spappolati dalle pallottole che incessantemente esplodono dalle armi degli appartenenti alla setta e così da quelle dei due improbabili cowboy solitari e forse perfino innamorati, interpretati da Maika Monroe e Nikolaj Coster-Waldau. Iper-violenta eppure dolcissima questa disperata cavalcata all’inseguimento della vendetta e dell’amore, accompagnata da una colonna sonora meravigliosa ed estremamente varia, che dai Jane’s Addiction giunge ai Dead Boys, fino a Patty Griffin e Bob Dylan.

Jamie Foxx in un momento di God Is a Bullet
Jamie Foxx in un momento di God Is a Bullet

Fino al finale, avvolto nelle note di Boots of Spanish Leather, e in quelle ultime parole intonate: «No, there’s nothin’ you can send me, my own true love. There’s nothin’ I wish to be ownin’. Just carry yourself back to me unspoiled. From across that lonesome ocean». Ed il film, il senso profondo d’esso, risiede proprio in queste parole. God Is a Bullet è un gioiello per stomaci forti, al quale non potete non dare un’occasione.

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Paolo Tosini

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