ROMA – «Io voglio solo amare le persone». Ciglia cariche di mascara, ombretti appariscenti, matita intorno alle labbra, capelli cotonati e lunghe unghie laccate di colori sgargianti. Era impossibile per Tammy Faye passare inosservata. Anzi, il suo aspetto fisico fu parte della sua disgrazia. Nessuno la prendeva realmente sul serio fermandosi all’apparenza senza tenere conto della sostanza. Gli Occhi di Tammy Faye, dramma biografico diretto da Michael Showalter – lo stesso regista della rom-com rivelazione di qualche anno fa, The Big Sick – cerca di fare giustizia alla sua memoria provando a mostrare chi c’era dietro tutto quel trucco/maschera sottolineano come l’amore per il prossimo fosse davvero una sua priorità.
Un bisogno di fare giustizia nato in Jessica Chastain, straordinaria protagonista del film e produttrice, dopo aver visto l’omonimo documentario del 2000 diretto Fenton Baily e Randy Barbato. Una rivelazione. Tammy Faye non era la donna che TV e giornali di gossip avevano dipinto negativamente per anni. Dietro i problemi con il fisco e gli scandali personali c’era molto di più. C’era una storia che valeva la pena raccontare per ristabilirne l’immagine agli occhi del mondo. Trasformata dal make-up, da protesi, parrucche e costumi, la Chastain ha dato vita a un personaggio tragico e sulle cui spalle regge l’intero film.
Dall’andamento lineare Gli Occhi di Tammy Faye racconta la folgorazione della piccola Tammy per Gesù, lei figlia di una divorziata che nemmeno poteva mettere piede in chiesa. Poi, al North Central Bible College a Minneapolis incontra Jim Bakker (Andrew Garfield) del quale si innamora e con il quale, tra gli anni Settanta e Ottanta, fonda un vero e proprio impero televisivo diventando i telepredicatori più celebri d’America. Un sogno che si fa ancora più grande quando Bakker si mette in testa di realizzare un parco a tema cristiano, Heritage USA, che sarà la loro rovina. Una serie di irregolarità finanziarie e lo zampino di Jerry Falwell (Vincent D’Onofrio), potente reverendo ultraconservatore che non vedeva di buon occhio la fama dei due e l’apertura di Tammy ai gay e malati di AIDS. Una colpa che l’America puritana non le perdonò mai.
Visivamente impeccabile grazie ad una ricostruzione delle varie decadi attenta anche ai più piccoli dettagli, Gli Occhi di Tammy Faye è però troppo lineare nel raccontare la parabola di ascesa e discesa di Tammy Faye. La sceneggiatura di Abe Sylvia regala degli interessanti spunti di riflessione su come la donna – in questo caso Tammy – subisca da sempre un trattamento ben diverso da quello riservato agli uomini (su tutte la sequenza in cui la protagonista decide di prendersi da sola un posto al tavolo dei “potenti” e la confessione in diretta TV di un suo errore) ma è sempre Jessica Chastain a trainare il film. La sua prova, da possibile nomination agli Oscar, vale la visione del biopic impegnato a ristabilire l’immagine distorta da pettegolezzi e bugie di una donna giudicata ed emarginata proprio come le persone che aveva più a cuore.
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L’intervista a Jessica Chastain è a cura di Manuela Santacatterina:
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