MILANO – Giorgio Colangeli interpreta Nino, un regista che non lavora più da anni e a cui viene chiesto di scrivere la sceneggiatura della sua vita, in Mindemic (Opera Zero), l’opera prima di Giovanni Basso (la trovate in sala). I due si sono ritrovati dopo un cortometraggio girato insieme nel 2019, e l’incontro non poteva essere più fortuito. Girato con un iPhone 8+ e una troupe limitata, Giorgio Colangeli e Giovanni Basso hanno potuto lavorare insieme per dare vita a questo film così inusuale eppure così affascinante, pieno di quel delirio e di quel caos che poi sono propri del processo creativo. Abbiamo intervistato l’attore, che ci ha raccontato della sfida dell’essere protagonista assoluto e delle nuove tecnologie per il cinema.
NINO – «Quello che capiamo dal film è che Nino è un ex regista e sceneggiatore di cinema che vive solo in questo appartamento. Intuiamo dalla storia che è solo, come asserragliato in quella casa. Può uscire solamente alla fine, c’è questo esterno su un terrazzo, ma quello potrebbe essere un sogno o addirittura una sensazione post-mortem. Gli telefona un produttore, una sua vecchia amicizia, e ha tre giorni per scrivere la sceneggiatura del suo film più bello. Si butta a capofitto in questo lavoro e intanto contatta altri personaggi del cinema che lui conosceva, salvo poi vedersi sfuggire questo progetto dalle stesse persone che gli avevano assicurato la collaborazione. Intanto lui continua a scrivere in maniera forsennata. Entra una specie di delirio di scrittura, tanto che si sdoppia nei personaggi che va scrivendo.»

IL DELIRIO – «In una parola è appunto un delirio che sta lì a significare tante cose, che forse è anche inutile suggerire al pubblico perché ognuno trova le sue, come spesso succede. Il delirio è una dimensione che non deve essere mai arbitraria perché altrimenti diventa una specie di gioco inutile. Ha a che vedere con molta realtà, però consente anche quella sintesi che una scelta naturalistica non consentirebbe. Nel delirio si può essere anche contraddittori, si può essere anche confusi, dire una cosa e il contrario senza il pericolo di sembrare illogici. Perché il delirio non è logica. Mi piaceva lo stile visionario e delirante, mi interessava molto questa sfida un po’ estrema di fare quasi tutto da solo. Poi conoscevo già Giovanni (Basso, il regista, ndr), quindi mi fidavo di lui anche come direzione degli attori e come padronanza degli strumenti tecnici.»
PROTAGONISTA ASSOLUTO – «La sfida era proprio essere il protagonista assoluto. Il mettersi alla prova, cercare e trovare sensibilità in registri diversi. Ho sentito la responsabilità di questa scelta e mi sono molto attivato. Poi spesso la sfida induce a provare energie che magari in una situazione più normale uno pensa non servano. In realtà nel nostro lavoro bisognerebbe sempre essere a mille, cioè essere sempre in quello stato di grazia, in quella incandescenza grazie a cui si ottengono i risultati migliori. Questo film obbligava a uscire dai recinti, o non sarebbe stato possibile portarlo a termine. Abbiamo fatto tutto in tempi strettissimi. Lo dico sempre agli amici, questo è un film talmente indipendente che si è girato da solo».

SMARTPHONE E CINEMA – «Gli smartphone consentono di fare dei film formalmente più che corretti, dignitosi, con una tecnologia che è veramente alla portata di tutti e quindi con dei budget minimi che consentono di esprimere quello che uno ha a cuore. Creare senza impegnare capitali troppo grossi era impensabile anche solo pochi anni fa. Questa è una grande rivoluzione. Poi chiaramente il nodo grosso è quello che si chiamerebbe la distribuzione. Quello è ormai il vero collo di bottiglia, però probabilmente questa produzione in economia porterà anche a una distribuzione che magari si interessa a film fatti in questo modo, cioè con una strategia di uscita e di promozione mirata che ha a che vedere col film e che non è la stessa per tutti come spesso fanno le grandi distribuzioni. È una logica da piccoli numeri la nostra, che potrebbe avere la sua importanza sia adesso che nel futuro. Non contano solo i grandi numeri, ne sono convinto».

PROGETTI FUTURI – «Ho in cantiere un film con la regia di Giorgio Amato e con Gianmarco Tognazzi e Ilenia Pastorelli, che ha avuto un piccolo stop per un caso di Covid ma riprendiamo la prossima settimana. Poi un film con Lillo, una sceneggiatura divertente ma anche molto inusuale, nel senso che si parla molto dei cinesi a Roma, che è una cosa non credo molto battuta. Poi c’è un progetto teatrale, I due Papi, direttamente dal testo da cui è stato tratto il film Netflix con con Anthony Hopkins. Insieme a me ci sono Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini, nella parte della della suora tedesca grande amica di Ratzinger. Io faccio Ratzinger e Mariano Rigillo fa Bergoglio. Questo spettacolo debutta ad agosto, poi si riprenderà nel 2023 per una tournée che ci porterà a finire a Roma. Poi nell’ultimo trimestre dell’anno ci sono altri due film, l’opera prima di Paola Cortellesi è un’altra opera prima di Francesco Frangipane, da un testo che si intitola Dall’alto di una fredda torre. Insomma, c’è parecchia carne al fuoco, speriamo di portare tutto a casa.»
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