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Funny Games | Michael Haneke, la violenza e la storia di un cult che visse due volte

Le polemiche a Cannes, il remake, le teorizzazioni sui media. Riscoprire un classico di nuovo al cinema

Arno Frisch al centro della scena (e degli incubi) di Funny Games di Michael Haneke, di nuovo al cinema dall'11 dicembre con I Wonder Classics
Arno Frisch al centro della scena (e degli incubi) di Funny Games di Michael Haneke, di nuovo al cinema dall'11 dicembre con I Wonder Classics

ROMA – Sembra una normale vacanza al lago, come ne hanno fatte tante, per Anna, Georg e il loro figlioletto Georgie. Questo finché Paul e Peter, due ragazzi dai modi apparentemente cortesi, si presentano alla loro porta chiedendo loro delle semplici uova: daranno il via a una spirale di violenza dagli esiti del tutto imprevedibili. Grazie ad I Wonder Classics torna al cinema dall’11 dicembre in versione restaurata l’originale Funny Games di Michael Haneke, thriller fuori dagli schemi presentato in concorso a Cannes 50 nel 1997. Haneke, che di questo stesso film dieci anni dopo girerà un remake americano shot-by-shot (perfino la stessa location, nda) offre una delle più potenti e agghiaccianti riflessioni sull’impatto della violenza nei media, mettendo in scena un ipnotico gioco al massacro fatto di dipendenza, manipolazione, dominazione e umiliazione in cui nemmeno lo spettatore può dirsi del tutto innocente.

L'originale Funny Games di Michael Haneke fu presentato a Cannes il 14 maggio 1997
L’originale Funny Games di Michael Haneke fu presentato a Cannes il 14 maggio 1997

Lo spettatore viene infatti sfidato da Haneke nel suo agire passivo, solleticato nel voyeurismo dello sguardo figlio del bisogno ontologico di violenza e susseguente raccapriccio («Abitualmente la violenza viene addomesticata attraverso la sua rappresentazione, e il piacevole brivido dell’orrore è del tutto gradito in dosi omeopatiche»). E lo fa imbastendo un Funny Games gioco filmico in continuo dialogo tra finzione e realtà – esistenza reale e rappresentazione – in cui l’autore, nel servirsi dei topos del genere thriller e la sua precondizione di facile consumo (evento di rottura, violenza, salvataggio) ne ribalta l’inerzia intessendo una narrazione che è (in)naturale e armonico concatenamento di immagini pure, limpide, senza filtri, eppure ovattate. Rispetto agli eventi mostrati, Haneke fa un passo indietro, gettando lo spettatore: «Nell’oscillazione tra la sconcertante sensazione di prendere parte a un avvenimento reale, e la sicurezza emotiva di vedere la rappresentazione di una realtà creata artificialmente».

Il remake, sempre a firma Haneke, fu invece presentato al BFI il 20 ottobre 2007
Il remake, sempre a firma Haneke, fu invece presentato al BFI il 20 ottobre 2007

La violenza, concepita da Haneke come: «Dolore, violazione degli altri», appare come un atto inconsumabile nella cornice d’immagine dell’atto cinematografico. In Funny Games non ve ne è mai traccia. Ogni atto di violenza, ogni gesto di dolore e violazione prodotto da quei Paul e Peter coppia di sociopatici alienati dalla caratterizzazione colorita, giocosa e imprevedibile, viene lasciato fuori campo dalla regia di Haneke. Dedotta, percepita, mai veramente mostrata, così da non soddisfare mai il bisogno dello sguardo degli uomini, sovvertire le abituali regole narrative dell’Home Invasion e al contempo quelle tra spettatore e immagine: «L’evocazione controllata del male ha fatto sperare che questo potesse essere tenuto sotto controllo nella realtà. La scena è cambiata con l’arrivo della televisione. La velocità con cui le informazioni vengono trasmesse attraverso i media elettronici – e la diffusione degli stessi – ha portato ad un cambiamento nel modo di vedere».

Arno Frisch nell'iconica rottura di quarta parete di Funny Games
Arno Frisch nell’iconica rottura di quarta parete del film

«La televisione ha cambiato queste forme attraverso la permanenza dell’uso. Il cinema ha tentato di contrastare la sottomissione all’onnipresenza dei media elettronici attraverso una valorizzazione delle proprie risorse, che la televisione – per quanto tecnicamente poteva – ha subito integrato anche nel proprio sistema. La compulsione a fare sempre meglio ha portato al parossismo permanente della ricerca dell’intensità e quindi indirettamente anche a un’ulteriore sfumatura dei confini tra realtà e rappresentazione. È la forma della rappresentazione che determina l’effetto del contenuto». Riflessioni comunicateci da Haneke nel suo saggio Violence and the Media nel pieno degli anni Novanta di Funny Games che fanno ancora rumore se rapportate all’oggi, all’evoluzione tecnologica e al proliferare dei device convergenti e relative piattaforme di contenuti: «Partendo dal presupposto che tutte le forme d’arte riflettono le condizioni in cui vengono ricevute, cosa significa per l’artefatto delle forme mediali?».

Lo stesso fece un grande Michael Pitt nel remake del film
Lo stesso fece un grande Michael Pitt nel remake

La risposta è una sola: «La costernazione per il fatto che il destinatario, lo spettatore, possa degenerare fino a diventare un consumatore indifferente di forme vuote intercambiabili o che sia già così degenerato». Da qui la necessità di Haneke come autore e indagatore del mondo: «Come si può ripristinare il dialogo sconnesso? Come posso restituire alla mia rappresentazione il valore della realtà che ha perso e dare allo spettatore la possibilità di percepire effettivamente questa perdita di realtà e il proprio coinvolgimento in essa, in modo che possa così liberarsi dall’essere vittima del mezzo e diventarne potenziale partner?», e con essa la necessità di comprendere come mostrare la violenza mettendo lo spettatore in rapporto con la realtà e la sua rappresentazione. E quindi giocando con lui, stimolandolo, interagendo, rendendolo parte stessa di una dolorosa e verosimile finzione tra sguardi in camera, dichiarate rotture di quarta parete e arditi espedienti narrativi meta-linguistici.

Susanne Lothar, Stefan Clapczynski e Ulrich Mühe in una scena di Funny Games
Susanne Lothar, Stefan Clapczynski e Ulrich Mühe in una scena di Funny Games

Renderlo attivo insomma, proseguendo il discorso tematico-narrativo del rapporto dell’uomo con l’immagine e le conseguenze dirette avviato con Benny’s Video (e ripreso poi da quel capolavoro assoluto di Niente da nascondere) in modo ancora più sperimentale, filmicamente vivace e interattivo. Eppure non ebbe vita facile Funny Games. Alla sua prima mondiale a Cannes (il film fu presentato il 14 maggio 1997) scioccò talmente critica-e-pubblico che in molti lasciarono la sala. Ebbe successo fuori dalla kermesse festivaliera, anche se erroneamente percepito come horror atipico e non come commento moralistico sull’impietosa influenza della violenza mediatica (specialmente televisiva) sulla società. Qualcosa che Haneke, in cuor suo, sapeva sarebbe successo confidandosi con l’executive Veit Heiduschka: «Se Funny Games avrà successo sarà perché il pubblico ne avrà frainteso il significato» e non solo. Il problema alla base per la pellicola è stato il non aver raggiunto il pubblico a cui era destinata.

Naomi Watts, Devon Gearhart e Tim Roth in una scena del remake di Funny Games
Naomi Watts, Devon Gearhart e Tim Roth in una scena del remake

Da qui la decisione di un remake in lingua inglese dieci anni dopo così da ampliarne la portata narrativa e il raggio d’azione: «All’inizio è stata soprattutto l’idea di un produttore. Ci ho pensato e mi sono detto che una versione in inglese era forse il modo migliore di raggiungere l’obiettivo che mi ero dato dieci anni prima. Il primo Funny Games non aveva raggiunto il pubblico cui era destinato, ovvero il pubblico anglofono, che è quello che consuma di più la violenza al cinema. Purtroppo, la lingua tedesca è stata un ostacolo per il successo del film in America, dove era stato distribuito solo nel circuito d’essai». Una scelta per mettere ordine, riparare a un errore produttivo del passato e (ri)lanciarne gli intenti artistici universali di un’opera straordinaria dalla doppia vita, o semplicemente una, un’unica vita in due volte, cristallizzata nel tempo e divenuta immortale.

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  • VIDEO | Qui per il trailer di Funny Games

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