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Finzione o realtà: quando l’horror incontra le leggende metropolitane

Urban Legend, Campfire Tales e quei racconti assurdi diventati cinema

Tutti conosciamo le leggende metropolitane: storie di fonte ignota, passate poi di bocca in bocca, raccontando vicende terrificanti e alquanto surreali spacciate per veritiere. Gli horror – da sempre attenti a mescolare finzione e reale – hanno ampiamente attinto dal folklore delle leggende metropolitane: in alcuni casi il connubio è risultato ben riuscito e i due film che vi raccontiamo qui sotto ne sono un esempio.

Al primo posto della nostra assurda classifica? Non può che esserci Urban Legend, originale slasher del 1998 diretto da Jamie Blanks. Il merito del film, interpretato da star del calibro di Jared Leto, Joshua Jackson e perfino Robert Englund (il Freddy Krueger di Nightmare), è stato quello di inserire un gran numero di leggende metropolitane, cucite insieme in una sottotrama capace di legarle tutte.

Tra le più famose: il serial killer del sedile posteriore, in cui un assassino si nasconde sul sedile posteriore dell’auto di una giovane sfortunata che, quando meno se lo aspetta, viene brutalmente uccisa. Poi la prova dei fari, secondo cui se, viaggiando di notte, s’incrocia un’auto con i fari spenti non bisogna assolutamente segnalarlo, pena l’essere inseguiti e buttati fuori strada. Tra le più agghiaccianti quella relativa alla famosa scritta “Sei contenta di non aver acceso la luce”, che la protagonista trova sulla parete della propria stanza vergata con il sangue della sua coinquilina, brutalmente uccisa durante la notte mentre lei era presente e, pur insospettita da strani mugolii provenienti dal letto di fianco, aveva scelto di continuare a dormire. In Urban Legend queste e altre leggende minori vengono legate da una trama tipicamente slasher, in cui un misterioso serial killer inizia a far fuori, uno dopo l’altro, un gruppo di collegiali, ispirandosi alle leggende.

 

 

Altro discordo per Campfire Tales – Racconti del Terroresemisconosciuta pellicola horror del 1996, in cui quattro adolescenti si riuniscono introno a un fuoco, di notte, raccontandosi delle storie di terrore che, ovviamente, non sono altro che leggende metropolitane. La prima a essere narrata è probabilmente la più famosa: quella dell’Uomo con l’uncino che, nel film, viene raccontata in maniera fedele. Una coppia d’innamorati si apparta in un bosco per amoreggiare in macchina, quando la radio trasmette la notizia della fuga di un pericoloso assassino, riuscito a evadere dal manicomio criminale nel quale era rinchiuso: la caratteristica dell’uomo è, per l’appunto, quella di avere un uncino al posto della mano.

La conclusione della storia, in realtà, presenta due versioni: nella prima la coppia riesce a fuggire perché; nella seconda (narrata nella storia numero due del film), l’uomo si allontana per controllare e puntualmente non fa più ritorno: la donna continua ad avvertire uno strano fruscio e, scesa dall’auto, si accorge che il suo compagno è stato ucciso. L’ultima, importante leggenda che viene narrata è quella della “Mano leccata”: una ragazza (in questo caso una bambina) si addormenta lasciando penzolare la mano dal letto: quando avverte il tocco umido di una lingua, dà per scontato che si tratti del suo cane. La mattina dopo, al risveglio, la verità le viene palesata da un’agghiacciante scritta sulla parete: “Anche gli umani leccano!”. A quel punto, la ragazza guarda sotto il letto, ma non trova più nessuno, a parte il suo cane trucidato.

Come Urban Legend, anche Campfire Tales non è un cult del genere horror. Entrambi i film hanno però avuto il merito di valorizzare quello che, a suo modo, è un piccolo patrimonio culturale, seppure afferente a una subcultura: l’affascinante e ricco mondo delle leggende metropolitane.

 

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