MILANO – Fu picchiato a sangue. Poi gli cavarono un occhio. Quindi gli spararono e lo buttarono nel Tallahatchie, un fiume nel Mississippi. Al collo, per essere sicuri che affondi, una zavorra con del filo spinato. Per non farlo riemergere mai più, per non farlo trovare mai più. Il suo cadavere rimase nel fiume per tre giorni prima di essere scoperto e recuperato, per caso, da due pescatori che stavano sulla riva. Il suo nome era Emmett Till, aveva solo quattordici anni. Era il 28 agosto del 1955, un’estate che nessuno avrebbe mai dimenticato e che avrebbe segnato un punto di non ritorno sulla strada verso la sospirata uguaglianza. Bob Dylan, qualche anno dopo, ci avrebbe scritto una canzone, The Death of Emmett Till, proprio per non dimenticare mai di cos’era stata capace la sua America, i bianchi che poi la domenica mattina si trovavano in chiesa e pregavano da buoni cristiani: «This song is just a reminder to remind your fellow man. That this kind of thing still lives today in that ghost-robed Ku Klux Klan..».

Da quella terribile notte di agosto del 1955 ad oggi, Emmett Till è tornato più volte nella cultura popolare, tra canzoni di Dylan e Kanye West, da scritti di Toni Morrison (che scrisse la pièce Dreaming Emmett) e Langston Hughes fino a documentari come The Murder of Emmett Till del 2003 oppure XIII emendamento di Ava DuVernay su Netflix. Qualche anno però è arrivato anche un film, che in Italia è passato poco e male in sala e che ora trovate in streaming su Prime Video e AppleTV+, chiamato Till – Il coraggio di una madre e diretto da Chinonye Chukwu, sceneggiatrice e regista nigeriana naturalizzata statunitense, prima donna di colore a ricevere il Gran premio al Sundance per Clemency (mai uscito in Italia). La regista ha deciso di raccontare però l’intera storia da un altro punto di vista, quello della madre di Emmett, Till Mobley, interpretata da Danielle Deadwyler, vista anche in The Harder They Fall.

Così, non vedremo la violenza feroce dei due assassini bianchi, che massacrarono il povero Emmett per aver fischiato ad una donna bianca in una drogheria (avvenimento mai verificato, tra l’altro), ma la vicenda sarà filtrata attraverso gli occhi di Elizabeth Till-Mobley, la madre, colei che decise di tenere la bara aperta durante il funerale in modo che tutti vedessero cos’avevano fatto a suo figlio e capissero la mostruosità di quell’atto. «Quando ho cominciato a riflettere sul film», ha spiegato la Chukwu, «ho subito capito che avevo una grande opportunità: quella di raccontare la storia attraverso Mamie Till. Non fosse stato per lei, la memoria del figlio sarebbe svanita nel nulla, invece fu lei ad accendere una fiamma di speranza per quello che sarebbe diventato poi il Movimento dei Diritti Civili».

Nel cast anche Whoopi Goldberg per un film che purtroppo non è storia, visto che in America il contesto sociale continua ad essere molto complicato, basti vedere i casi di Jalen Randle e Roderick Brooks, afroamericani colpiti e uccisi alle spalle dalla polizia, oppure quello di Sonya Massey, una donna afroamericana di trentasei anni, uccisa da un poliziotto nella sua casa di Springfield la scorsa estate. E l’augurio di Dylan del 1962 per il povero Emmett in The Death of Emmett Till è rimasto in aria, anche sessant’anni dopo: «But if all of us folks that thinks alike, if we gave all we could give, we could make this great land of ours a greater place to live…».
- VIDEO | Qui il trailer di Till:
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