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El Conde | Pablo Larraín, Jaime Vadell e la resa dei conti di Augusto Pinochet

Dopo Venezia, già su Netflix il film che racconta le cicatrici del golpe in Cile del 1973

El Conde: Augusto Pinochet il vampiro secondo Pablo Larraín
El Conde: Augusto Pinochet il vampiro secondo Pablo Larraín

ROMA – La storia è (purtroppo) nota: l’11 settembre del 1973, il comandante militare cileno Augusto Pinochet orchestrò un colpo di Stato che fece destituire l’allora presidente Salvador Allende che morì, quello stesso giorno, in circostanze misteriose (suicidio o omicidio, se n’è discusso molto). Esattamente cinquant’anni dopo Pinochet (Jaime Vadell) vive ancora. È un vampiro, un non-morto di 250 anni disposto a tutto pur di morire per sempre, non prima però che gli avvoltoi che lo circondano non gli diano un ultimo morso. Parte da qui El Conde, il nuovo film di Pablo Larraín (già disponibile su Netflix), regista ormai presenza fissa in concorso alla Mostra di Venezia dopo i precedenti di Jackie con Natalie Portman (su un altro pezzo di storia, i Kennedy), Ema e Spencer con Kristen Stewart (ovvero Lady D).

El Conde di Pablo Larraín disponibile su Netflix dal 15 settembre 2023
Un curioso dettaglio di El Conde di Pablo Larraín

Un progetto ambizioso El Conde. Una black comedy avvolta in un bianco-e-nero di orrore atmosferico espressionista che affronta con piglio ironico e deciso l’impatto degli anni terribili di Pinochet sul Cile contemporaneo. E lo fa trasformando l’uomo in un vero e proprio succhiasangue che ha prosciugato la vita dal suo Paese: saranno tremila i desaparecidos del suo regime. Una storia atroce già affrontata da Larraín tra Post Mortem e No – I giorni dell’arcobaleno, oltre che dal cinema tra Missing di Costa-Gavras e Santiago, Italia di Nanni Moretti. Concepito originariamente da Larraín come una miniserie per Netflix (per poi virare decisi verso il lungometraggio d’autore), la scelta di raccontare in questi toni di Pinochet nasce dall’idea di affrontare di petto una figura scomoda per il Cile e per la storia del Novecento proprio nel cinquantenario di quei giorni terribili.

Jaime Vadell è il non-morto Augusto Pinochet in El Conde
Jaime Vadell è il non-morto Augusto Pinochet in El Conde

«Pinochet ha portato orrore, tragedia e violenza che hanno spezzato il mio Paese. Attraverso questa commedia nera vorrei osservare, analizzare e comprendere gli eventi accaduti in Cile negli ultimi cinquant’anni». Eppure del tutto impunito. Nel nostro mondo Pinochet è morto il 10 dicembre 2006 da milionario e uomo libero, con tanto di foto con Giovanni Paolo II nel 1987: «Pinochet era un uomo che non ha mai affrontato un processo per quello che ha fatto. Quell’imprudenza lo ha reso eterno. È una cosa molto dolorosa, ma è la verità…». Da qui parte il viaggio narrativo di El Conde con l’Augusto Pinochet di Larraín – portato in scena dal veterano Vadell – è una creatura mitologica nata al tempo della Rivoluzione francese sotto il nome di Claude Pinoche.

Gruppo di famiglia dittatoriale in esterna
Gruppo di famiglia dittatoriale in esterna

Spettatore eccellente della caduta di Luigi XVI, sino allo sbarco in Cile, dove si realizza pienamente come autocrate e assassino, l’obiettivo di Pinoche/Pinochet è di usare i propri poteri ultraterreni per sgominare ogni possibile rivoluzione in atto. Poi le immagini di repertorio, la Marcia di Radetzky, l’irriverente voice-over, gli sputi sulla teca, l’etichetta di «Protettore, un mafioso della Repubblica di Banane», l’insinuazione che un uomo così malvagio non potesse che essere stato posseduto dal demonio. Infine l’ingresso scenico della suora Carmencita (Paula Luchsinger) come voce della coscienza del racconto, di Larraín, e di riflesso dell’intero popolo cileno, in una messa in stato d’accusa di tutte le azioni riprovevoli di El Conde Pinochet in un lungo elenco didascalico ma necessario.

Paula Luchsinger in un momento del film
Paula Luchsinger in un momento del film

Dove gli effetti dell’allegoria del succhiasangue vampiro finiscono («Il sangue dei lavoratori sudamericani è acre e ha odore di cane. Un bouquet plebeo» recita una linea dialogica del voice-over) – e con essi tutte le suggestioni da cinema horror degli anni Venti alla maniera di Nosferatu – inizia la storia in El Conde. E la storia ci dice che una buona fetta di mondo ha scelto di non vedere le violente azioni di un uomo a cui Larraín regala un ultimo, decadente, scampolo di grandezza: il piano di distruzione del Tribunale Internazionale dell’Aja. Come ogni villain memorabile che si rispetti però, il Pinochet di Larraín non vuole né cerca redenzione, trovandosi diviso fino alla fine tra il desiderio di morte e di conquista, non comprendendo fino in fondo perché una parte della popolazione non lo ricordi come un salvatore.

El Conde arriva su Netflix quasi cinquant'anni dopo il golpe in Cile che l'11 settembre 1973 cambiò per sempre la vita di un intero paese
El Conde: cinquant’anni dopo il golpe in Cile che l’11 settembre 1973 cambiò per sempre un Paese

Un uomo marcio il Pinochet di Larraín. Un non-vivente corrotto e manipolatore, disgraziato seduttore, dilaniato dai figli presentatisi al capezzale soltanto per la spartizione della ricchissima eredità, che solo attraverso la veste di Generale può planare sul suo paese a caccia di vittime innocenti da dissanguare. Ed ecco quindi El Conde. Un film difficile, agitato, dal concept quasi impossibile e (forse) minore se rapportato all’insieme del corpus filmico di Larraín. Un film però che trasuda grandiosità da ogni poro nei suoi ambiziosi intenti artistici. Perché il Cile oggi è in grado di camminare a testa alta e forse, finalmente, mettersi alle spalle uno dei periodi più bui della sua storia – e di riflesso – di tutta l’umanità.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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