MILANO – Un finale aperto, l’Afghanistan e la forza femminile. Un altro corto di Locarno Shorts Weeks che merita attenzione è senza dubbio Sorkhe Tirah – Dark Red, diretto dalla regista afgana Diana Saqeb, conosciuta per i suoi documentari e corti e in procinto di far uscire il suo film d’esordio Shirin Gol – La donna di Kabul. Dark Red è una storia, drammatica (ma non troppo…), sull’emancipazione femminile nella Kabul contemporanea. La narrazione frammentata, con frequenti stacchi tra le scene, segue una donna senza nome, sposata, nella sua routine quotidiana. Aspetta il ragazzino che porta l’acqua nella cisterna, nel suo spazio artistico crea un telo con pezzi di stoffa di diversi colori, si trucca, va dal suo amante, un giovane commerciante di stoffe.
Una forte incomunicabilità separa il mondo maschile da quello femminile. Oltre al rapporto con il marito, praticamente assente, vi è un marcato contrasto nella percezione del mondo, espresso dai colori: le prime stoffe che l’uomo mostra alle sue clienti sono nere e grigie, mentre loro chiedono motivi floreali con colori più accesi, e la stessa donna crea un telo con stoffe dai colori sgargianti. La profonda monotonia grigia degli uomini fa da contraltare al desiderio di libertà delle donne. Un giorno, dopo l’ennesimo incontro, le chiede di fuggire e iniziare una nuova vita. Per lui il futuro che si prospetta è perfetto perché staranno insieme, lavorerà mentre la donna lavorerà in casa (per lui) e saranno felici. Ma il piano non sembra entusiasmare la protagonista.
Quando l’uomo, romanticamente, afferma “non dovrò più aspettare per rivedere i tuoi occhi”, la risposta di lei è invece, tenerli chiusi. Quella notte, al momento di partire, si addormenta sul pavimento avvolta nel suo telo. La luce del sole all’alba la sveglia e lei guarda il panorama, assorta nei suoi pensieri. Saqeb ritrae la condizione femminile nel Paese e le regole sociali a cui le donne sono sottomesse. La donna sa di rischiare la vita ma continua a vedere il suo amante perché la trasgressione delle regole le permette di avvicinarsi al senso di libertà anelato. Unico posto in cui si sente veramente felice è sul tappeto dove crea il suo telo, sorride e canticchia fra sé una canzone allegra.
La svolta finale è l’azione di una donna che decide di prendere in mano il suo destino. Sa che rimanendo nulla cambierà con il marito, ma non partire significa evitare una seconda condanna. Ripensa alle parole dell’amante, sarebbe andata con lui se lui le avesse concesso di scegliere cosa fare della propria vita. Ma allo stato attuale delle cose, seguirlo avrebbe significato passare sotto la dipendenza di un altro uomo. Il piano della fuga non era un modo di ricominciare: esattamente come il resto della sua vita, tutto era già stato deciso e predisposto per lei e il suo futuro. La narrazione quasi senza dialoghi, soprattutto nella prima parte, permette di immedesimarsi ancora più nel mondo chiuso in cui la protagonista si trova a vivere e di capire il suo atto di ribellione contro l’illusione di un riscatto che ha le sembianze di un’altra prigione.
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Qui potete vedere Sorkhe Tirah – Dark Red:
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