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HOT CORN PICKS | The Last Post Office, il Bangladesh e un corto sorprendente

Il cortometraggio di Aung Rakhine? Una piccola perla del programma di Locarno Shorts Weeks

Una scena di The Last Post Office
Una scena di The Last Post Office

MILANO – Dalle affollate città moderne ai confini del Bangladesh. Questa volta, per Locarno Shorts Weeks, abbiamo scelto il corto The Last Post Office, un’opera che lascia davvero a bocca aperta. Diretto da Aung Rakhine, aspirante filmmaker indigeno che, come altri, tenta di raccontare le proprie storie nonostante le barriere, narra una fiaba allegorica, sfruttando al massimo quella peculiare caratteristica del cinema di essere causa e motore di meraviglia. In un luogo perso nel tempo e nello spazio, dimenticato da tutti (forse anche da Dio?), circondato da montagne, come unico segno di civilizzazione in una natura selvaggia, un solitario ufficio postale si erge sulla riva di un lago. Il mistero? Tutti gli impiegati che ci lavorano, prima o poi, spariscono.

The Last Post Office
L’ufficio postale

Veniamo subito calati nella quotidianità dei due nuovi impiegati. Due uomini innamorati, che passano le ore con quel poco di lavoro che c’è da fare, giocando a un gioco da tavolo, camminando avanti e indietro: in mezzo al nulla, il tempo passa lentamente. Una vita tranquilla, semplice, in un territorio fuori dal mondo, come un segreto che nessuno conosce. La regia di Rakhine si avvicina al sublime. Giochi di luci e ombre saturano le immagini, inquadrature che giocano su simmetrie e incastri geometrici. Persino la musica, assente, contribuisce all’atmosfera, lasciando che il dolce suono dell’acqua e della natura accompagni lo spettatore nella visione. Sembra quasi di avanzare in punta di piedi in un sogno, una versione alterata della realtà che nella sua semplicità crea disorientamento.

The Last Post Office
The Last Post Office

Se non fosse per il lieve, costante ronzio che permane di sottofondo, a presagio di un qualche pericolo, potremmo quasi desiderare di trovarci lì anche noi. Il silenzio pervade ogni cosa, i due non parlano mai tra di loro. «Volete fare un gioco?». Dopo un temporale, si affaccia alla finestra l’imprevedibile. Una figura strana, un uomo anziano con occhi azzurri che sembrano guardare oltre l’apparente velo che copre tutto. Porta con sé una gabbia per uccelli vuota e un libro, di un autore sconosciuto, con simboli e figure.

the last post office
Un momento del corto di Aung Rakhine

Pare portare con sé la memoria del mondo. Il mistero non è visibile, lo capiamo mentre osserviamo lo spettacolo della natura: un ragno tesse la sua tela. Parte di un disegno più grande del quale non ci è dato sapere. La verità si compie al tramonto, quando due uccelli compaiono nella gabbia ormai non più vuota e dei due impiegati, nemmeno l’ombra. La figura cristologica dell’anziano si mostra nella quiete assoluta, unica presenza umana (o forse no?) a disturbare la perfezione di quel luogo. Abbandonando la barca con cui era venuto, si allontana da quell’ultimo ufficio postale camminando sull’acqua.

The Last Post Office
Un frame di The Last Post Office

L’incertezza del futuro di cui sono consapevoli fa da contraltare alla vita serena che i due impiegati conducono. Incertezza che si palesa negli attimi finali. In un ciclo continuo, la vita all’ufficio postale va avanti. Un altro bollettino radio annuncia la scomparsa, le nuove indagini che ancora non hanno portato risultati. Già sappiamo che dopo di loro altri due impiegati vivranno lì, e che il loro destino sarà esattamente lo stesso. L’acqua del lago continua a scorrere, le nuvole continuano a passare indifferenti, il mondo prosegue imperterrito. Niente più da vedere qui. Niente.

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Qui potete vedere il trailer di The Last Post Office

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