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The Stanford Prison Experiment e quella volta che Ezra Miller finì in prigione

Prima di Spielberg e Flash, Tye Sheridan e Ezra Miller girarono un film esperimento. Attualissimo…

The Stanford Prison Experiment
Una scena di The Stanford Prison Experiment

MILANO – Ma cos’è esattamente The Stanford Prison Experiment? The Stanford Prison Experiment – che potete vedere in digitale su CHILI – è il terzo titolo ispirato al vero esperimento condotto, nel 1971, dallo psicologo statunitense Philip Zimbardo – qui interpretato da Billy Crudup. Come già The Experiment del tedesco Oliver Hirschbiegel, nel 2001, e il remake hollywoodiano, The Experiment, firmato da Paul Scheuring nel 2010, la pellicola racconta di ventiquattro studenti volontari – tra cui Ezra Miller e Tye Sheridan, prima di Hollywood e del successo con Animali fantastici e Ready Player One – rinchiusi all’interno di un set in cui si ricostruisce una prigione, divisi casualmente tra guardie e detenuti per dimostrare come i comportamenti umani non derivino da predisposizioni innate, bensì dall’ambiente che li circonda e dal ruolo sociale che interpretano.

The Stanford Prison Experiment
Da sinistra: Michael Angarano, Tye Sheridan Johnny Simmons e Ezra Miller

L’esperimento appartiene al filone d’avanguardia psicologico-sociale che travolse la California nella seconda metà degli anni Sessanta, tempi in cui le riletture sartriane di Husserl e Heidegger si sovrapposero alle domande su cosa aveva potuto rendere possibile il nazionalsocialismo tedesco, seguendo anche l’onda delle riflessioni di Hannah Arendt iniziate nel ’48 con Le origini del totalitarismo e venute alla ribalta nel ’63 con La banalità del male. Non è un caso, infatti, che proprio Palo Alto, a pochi chilometri da Standford, fu la città in cui nacque, nel 1967, un’altra osservazione sperimentale con premesse teoriche simili poi raccontata al cinema, nel 2008, ne L’onda (altro film assolutamente da recuperare).

Le finte guardie di The Stanford Prison Experiment

A differenza delle precedenti trasposizioni cinematografiche, The Stanford Prison Experiment non drammatizza però gli eventi scegliendo di focalizzarsi, sin dall’inizio, su un protagonista da seguire e con cui empatizzare, eliminando, inoltre, location cupe e le dinamiche tipiche del thriller (quando non addirittura dell’horror) per parlare allo stomaco dello spettatore. Kyle Patric Alvarez opta, al contrario, per un approccio distaccato, scientifico, che segue il punto di vista dello psicologo Zimbardo e delle telecamere da lui predisposte per l’osservazione dell’esperimento. E’ un reality show e lo spettatore ne è consapevole.

The Stanford Prison Experiment
E i finti prigionieri

I costumi e il trucco sono volutamente eccessivi, gli anni Settanta sono richiamati dai basettoni di ragazzi che prendono con leggerezza la partecipazione ad un esperimento che, male che vada, gli frutterà quindici dollari al giorno. Il loro atteggiamento è quasi sprezzante, a sottolineare l’aspetto di farsa di una messinscena poco credibile in cui i detenuti sono tutti innocenti e sanno benissimo di non essere in prigione. Ma l’esito non cambia, e, anzi, l’aspetto irrazionale del graduale ma rapido cambiamento di atteggiamento delle guardie, prima, e, dei detenuti poi, diventa ancor più claustrofobico e terribile, perché non c’è nessun motivo per cui le cose debbano andare in quella direzione.

Billy Crudrup nel ruolo dello psicologo Philip Zimbardo.

Le prime violenze fisiche arrivano già nella seconda giornata di detenzione, scatenando una reazione a catena in cui i detenuti fanno le barricate, le guardie fanno le guardie, e la prigione finta finisce per diventare vera, almeno nella psicologia dei ventiquattro malcapitati.  L’esperimento, quindi, è riuscito a dimostrare la sua tesi andando oltre le previsioni dello stesso scienziato. E ora che si fa? Si sospende tutto? O si continua per vedere fino a che punto l’animo umano è in grado di arrivare? Un film dal taglio documentaristico; un racconto che ci coglie impreparati, costringendoci, e attraverso l’agire dei personaggi, a guardare dentro noi stessi per ribaltare i giudizi sulle azioni altrui e darci l’opportunità di chiederci come avremmo agito noi. E minando così alcune delle nostre certezze…

  • Volete vedere The Stanford Prison Experiment ? Lo trovate su CHILI

Qui il trailer del film

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