ROMA – No, la nostra ricerca non finisce mai, la caccia ossessiva ai titoli dimenticati, anche se difficili da reperire. E allora ecco qui il caso del giorno, trovato dopo aver visto The Tower, altro cartoon adulto sulla Palestina (ve ne abbiamo parlato qui). Qui invece si tratta di un dramma familiare, intimo e doloroso, che si intreccia con la grande storia, presentato nel 2018 a Annecy. Così, un bimbo strappato ai genitori diventa l’emblema della follia della guerra, il potente motore narrativo di un’opera toccante: Funan non è però un film, ma un cartone animato firmato da Denis Do, che racconta la vicenda della coppia formata da Chou e Khoun che, dopo la presa del potere da parte dei Khmer Rossi nel 1975, vengono costretti a separarsi dal figlio di quattro anni, Sonhan. Quattro sono anche gli anni, dal 1975 al 1979, in cui il regime comunista di Pol Pot seminò terrore in Cambogia, eliminando ogni oppositore.
Doppiato nella versione originale da Bérénice Bejo e Louis Garrel, uscito in Francia e negli Stati Uniti addirittura nel 2019 e in Italia ancora inedito – perfino in streaming! – Funan nasce dalla storia dello stesso regista che si è ispirato alla madre per narrare, da un punto di vista diverso, un periodo storico denso di contraddizioni e violenza. È la donna che cerca di riunirsi al figlio, lottando contro ogni tipo di sopruso e privazione, è lei la protagonista assoluta del lungometraggio che vuole essere un inno alla forza di una figura femminile senza paura. Rinchiusa in un campo di lavoro, Chou vedrà infatti sparire tutti gli affetti importanti, uno dopo l’altro e per restare in vita dovrà far appello a tutta la sua resistenza.
Ma chi erano i Khmer Rossi? Per spiegare la portata di un fenomeno politico del genere basta un numero: due milioni di persone uccise perché ritenute pericolose per il leader, Pol Pot. Si trattava per lo più di appartenenti a classi di elevata cultura. Bastava indossare gli occhiali per essere considerato nemico della Kampuchea Democratica (il nome della Cambogia durante gli anni della dittatura). Una vera e propria opera di purificazione che ha di fatto cancellato un quarto della popolazione, separando migliaia di nuclei familiari allo scopo di poterne educare i figli attraverso la propaganda. Nati nel 1960 dall’esercito popolare vietnamita nel Nord del Paese, i Khmer appoggiarono questi ultimi nella guerra contro gli americani e quando l’esercito statunitense lasciò i territori, si insediarono in Cambogia.
Delazione, paura, angoscia. Durante la dittatura i più elementari principi democratici vennero cancellati in favore del regime. Nato a Parigi molti anni dopo, nel 1985, Denis Do con Funan non ha avuto però l’intenzione precisa di dirigere un film politico, ma solo rendere omaggio alla grandezza della madre attraverso uno stile come il cartoon: «La comprensione è il primo passo verso il perdono. Per questo non mi interessava il contesto politico, quanto esplorare sentimenti e relazioni umane. E sapere di essere il frutto di un evento del genere mi ha spinto a farmi domande precise», ha spiegato il regista.
Che cos’è quindi Funan? «Un tributo a coloro che hanno perso tutto ma che ancora esistono», ha precisato Do, «è un grazie sentito alla loro determinazione e alla fiducia nella vita». Ma è anche un modo unico e originale di intendere l’animazione, lontano dalla costrizione kids o family, che si affianca a opere importanti come The Tower, appunto, ma anche a Flee di di Jonas Poher Rasmussen (ve ne avevamo parlato qui) oppure a Valzer con Bashir di Ari Folman oppure a Ancora un giorno di Damian Nenow e Raúl de la Fuente (qui) o Josep (altro inedito, questa volta sulla guerra civile in Spagna), senza dimenticare quello che abbiamo appena visto a Cannes, ovvero La plus précieuse des marchandises di Michel Hazanavicius. Speriamo di vedere presto anche Funan, perché merita davvero una visione. E una riflessione.
- INTERVISTE | Mats Grorud, la Palestina e un cartoon: The Tower
- OPINIONI | Quando il cartoon diventa adulto
- VIDEO | Qui potete vedere il trailer di Funan:
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