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IL CASO | Il genocidio cambogiano in un cartone animato? L’impresa di Funan

La dittatura dei Khmer Rossi, Pol Pot e l’omaggio alla resistenza di un popolo: la sfida di Denis Do

Un'immagine tratta dal cartone animato di Denis Do, Funan.

ROMA – In tempi sospesi, una cosa si può fare: recuperare titoli dimenticati, anche se magari difficili da reperire. Ecco qui il caso del giorno: un dramma familiare, intimo e doloroso, che si intreccia con la grande storia. Così, un bimbo strappato ai genitori diventa l’emblema massimo della follia della guerra, il potente motore narrativo di un’opera toccante. Il titolo è Funan, ma non è un film, bensì un cartone animato firmato da Denis Do, che racconta la vicenda della coppia di sposi formata da Chou e Khoun che, dopo la presa del potere da parte dei Khmer Rossi nel 1975, vengono costretti a separarsi dal figlio di quattro anni, Sonhan. Quattro sono anche gli anni, dal 1975 al 1979, in cui il regime comunista di Pol Pot seminò terrore in Cambogia, eliminando ogni oppositore.

Funan
Il piccolo protagonista di Funan.

Doppiato nella versione originale da Bérénice Bejo e Louis Garrel, in Italia ancora (purtroppo) inedito, Funan nasce dalla storia dello stesso regista che si è ispirato alla madre per narrare, da un punto di vista diverso, un periodo storico denso di contraddizioni e violenza. È la donna che cerca di riunirsi al figlio, lottando contro ogni tipo di sopruso e privazione, è lei la protagonista assoluta del lungometraggio che vuole essere un inno alla forza di una figura femminile senza paura. Rinchiusa in un campo di lavoro, Chou vedrà infatti sparire tutti gli affetti importanti, uno dopo l’altro e per restare in vita dovrà far appello a tutta la sua resistenza.

Funan
Un’altra immagine del film.

Ma chi erano i Khmer Rossi? Per spiegare la portata di un fenomeno politico del genere basta un numero: due milioni di persone uccise perché ritenute pericolose per il leader, Pol Pot. Si trattava per lo più di appartenenti a classi di elevata cultura. Bastava indossare gli occhiali per essere considerato nemico della Kampuchea Democratica (il nome della Cambogia durante gli anni della dittatura). Una vera e propria opera di purificazione che ha di fatto cancellato un quarto della popolazione, separando migliaia di nuclei familiari allo scopo di poterne educare i figli attraverso la propaganda. Nati nel 1960 dall’esercito popolare vietnamita nel Nord del Paese, i Khmer appoggiarono questi ultimi nella guerra contro gli americani e quando l’esercito statunitense lasciò i territori, si insediarono in Cambogia.

Madre e figlio: i protagonisti di Funan.

Delazione, paura, angoscia. Durante la dittatura i più elementari principi democratici vennero cancellati in favore del regime. Nato a Parigi molti anni dopo, nel 1985, Denis Do con Funan non ha avuto però l’intenzione precisa di dirigere un film politico, ma solo rendere omaggio alla grandezza della madre attraverso uno stile come il cartoon: «La comprensione è il primo passo verso il perdono. Per questo non mi interessava il contesto politico, quanto esplorare sentimenti e relazioni umane. E sapere di essere il frutto di un evento del genere mi ha spinto a farmi domande precise», ha spiegato il regista.

Un altro frame di Funan.

Che cos’è quindi Funan? «Un tributo a coloro che hanno perso tutto ma che ancora esistono», ha precisato Do, «è un grazie sentito alla loro determinazione e alla fiducia nella vita». Uscito a marzo dell’anno scorso in Francia, in Italia visto solo alla Festa di Roma, Funan ancora non ha distribuzione, eppure è un modo unico e originale di intendere il cartone animato, lontano dalla costrizione kids o family. Speriamo di vederlo presto, perché merita.

  • Qui potete vedere il trailer di Funan:

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