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Caligola | Malcolm McDowell, Helen Mirren e la maledizione del cult di Tinto Brass

Peter O’Toole e Bob Guccione, il sesso, il ritorno a Cannes. In streaming su Minerva Classic

Caligola
Malcolm McDowell nel ruolo di Caligola nel film di Tinto Brass.

ROMA – «Un mix irresistibile di arte e genitali». Sì, potrebbe essere questa la perfetta tagline per pubblicizzare oggi un’opera come Caligola di Tinto Brass. La frase in realtà non è nostra, ma di Helen Mirren, che su quel set, a trentaquattro anni, indossò i panni di Cesoria. Lei era solo l’ultimo nome di una schiera di interpreti straordinari come Malcolm McDowell, Peter O’ Toole e John Gielgud a cui seguirono Teresa Ann Savoy, Adriana Asti, Giancarlo Badessi, Paolo Bonacelli, Mirella D’Angelo, John Steiner e Leopoldo Trieste. Un’esperienza surreale, definita poi dalla Mirren con parole molto precise: «Fu un trip acido. Un viaggio fantastico fatto di momenti belli e brutti. A tratti orribile ma meraviglioso». Esattamente, specie per come il risultato finale di Caligola non riuscì a far collimare ambizioni artistiche e sfrenate esigenze produttive. Ma andiamo con ordine e riavvolgiamo il nastro di una storia unica, che ora torna moderna per il passaggio a Cannes.

Un frame di Caligola. Il film uscì negli Stati Uniti il 13 maggio 1979.

Sulla produzione questo ebbe numerosi (de)meriti il produttore Bob Guccione, passato alla storia come fondatore ed editore della rivista per adulti Penthouse dal 1965 al 2003, anno delle sue dimissioni. Fu lui che tradì del tutto la visione di Brass e del progetto filmico: «Guccione dirottò il film svilendo il lavoro di tutti quanti, disse la Mirren, condannando Caligola alla stregua di malfamato cult, un peplum tristemente pornografico. E questo nonostante tutto ciò che c’è intorno a Caligola, a partire dall’accuratezza della ricostruzione storica dello scenografico Impero Romano, sino al tema dello script di Brass su di un film inteso in modo singolare: «Un film antiepico su di un antieroe dal percorso di discendenza autoinflitta e antisociale». Un uomo nato mostro, corroso del tutto dal potere assoluto, ossessionato dalla morte e lasciato alla deriva delle sue pulsioni violente.

Malcolm McDowell è l'Imperatore Caligola in una scena del film
Malcolm McDowell è l’Imperatore Caligola

Una visione che a sua volta tradì il tema del primo draft a firma Gore Vidal (Gore Vidal’s Caligula) ingaggiato da Guccione con un assegno da 200.000 dollari dopo che la prima scelta, Lina Wertmüller – che in teoria avrebbe dovuto anche dirigerlo – produsse un draft ritenuto non adeguato dal vulcanico produttore. Solo che la visione di Vidal era fortemente incentrata sull’omosessualità di un Caligola nato buono, sano, e poi corrotto: «Rimuovemmo molto del materiale che Gore aveva originariamente firmato nello script, quindi il film ora è un po’ più sensuale rispetto al draft preliminare. Tanto per fare un esempio, all’inizio – a parte tra Caligola e sua sorella Drusilla – non c’erano praticamente scene eterosessuali. Ogni scena di sesso scritta da Vidal aveva un contenuto omosessuale». Del resto era un progetto che lo scrittore sentiva tremendamente suo.

«Un film antiepico su di un antieroe dal percorso di discendenza autoinflitta e antisociale»
«Un film antiepico su di un antieroe dal percorso di discendenza autoinflitta e antisociale»

L’ascesa e caduta dell’Imperatore Caligola suonava perfetta come tema del primo film interamente finanziato dalla Penthouse Films International, soprattutto dopo aver contribuito alla realizzazione di classici degli anni Settanta come Chinatown, Quella sporca ultima meta e Il giorno della locusta. L’obiettivo? Realizzare un film esplicito, per adulti, all’interno di una narrazione cinematografica che avesse elevati valori di produzione: «Ho promesso che Caligola avrebbe cambiato radicalmente la percezione del cinema per adulti da parte del pubblico di spettatori. L’ho realizzato per le masse, non per pochi sedicenti elitari. Ogni volta che leggo una recensione negativa godo nel sapere che l’autore, per scriverla, ha speso 7 dollari e mezzo», dirà poi Guccione. Una consegna che Vidal, dal canto suo, sposò pienamente, finendo con l’improntare lo script in modo da rendere evidente ed esplicito tutto ciò che in Ben-Hur fu lasciato sottinteso e inespresso.

Peter O'Toole è l'Imperatore Tiberio in una scena di Caligola
Peter O’Toole è l’Imperatore Tiberio

Infine fu Brass che nel liquidare malamente lo script di Vidal («Il lavoro di un arteriosclerotico che invecchia») affinò le inerzie di Caligola in modo che cogliessero appieno l’obiettivo produttivo di Guccione. Ed ecco quindi orge, falli decorativi, tanta nudità femminile, una riscrittura però che puntò maggiormente sulle necessità della narrativa visiva, non tanto quindi in termini dialogici o di contenuto originale. «Caligola è frutto di uno sforzo collettivo che coinvolse un gran numero di artisti e artigiani», disse Guccione. «La fine del lavoro di Vidal ha coinciso con l’inizio di quello di Brass». Di tutt’altro avviso Vidal che in un’intervista a Time prese poi le distanze da Caligola definendo Guccione un parassita e Brass un megalomane. Il risultato fu che Vidal venne rimosso dai crediti del film liquidandolo nei titoli di coda come: «Adattato da uno script di Gore Vidal».

Caligola fu il primo film interamente finanziato dalla Penthouse Films International di Bob Guccione dopo i contributi offerti per Chinatown, Quella sporca ultima meta e Il giorno della locusta
Caligola fu il primo film interamente finanziato dalla Penthouse Films International di Bob Guccione

Avviata la lavorazione nel 1976, Caligola fu attanagliato da diversi problemi sul set, a partire da McDowell che Guccione definì superficiale e avaro, sino ad un O’Toole particolarmente alticcio durante le riprese. Le vere grane, però, arrivarono nell’approccio al contenuto sessuale del film. Dalla sua, infatti, Brass scelse di non concentrarsi sugli elaborati set di Danilo Donati e Franco Velchi, lasciando la nutrita schiera delle modelle di Penthouse (note come Penthouse Pets) sullo sfondo, a volte non filmandole affatto nelle scene di sesso esplicite. Questo scatenò l’ira apparentemente scherzosa di Guccione: «Tinto farebbe recitare le parti sensuali destinate alle Penthouse Pets a donne anziane, brutte e rugose». La verità era un’altra. Con un cast del genere e una simile cura scenografica, Caligola poteva essere molto più di quello che si potrebbe definire nel prodotto finito come un porno ambizioso vestito da peplum.

Helen Mirren è Cesoria in Caligola
Helen Mirren è Cesoria. All’epoca delle riprese aveva 34 anni.

Poteva (e doveva!) essere un film unico, follemente allegorico e totalizzante di violenza, sesso e cupidigia. Un film vero insomma, un’occasione di grandezza – e per certi versi lo è stato – e questo Brass lo sapeva benissimo. A pensarla diversamente su Caligola fu Guccione che non si discotò mai da quella che era la sua visione sin dal principio. Una visione da 17 milioni e mezzo di dollari, tanto fu il budget che la sua Penthouse Films Production mise a disposizione di Brass. Conclusasi la lavorazione nel dicembre dello stesso anno, Brass portò a casa talmente tanti chilometri di pellicola che, secondo Guccione: «Si potrebbe fare la versione originale di Ben-Hur almeno cinquanta volte». Nelle fasi iniziali della pre-produzione, dopo che Brass aveva ultimato il montaggio della prima ora di Caligola, il film gli fu letteralmente strappato dalle mani.

«Per me la pornografia è un'opera d'arte cattiva, al contrario della buona arte. E non credo che Caligola si qualifichi sotto il titolo di cattiva arte» (Bob Guccione)
«Per me la pornografia è un’opera d’arte cattiva, al contrario della buona arte». Bob Guccione

Il suo primordiale cut preliminare fu disossato e rimontato da altri montatori per conto di Guccione e di Penthouse che ne cambiarono drasticamente il tono e la struttura, riorganizzando in modo significativo molte scene. Perfino la musica scelta da Brass fu rimpiazzata. Parallelamente, poche settimane dopo la fine delle riprese, Guccione e il regista Giancarlo Lui tornarono in gran segreto sul set con una troupe ridotta all’osso e le Penthouse Pets Anneka Di Lorenzo e Lori Wagner – fino a quel punto comprimarie nella versione di Caligola di Brass – girando una serie di inserti hardcore che mutarono per sempre il destino filmico e il suo retaggio pluriquarantennale. Il risultato? Brass rinnegò il film al punto che – proprio come accaduto con Vidal – nei credits appare sotto la voce «Principal Photography», non come regista.

John Gielgud è Nerva in Caligola
John Gielgud è Nerva

Un cambio di direzione raccontato così dal vulcanico produttore: «Non avevo mai avuto intenzione di coinvolgermi, di certo non nelle riprese effettive, finché non ho visto il modo in cui Brass ha maltrattato e brutalizzato la sessualità di Caligola. Non importa quali istruzioni gli ho dato, non importa quante volte abbiamo discusso di una scena e concordato sulla sua interpretazione, Brass fece di tutto per fare il contrario. Quando ero a Roma e presente in studio, lavorava entro i parametri che avevamo inizialmente concordato. Nel momento in cui lasciavo Roma o addirittura voltavo le spalle, se ne andava per conto proprio». La post-produzione, durata due anni, fu talmente lunga e accidentata che il co-produttore Franco Rossellini (nipote di Roberto), a nome della Felix Cinematografica, temeva che ad un certo punto Caligola non avrebbe mai visto il buio della sala.

Helen Mirren dirà di Caligola: «Un trip acido. Un viaggio fantastico fatto di momenti belli e brutti. A tratti orribile ma meraviglioso»
«Un trip acido. Un viaggio fantastico fatto di momenti belli e brutti. A tratti orribile ma meraviglioso»

Al fine di non sprecare le costose scenografie e i costumi di scena, scelse di riciclarle avviando la produzione di Messalina, Messalina!, commedia sessuale di Bruno Corbucci distribuita nei cinema italiani nel 1977 (due anni prima che Caligola fosse distribuito), con nel cast quelle Anneka Di Lorenzo e Lori Wagner nei ruoli del film di Brass. All’estero l’escamotage di Rossellini diede i suoi frutti al punto che, negli anni Ottanta, fu spacciato come sequel diretto sotto il titolo di Caligola II. Distribuito nei cinema italiani l’11 novembre 1979 dalla P.A.C – Produzioni Atlas Consorziate, Caligola ebbe vita brevissima. Nonostante avesse incassato bene in appena quattro giorni di distribuzione, la Polizia di Stato sequestrò il film il 15 novembre 1979 per oscenità. E ci rimase fino al 1981, dopo che un’amnistia estinse il reato.

Teresa Ann Savoy è Drusilla, in origine il ruolo fu assegnato a Maria Schneider
Teresa Ann Savoy è Drusilla, in origine il ruolo fu assegnato a Maria Schneider

Il provvedimento permise a Rossellini di accedere ai negativi del film rimasti in giacenza presso il laboratorio Technicolor. Nella speranza di potersi rifare dei danni economici causati dal sequestro, siglò un accordo con la Gaumont per ridistribuire Caligola con un nuovo montaggio, una nuova durata (133 minuti) e un nuovo titolo (Io, Caligola). I censori italiani avvallarono l’operazione, non prima di licenziare un cut della durata di soli 86 minuti e il divieto ai minori di 18 anni. Il 31 marzo 1984 il film era di nuovo al cinema ma, anche in questo caso, per poco tempo. Il successivo 3 aprile infatti il Procuratore Capo di Forlì, Mario Angeletti, ordinò il sequestro di Io, Caligola su tutto il territorio nazionale per «La palese oscenità nel suo complesso con reiterazioni di immagini di rapporti sessuali anche innaturali, e scene raccapriccianti e di carattere violento».

Più che per le sequenze esplicite, il film colpisce per alcuni momenti di brutale e insensata violenza
Più che per le sequenze esplicite, il film colpisce per alcuni momenti di insensata violenza

All’estero andò perfino peggio perché negli Stati Uniti Guccione rifiutò di presentare Caligola alla MPA (Motion Pictures Association) nel 1979 perché non voleva che ricevesse un umiliante rating X, a suo dire infatti: «Non vedo Caligola come pornografico, e di certo non ho deciso di fare un film pornografico. È una questione di definizioni. Per me la pornografia è un’opera d’arte cattiva, al contrario della buona arte. E non credo che Caligola si qualifichi sotto il titolo di cattiva arte. È stata un’enorme impresa commerciale e allo stesso tempo volevamo fare una dichiarazione seria. Abbiamo fatto con le immagini cinematografiche ciò che tanti autori e storici hanno fatto con le parole: abbiamo ricreato uno stile di vita complesso che fiorì prima che Cristo e la filosofia giudeo-cristiana nascessero». Il risultato? Quando fece trasferire le bobine dall’Italia, alla dogana il film fu sequestrato ma non dichiarato osceno.

Giancarlo Badessi, Anneka Di Lorenzo (protagonista anche di Messalina, Messalina) e John Steiner in una scena di Caligola
Giancarlo Badessi, Anneka Di Lorenzo (protagonista anche di Messalina, Messalina) e John Steiner

Presentato in anteprima mondiale l’1 febbraio 1980, al Trans Lux East Theatre di New York – noleggiato da Guccione e ribattezzato per l’occasione Penthouse East – l’organizzazione anti-pornografia Morality in Media intentò causa contro di lui e i funzionari federali. A Boston le autorità preposte sequestrarono Caligola. Guccione fece loro causa per una ragione semplicissima: «Le sfide legali e le relative controversie morali forniscono un tipo di copertura di marketing che nessuna somma di denaro potrà mai comprare» e la vinse! Il tribunale di Boston sottopose Caligola al cosiddetto Test di Miller, noto anche come Test di oscenità a tre punte, superato brillantemente. A detta del giudice, infatti, pur mancando il valore artistico e scientifico a causa della rappresentazione del sesso per soli interessi pruriginosi, la rappresentazione dell’Antica Roma conteneva innegabili valori politici nel suo essere una sferzante allegoria della corruzione nelle alte sfere.

Malcolm McDowell ed Helen Mirren in una scena di Caligola
Malcolm McDowell ed Helen Mirren

Ad oggi, a conferma di una sua definitiva riabilitazione nel mercato cinematografico, Caligola – disponibile (come Io, Caligola) su Minerva Classic che trovate sia su Prime Video che su The Film Club – ha incassato oltre 75 milioni di dollari al box-office rendendolo, a conti fatti, il più profittevole film per adulti mai realizzato. Il resto lo ha fatto la Ultimate Cut da 173 minuti presentata a Cannes 76, che è riuscita a ridare ulteriore smalto e vigore ad un’opera talmente imperfetta nella sua autosabotata realizzazione e resa finale – dove a fare veramente scalpore è, più che gli stridenti inserti di sesso esplicito, la violenza insensata (ma narrativamente coerente) – da fare il giro e giungere a noi come audace gemma filmica dalla bellezza sfolgorante e folle. Un film inviolabile, indomabile, inarrestabile e talmente estremo da risultare leggendario.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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