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Cabaret | Bob Fosse, gli Oscar, Liza Minnelli e la Germania nazista

Michael York, Helmut Grier, Christopher Isherwood e quel confronto con Il Padrino…

Un dettaglio di uno dei poster di Cabaret.

ROMA – Il 27 marzo 1973, a Los Angeles, si tenne la 45°edizione degli Academy Awards in cui, si sapeva già, sarebbe stata una gara fino all’ultima statuetta tra Il Padrino di Francis Ford Coppola (che vi avevamo raccontato qui) e Cabaret di Bob Fosse. Il risultato? L’opera del regista si portò a casa l’ambito Oscar al film (oltre che Miglior attore protagonista e Miglior sceneggiatura non originale), il musical di Fosse fece piazza pulita con 8 Oscar tra cui regia, fotografia, attrice protagonista. Eppure, se la prova del tempo ci racconta di un Il Padrino assunto allo status de «Il più grande film mai realizzato» nel suo porsi come traghettatore filmico tra il cinema moderno americano e quel postmodernismo prossimo ad affacciarsi, Cabaret ha saputo porsi nell’immaginario collettivo come una grande pagina di cinema e di riscatto artistico. Ma andiamo con ordine per questa puntata di Longform (qui trovate le altre).

I titoli di testa di Cabaret
I titoli di testa di Cabaret

Perché Cabaret non è stato soltanto il capolavoro di Fosse, ma anche una storia vera e il primo musical adulto. Tratto dalla pièce I’m a Camera di John Van Druten e dal libretto del musical di Joe Masteroff del 1965 che varrà al regista Harold Prince il Tony Award nel 1967, a loro volta ispirati dai racconti Mr Norris se ne va/Addio a Berlino/Sally Bowles di Christopher Isherwood degli anni Trenta, le vicende teatrali/filmiche traggono ispirazione da una dolorosa vicenda ambientata in Germania al tempo della Repubblica di Weimar. Eravamo nel pieno dell’età d’oro del jazz. Nel 1929 Isherwood si trasferì a Berlino per vivere liberamente la sua vita da uomo apertamente omosessuale così da godersi la vita notturna della città. A quel tempo Isherwood condivise un appartamento a Nollendorfstrasse/Schöneberg con Jean Ross una chanteuse bohémien di cabaret britannica e aspirante attrice cinematografica.

«Perché Cabaret non è stato soltanto il capolavoro di Fosse, ma anche una storia vera e il primo musical adulto»

Poco tempo dopo incontrarono John Blomshield, un ricco playboy che iniziò a perseguitare sessualmente sia Isherwood che la Ross. Dissoltosi nel nulla dopo aver chiesto ad entrambi di accompagnarlo in un viaggio all’estero, la Ross rimase incinta, Isherwood, per salvarle la reputazione, raccontò a tutti di essere il padre, e decisero per l’aborto (senza successo). Contemporaneamente la situazione politica in Germania deteriorò in fretta. L’Ermächtigungsgesetz del Marzo 1933 emanata dal Reichstag diede pieni poteri ad Adolf Hitler avvolgendo Berlino in un clima di «Povertà, disoccupazione, manifestazioni politiche e combattimenti di strada tra forze dell’estrema sinistra e dell’estrema destra» per usare le parole dello stesso Isherwood che, assieme ad altri abitanti del cabaret di Berlino, fuggi all’estero, l’alternativa sarebbero state le atroci pene dei campi di concentramento: la narrazione di Cabaret parte proprio da qui.

Michael York, Helmut Grier e Liza Minnelli in una scena di Cabaret
Michael York, Helmut Grier e Liza Minnelli

Da quel gioco di simbiosi tra passato e presente, storia vera e finzione cinematografica, dei protagonisti Isherwood/Brian Roberts (Michael York), Blomshield/Maximilan von Heune (Helmut Griem) e di Jean Ross/Sally Bowles (Liza Minnelli) che nel susseguirsi di evergreen come Mein Herr/Maybe This Time/Tomorrow Belongs to Me/Cabaret, vede i suoi protagonisti rifugiarsi dai violenti orrori della Germania nazista dietro un sipario fatto di musica e balli, paillettes e riflettori, in un’arte viva, vera, decadente, doppiamente catartica della loro natura libertina e delle pene d’amore reciprocamente inflitte tra nuovi inizi e tradimenti. Il Cabaret cinematografico sarebbe dovuto inizialmente essere prodotto da Cinerama che nel 1968 stipulò un accordo verbale con Isherwood. Poco dopo subentrò la Allied Artists che nel 1969 pagò la somma record di 1,5 milioni di dollari di diritti di utilizzazione per un budget che sarebbe poi ammontato a poco meno di 5 milioni equamente divisi con la ABC Pictures.

Liza Minnelli è Sally Bowles

Nel 1971, fresco del fallimentare musical cinematografico Sweet Charity (il remake all’americana del felliniano Le notti di Cabiria) del 1969, Fosse apprese da Prince che Cy Feuer stava lavorando ad una grossa produzione cinematografica congiunta Allied/ABC. Determinato a dirigerlo, anche per riscattarsi dal lavoro precedente, fece di tutto per farsi assumere ma gli executives Manny Wolf e Marty Baum erano decisamente riluttanti all’idea preferendo registi più affermati e solidi come Billy Wilder, Joseph L. Mankiewicz, o Gene Kelly. Fosse però aveva Feuer dalla sua. Credeva in lui e nel suo talento: vedeva nella sua visione registica e nelle sue intuizioni la ricetta giusta per portarlo sul grande schermo. Pronti-via, insistette per rivedere la sceneggiatura di Jay Presson Allen dando poi incarico a Hugh Wheeler di rivedere alcuni passaggi in modo che fosse il più fedele possibile alle storie di Isherwood che non al libretto di Masteroff del musical originale.

Il numero d'apertura di Cabaret
Il numero d’apertura di Cabaret

In particolare Wheeler e Fosse restaurarono la sottotrama sul gigolò Fritz (Fritz Wepper) e l’ereditiera ebrea Natalia (Marisa Berenson), eliminarono tutti i numeri musicali del Cabaret teatrale per scriverne di nuovi e originali eccetto Tomorrow Belongs to Me, attinsero alla natura omosessuale di Isherwood così da caratterizzare Roberts come un più colorito (e più che altro confuso) bisessuale piuttosto che un monodimensionale eterosessuale e soprattutto lavorarono molto sul personaggio di Sally Bowles e la sua caratterizzazione su cui, in realtà, si aprì un autentico caso artistico. Come scritto dallo stesso Isherwood nelle sue memorie, la Ross era una cantante mediocre: «Aveva una voce profonda e roca. Cantava male, senza espressività, le mani le pendevano lungo i fianchi, eppure era incredibile nella sua bellezza atipica e nel suo non curarsi delle opinioni altrui». Se però, come Sally Bowles, la rese apolitica e antisemita per esigenze narrative, la verità era un’altra.

Cabaret: le perplessità di Jean Ross

Jean Ross era in realtà membro del Partito Comunista e in seguito fu corrispondente di guerra nella guerra civile spagnola. Alla fine degli anni trenta conobbe il giornalista Claud Cockburn che, all’indomani dell’uscita in sala di Cabaret (13 febbraio 1972), scelse di difenderla descrivendola come «Una donna gentile, colta, molto bella, non come la volgare vampira mostrata dalla Minnelli» che abbracciò fermamente la rivoluzione sessuale degli anni d’oro del jazz vedendola coma un’autentica sfida sociale. La Minnelli, per quanto vampiresca, riuscì però nell’impresa di portare in scena una Sally donna libera, poi (forse) vittima degli eventi, ma che nel contare unicamente sul suo equilibrio e il suo talento seppe trovare una via tra le violenti strade della Berlino nazista. Che poi, a dire il vero, non fu quella la prima volta che la Minnelli provò a dare volto e corpo a Sally Bowles. Fece infatti un’audizione per l’omonima produzione di Broadway.

Liza Minnelli e Joel Gray in una scena di Cabaret
Liza Minnelli e Joel Gray

Fu scartata perché ritenuta ancora inesperta, questo pur avendo vinto l’anno precedente Tony Award alla Migliore attrice per il musical Flora the Red Menace. Quando si trattò di portare Cabaret al cinema la Minnelli era già una stella planetaria ben oltre il suo status di Figlia di Judy Garland, era infatti già stata nominata agli Oscar 1970 nella categoria Miglior attrice protagonista per Pookie/The Sterile Cuckoo. Come Sally, la Minnelli ha reinterpretato il personaggio imitando l’attrice Louise Brooks su suggerimento del padre regista Vincente. Ci vide bene. La sua meravigliosa performance in Cabaret le valse l’Oscar come Miglior attrice protagonista. Un premio al tempo interpretato come un risarcimento alla carriera di Judy Garland che lo sfiorò due volte (È nata una stella, Vincitori e vinti) dopo quello giovanile del 1940 (Il mago di Oz/Piccoli attori), nulla però che possa minimamente intaccare il retaggio cinquantennale di un’opera come Cabaret.

La consacrazione di Liza Minnelli

Presentato a Venezia33 il 21 agosto 1972, lsherwood e i suoi amici di quel tempo criticarono il modo in cui Fosse e Cabaret raccontarono la Berlino nazista degli anni trenta, ignorando del tutto la povertà dell’epoca. Tra i membri della cerchia di Isherwood c’era anche il poeta e saggista inglese Stephen Spender che commentò stizzito: «Non c’era un solo club in Cabaret in cui io e Christopher ci saremmo potuti permettere di entrare, tutti eravamo al verde». Isherwood puntò invece il dito sul suo alter-ego Roberts e la forbice caratteriale tra realtà e finzione: «È un inglese bisessuale, ha una relazione con Sally e in seguito con uno degli amanti di Sally. La sua omosessualità è trattata come una debolezza indecente comica, su cui sghignazzare, come bagnare il letto», nonostante questo (almeno) fu profondamente grato a Cabaret per l’impennata nelle vendite dei suoi libri.

Joel Gray vinse l’Oscar 1973 come Miglior attore non protagonista

Le strade della Minnelli e Fosse si incroceranno ancora una volta, sempre nel 1972, per lo special/concerto televisivo Liza with a Z ma prenderanno poi vie diverse. La Minnelli vedrà un decennio a corrente alterna tra grandi performance in progetti ambiziosi (Silent Movie/L’ultima follia di Mel Brooks, New York, New York) e flop clamorosi (I 3 sul Lucky Lady, Nina). Fosse andrà invece a dividersi tra l’audace e caustico biopic semi-omonimo del 1974 sul comico Lenny Bruce (Lenny) con uno straordinario Dustin Hoffman e quel gioiello meta-cinematografico autobiografico (e parecchio auto-referenziale) del 1979, All That Jazz – Lo spettacolo comincia, che attraverso l’alter-ego Joe Gideon/Roy Scheider giunse infine alla definitiva consacrazione artistica. Alla cerimonia degli Oscar 1980 tenutasi il 14 aprile dello stesso anno, incredibile a dirsi, si ripeté il mismatch registico del 1972: tra i candidati c’era proprio Coppola con quell’Apocalypse Now fresco vincitore della Palma d’Oro a Cannes32.

Coppola vs Fosse: un classico mismatch degli Oscar

Solo che stavolta le cose presero una piega diversa. Se il capolavoro coppoliano si presentò come uno dei grandi favoriti accontentandosi di due Oscar (Miglior fotografia, Miglior sonoro) mentre il meta-musical di Fosse ne vincerà ben 4 (Migliore scenografia, Migliori costumi, Miglior montaggio, Miglior colonna sonora), entrambi rimasero a secco nelle categorie più prestigiose: per quelli chiedere al doloroso e caustico dramma familiare Kramer contro Kramer di Robert Benton che con i suoi 5 Oscar (Miglior film, Miglior regia, Miglior attore protagonista, Miglior attrice non protagonista, Miglior sceneggiatura non originale) consacrò all’immortalità artistica le stelle di Hoffman e Meryl Streep ma quella, si sa, è un’altra storia del nostro amato cinema…

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Qui sotto potete vedere il trailer del film:

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