Francesco Parrino ROMA – Ma cosa c’è dietro l’impero? Come si diventa miliardari? Come si raggiunge la cima e ci si rimane per così tanto tempo? Bezos – La storia di un genio è un biopic, il primo biopic, a raccontare la storia vera di un uomo affatto comune, Jeff Bezos, un imprenditore umile ma impacciato che dopo le prime difficoltà ha saputo creare la più grande azienda di e-commerce del mondo, qualcosa senza cui sembra che oggi non riusciamo a vivere: sì, proprio Amazon. Diretto da Khoa Le e con protagonisti Armando Gutierrez, Emilio Estefan Jr., Alex Mitchell e con la partecipazione dell’ex-Hercules Kevin Sorbo, il film, finalmente in streaming su NOWtv, Apple TV+, Prime Video (ovviamente), Google Play e TimVision, è tratto da uno dei (tanti) libri biografici dedicati al magnate: Zero to Hero, Biographies for young readers: The Story of Jeff Bezos.
La particolarità, in questo caso, è che Zero to Hero è destinato ad un pubblico di bambini (5+). Racconta, infatti, la nascita di Amazon di Bezos – Jeff secondo la sinossi di copertina – sottolineandone la creatività e il coraggio di sognare in grande. C’è da dire però che, si, non è mai stato un uomo affatto comune Bezos, ma nemmeno saputosi creare dal nulla. Laureato alla Princeton con il massimo dei voti in Ingegneria Elettronica nel 1986, poi a Wall Street nel settore informatico alla Fitel, alla Bankers Trust e infine presso la DE Shaw & Co. Una società finanziaria di hedge funds di New York dove figurava come Vice-Presidente.
Il più giovane VP nella storia della compagnia (ovviamente). Quando Bezos ha lasciato il suo lavoro alla DE Shaw & Co. guadagnava 223.000 dollari l’anno, vale a dire più di 18.000 dollari al mese in busta paga. Aveva risorse, aveva contatti e soprattutto aveva in mano un’idea da un miliardo di dollari perché capace di vedere lo spiraglio che si stava creando con il World Wide Web in un mondo ancora (tanto) analogico. In tal senso, la migliore trovata narrativa di Bezos sta proprio nell’incontro-scontro tra il presente/analogico e il futuro/digitale, con il Leonard Riggio di Barnes & Noble – qui portato in scena da un sorprendente Sorbo – come ideale antagonista di Bezos perché dalla portata valoriale uguale ma posizionato all’angolo opposto del reticolato narrativo.
Entrambi disposti a tutto per portare avanti i propri sogni, solo appartenenti a epoche diverse. E finisce lì, in verità, perché la maggior parte dei dialoghi di Bezos sono fiacchi e melensi e pecca di armonia la narrazione nella sua crescita. Questo perché a mancare è proprio una mano registica esperta. Di certo non può esserlo quel Khoa Le salito alla ribalta nel 2015 con Walt prima di Topolino (con Gutierrez che figura tra i protagonisti nda), ma con all’attivo più video dimostrativi industriali che prodotti artistici. E l’impressione, a visione ultimata di Bezos, è proprio quella di aver visto qualcosa di molto vicino alla prima categoria.
Ed è un peccato, perché la storia dei primi passi di una della più grandi rivoluzioni socio-economiche dell’ultimo decennio, meritava di essere resa a mezzo filmico in modo più attento e curato. Anche a costo di spaziare, rinunciando alla fedeltà della cronistoria in favore di invenzioni di rilievo. Resta, in ogni caso, una visione imprescindibile per tutti i marketers. Certo, nulla a che vedere con prodotti più ispirati come The Social Network, Blackberry, Steve Jobs, Air e Tetris, ma se volete saperne di più sul grande viaggio che ha portato al primo ordine online su Amazon, Bezos è il film che fa per voi.
- HOT CORN TV | Qui per il trailer di Bezos:
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