ROMA – «Come molti di noi, sto cercando di riconciliarmi con l’essere empatici rispetto alla condizione dei nostri simili, pur essendo preoccupato per la sicurezza. Il problema è complicato e talvolta il modo più semplice per affrontarlo, di cui sono anche personalmente colpevole, è ignorarlo». Così, nel 2017, scriveva Ben Stiller su Time, poco dopo essere stato da poco nominato Goodwill Ambassador per l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati. «Ormai siamo anestetizzati dalla costante notizia di bambini sofferenti ad Aleppo e di orribili violenze e distruzioni nelle zone circostanti. Come possiamo aiutare chi ha bisogno in un modo che possa fare la differenza e che non comprometta la nostra sicurezza?».

Un’esperienza che ha visto l’attore e regista, da poco reduce dal successo della sua serie tv Escape at Dannemora, cimentarsi in viaggio attraverso molte tappe: Germania, Giordania e Guatemala, e che lo ha portato poi in Libano per dare sostegno ai rifugiati, ad otto anni dall’inizio dello guerra in Siria. Stiller ha un ruolo chiave nei progetti dell’UNHCR, soprattutto per quanto riguarda la campagna #WithRefugees, che promuove continuamente sul suo profilo Instagram con post e ricordi, riflessioni e aneddoti.

Il risultato è un vero e proprio reportage fotografico e biografico postato su Instagram, un profilo raro in a cui ad ogni scatto si accompagna la storia delle persone e delle famiglie che ha incontrato e con cui ha vissuto nei molti campi profughi della regione. Impossibile rimanere indifferente davanti alla forza di un popolo, capace di rialzarsi continuamente anche grazie all’energia che, nei bambini in particolare, fa andare avanti tantissime persone nonostante macerie e distruzione.

Una causa umanitaria in cui Stiller mette anima e corpo, nonché pratica assistenza, invitando la gente e i suoi follower (un milione e 700mila persone) a partecipare alla petizione dell’UNHCR: «Questo sono io che saluto, tutti e nessuno, in Libano, per ringraziare. Grazie a tutti i profughi siriani che hanno condiviso le loro storie […] Ci sono così tante persone bisognose nel mondo e la possibilità di connettersi con alcune di queste meravigliose famiglie rende davvero chiaro che possiamo connetterci a livello umano e che abbiamo tutti molto in comune».
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