VENEZIA – Vampiri e ragni, documentari impegnati e detenute, ma anche la Torino di About Last Year e la Gran Bretaga di Hoard: Beatrice Fiorentino, delegato generale della Settimana della Critica, in questa conversazione racconta in anteprima a Hot Corn cosa vedremo nella nuova edizione della SIC a Venezia, un’edizione che per la quinta volta consecutiva vedrà Hot Corn tra i media partner. «Ed è sempre un viaggio», riflette Fiorentino, «dopo mesi passati a selezionare i film, ora siamo curiosi di conoscere l’opinione di pubblico e critica alla Mostra…».
L’EDIZIONE – «Siamo particolarmente eletrizzati per questa edizione perché ci sembrano tutti film potenti. Ad un certo punto ci siamo anche preoccupati perché sono sguardi molto particolari, insoliti, ma per noi è importante non selezionare il film da festival che poi finisce la sua vita qui. E allora ecco la cura dell’immagine a fianco di temi potenti e importanti, un modo di osservare e vedere davvero differente. Queste sono pellicole in cui non ci si nasconde, c’è una precisa voglia di prendere posizione, assumere un punto di vista. Abbiamo una presenza molto forte anche della forma documentario, penso ad un’opera ibrida come Life is not a competition, but I’m winning di Julia Fuhr Manntanti che racconta il percorso di atlete come Annet Negesa e Amanda Reiter».
I TITOLI – «Un altro titolo che voglio segnalare è Malqueridas, opera prima della regista cilena Tana Gilberto, altro documentario su un gruppo di detenute che ricostruiscono la loro esperienza di maternità dal carcere in Cile. La regista è venuta in in possesso di materiale video girato dalle detenute e con il loro consenso le ha rielaborate e rilavorate creando un’affermazione politica molto forte. Credo che sorprenderà molti spettatori. Attenzione anche a The Vourdalak, opera di vampiri tratta da un libro, La famiglia del Vurdalak, che sembra uscita dalla factory di Roger Corman e ha una dimensione artigianale vicina ai film di Mario Bava. Un film provocatore, anche esteticamente…».
IL SENSO – «Che senso ha un festival oggi? Credo abbiamo un cinema che va a due velocità: da una parte il prodotto mainstrem che non si capisce come interpretare, se è una moda passeggera come forse sarà Barbie o ha la capacità un’abitudine. Dall’altro invece il cinema da festival che ha un suo percorso che è ampio e rigoglioso, i film dei festival hanno vita lunga, passano di rassegna in rassegna e hanno una funzione di distribuzione. Noi ci occupiamo di esordi, non dialoghiamo con il mainstream, ma per quanto riguarda il lavoro di selezione ci siamo posti una domanda: cosa dobbiamo fare? Una ricerca radicale? La nostra volontà è stata quella di non perdere la nostra identità, siamo tanto Malqueridas quanto Vermin e credo che la forza della SIC sia proprio un palinsesto di questo tipo…».
IO DONNA – «Da donna non ho mai voluto favori o aiuti in quanto tale, allo stesso modo se arrivano film femminili forti – come quelli firmati da Julia Furh Mann o Tana Gilberto – ovviamente vengono selezionati per la SIC, non abbiamo ragionato per quote o equilibri, non siamo stati attenti al genere del regista, anche perché in questo caso c’era abbondanza di titoli firmati da registe. Il problema semmai è un altro: quando sei una donna e ti esponi ti devi sempre difendere, quasi giustificare. Ecco, al di là della selezione mi piacerebbe essere trattata alla pari, non avere ostacoli, venire giudicata come uomo. Credo che in Italia la situazione sia ancora un po’ indietro rispetto al resto dell’Europa. Faccio fatica a vedere un equilibrio di figure, ma voglio essere ottimista…».
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