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Arrival | Ted Chiang, i logogrammi e la storia del linguaggio di Denis Villeneuve

Alla base del film? Un alfabeto di cento logogrammi circolari inventati (quasi) per caso

Arrival
Amy Adams e la comunicazione di Arrival.

MILANO – Ma quante volte il cinema di fantascienza ci ha mostrato l’interazione tra esseri umani e alieni? E quante volto lo ha fatto adagiandosi su cliché ormai desueti? Molte, forse troppe (Kubrick e Spielberg a parte), ma ci ha pensato Denis Villeneuve con Arrival a invertire una rotta conosciuta quanto stantia e ad aprire un nuovo modo di raccontare. Basato sul racconto breve di Ted Chiang, Story Of Your Life, il film racconta la storia di una linguista, Louise Banks (Amy Adams), chiamata dall’esercito americano per riuscire a comprendere le intenzioni di creature extraterresti comparse in dodici navi spaziali sospese in varie zone del mondo. Ma come comunicare con loro? Come riuscire a capirsi?

Una scena di Arrival

Un compito decisamente arduo dato che gli “invasori” – o sospetti tali – comunicano unicamente attraverso suoni e schizzi d’inchiostro circolari all’apparenza indecifrabili. Un film sulla (in)comunicabilità, sull’impegno che richiede comprende l’altro, sia esso un alieno o un altro essere umano diverso da noi (messaggio mai così attuale). Arrival è anche il racconto di un dialogo che apre a possibilità e scelte, come quella che dovrà prendere la sua protagonista. «Ma se potessi vedere la tua vita dall’inizio alla fine, cambieresti qualcosa?».

Un dettaglio della sceneggiatura di Arrival

Ma rivedendo il film, la domanda è inevitabile: com’è stato creato il linguaggio alieno di Arrival? Quasi per caso. Tutto merito di una conversazione tra il production designer del film, Patrice Vermette, e la moglie, l’artista canadese Martine Bertrand. Mentre lui si arrovellava alla ricerca di una soluzione, arrivando a consultare addirittura lingue estinte di Medio Oriente, Asia e America del Sud per trovare qualcosa di credibile, la Bertrand gli chiese di lasciargli i suoi appunti per un giorno, per leggerli più attentamente. La sera, sul tavolo del soggiorno, Vermette si ritrovò davanti i primi quindici simboli che avrebbero dato inizio alla creazione di un vero e proprio alfabeto.

Alcuni dei logogrammi utilizzati in Arrival

Cento logogrammi circolari che rappresentano la concezione non-lineare del tempo degli alieni di Arrival per i quali non c’è una direzione univoca ma una fluidità che si riallaccia alla struttura stessa della sceneggiatura di Eric Heisserer. Ma se un logogramma permette di esprimere un concetto senza dover ricorrere a sintassi o punteggiatura, come fare per creare un’intera frase? È qui che entrano in gioco Stephen e Christopher Wolfram, fondatori di un software di codifica matematico attraverso cui hanno suddiviso ogni simbolo in 12 segmenti, ognuno con un significato differente dato dal tratto utilizzato.

La suddivisione in 12 sezioni di un logogramma

Così ogni logogramma rappresenta un’intera frase che può essere suddivisa in parole. Le stesse usate dalla linguista Louise di Amy Adams per comunicare con le creature venute dal futuro per aiutare il genere umano e dare inizio ad una storia fatta di amore e consapevolezza, di accettazione del dolore e profonda connessione. Quella di una madre e di una figlia. «È qui che inizia la tua storia…».

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