in

Il polmone del mondo e l’Amazzonia prima degli incendi (e di Bolsonaro…)

Una scimmietta per un documentario insolito: prima del disastro, un viaggio nella natura

MILANo – Secondo alcuni studi dell’INPE – ovvero l’istituto nazionale delle ricerche spaziali in Amazzonia – fino all’agosto del 2019 si sono verificati più di 70mila incendi boschivi in tutta l’area della foresta compresa tra Brasile, Perù e Bolivia. Deforestazione, incendi dolosi ed economia latifondista: di questo si è parlato su tutti i media per settimane per tentare di dare un volto al responsabile (Bolsonaro? Sì, proprio tu) di un disastro che rischia di bruciare il futuro. A difesa dell’ambiente sono scesi in campo esponenti politici, divi, ma anche studenti, insegnanti e genitori, tutti in azione mentre il polmone della terra veniva soffocato dal fuoco. Appelli? Ovunque: da Leonardo DiCaprio a Pelè, tra Chef Rubio e Alessandro Gassmann, passando per Gisele Bündchen, ovviamente Greta.

La scimmietta cappuccina Saï, protagonista di Amazzonia.

Però, come spesso accade, ci si ricorda dell’importanza delle cose solo quando si sta per perderle o, peggio ancora, quando è ormai tardi. Perché quindi non immergerci nella foresta pluviale e – grazie al cinema – cercare di capire di cosa stiamo parlando realmente? Proprio per questo abbiamo riscoperto per voi lettori di Hot Corn Green, una piccola perla: Amazzonia di Thierry Ragobert, documentario (ora incredibilmente scomparso in streaming, mah) che segue un’adorabile scimmietta cappuccina di nome Saï, cresciuta in un villaggio brasiliano. A seguito di un incidente aereo, si vedrà però costretta a sopravvivere in un’ambiente a lei del tutto sconosciuto: la foresta amazzonica.

In gabbia: la troupe durante le riprese del film.

Ma attenzione: a questo punto dell’articolo non pensate però al solito documentario che dopo pochi minuti finisce per annoiarvi, perché qui i registi – oltre a Ragobert c’è anche Luc Marescot – optano per una narrazione senza dialoghi, lasciando che siano le emozioni e le immagini (incredibili, davvero, da rimanere a bocca aperta) a parlare. Insomma, come dire: niente chiacchiere per questa splendida avventura che è durata diciotto mesi (solo di riprese, e si capisce il motivo), con un’equipe di più di ottanta operatori e tecnici messi alla prova dopo sei mesi di sperimentazione con le apparecchiature in 3D.

Dopo una serie di mirabolanti peripezie, tempeste tropicali, fiumi in piena e coccodrilli affamati, la nostra scimmietta Saï riuscirà a trovare la compagnia di un branco di cappuccine, sue simili, ma sono proprio le sue spettacolari riprese a rendere Amazzonia un documentario ipnotizzante per lo spettatore, grande o piccino sia (consigliato per i bambini dai 5 anni in su). Le immagini sembrano uscite da Avatar, tra vasche piene d’acqua che brillano sotto ai raggi del sole, insetti dai colori elettrizzanti e gloriose sfilate di animali tropicali. Invece non è Avatar, è tutto vero. Almeno fino a quando l’Amazzonia resisterà…

  • HOT CORN GREEN | Greta e un documentario necessario
  • Qui il trailer, mentre il film potete vederlo qui: Amazzonia

Lascia un Commento

Giuseppe Marco Albano

FIGARI FILM FEST | Il futuro del cinema secondo Giuseppe Marco Albano

valentina romani

Valentina Romani: «Alfredino e il mio percorso, tra Anna Foglietta e Angelina Jolie…»