Ha ormai varcato la soglia degli ottant’anni ma era un Adriano Celentano ventenne quello che, nel 1960, si dimenava con la sua chitarra al fianco di Mina (e Chet Baker!) sul set di Urlatori alla sbarra, musicarello diretto da Lucio Fulci (altro nome destinato a gloria futura). Lui, che con le sue movenze alla Elvis Presley e le canzoni ispirate al rock and roll statunitense stava contribuendo a svecchiare la canzone italiana, solo l’anno precedente grazie a Il tuo bacio è come un rock era stato incoronato l’idolo dei teenager, nuova fascia sociale di un’altra, lontana, Italia.
Proprio in quell’occasione, un giornale storico come L’Europeo gli dedicò due pagine con tanto di foto che lo ritraevano mentre si esibiva al Teatro Smeraldo di Milano, per un pubblico in preda a scene di isteria. Era esplosa la celentanomania. Una copia di quel numero del settimanale finì tra le mani di Federico Fellini – reduce dall’Oscar per Le notti di Cabiria – che, impressionato da quel ragazzo, decise di scrivere appositamente per lui una scena nel suo prossimo film in fase di preproduzione: La Dolce Vita. Poco tempo dopo, i due s’incontrarono – a Roma, nemmeno a dirlo – dove un emozionato Adriano si vide mimare dallo stesso Fellini la sequenza che avrebbe poi interpretato.
Il resto? Storia immortalata su pellicola. Nel locale dove Marcello Rubini (Marcello Mastroianni) accompagnava la diva americana Sylvia (Anita Ekberg), al grido di «Rock and Roll. Vogliamo il Rock and Roll», Celentano irrompeva in scena e iniziava a cantare Ready Teddy, brano inciso da Little Richard nel 1956 e portato al successo da Elvis grazie all’apparizione all’Ed Sullivan Show. Accompagnato da I Campanino, il cantante sfoderava le migliori pose elettriche fino a contagiare, in una danza travolgente, anche la Ekberg.
Un’accoppiata singolare così come quella tra il ragazzo della via Gluck ed il regista riminese che aveva visto in Celentano un rappresentante del cambiamento sociale e culturale italiano. Ennesima riprova dello sguardo anticipatore di Fellini. Non è un caso, dunque, se sottobraccio a Mastroianni, tra i locali di Via Veneto, poco prima appariva anche Nico, al secolo Christa Päffgen. Molti anni prima di Andy Warhol e dei Velvet Underground.
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