ROMA – Presentato in anteprima mondiale al Toronto Film Festival, ecco Better Man di Michael Gracey. Biopic non convenzionale, come non lo è stata la vita e la carriera della superstar simbolo degli anni Novanta e Duemila. Dall’esordio straordinario con i Take That, boyband idolo dei teenagers, alla carriera da solista con più di 80 milioni di dischi venduti in tutto il mondo, attraversando alti e bassi personali e professionali, Robbie Williams è uscito dall’ombra del suo paesino britannico per diventare una delle più grandi pop star del mondo. Nel film Robbie è rappresentato da una scimmia, realizzata in CGI, scelta che mette in luce le contraddizioni psicologiche di uno showman, sì strabordante di talento e carisma, ma anche pieno di ferite, fragilità e complessità. Lo vedremo al cinema dall’1 gennaio con Lucky Red, nell’attesa Robbie Williams e Michael Gracey hanno presentato la pellicola a Roma in anteprima nazionale in un evento riservato alla stampa. Ecco cosa ci hanno raccontato.

CONDIVIDERE – «Con Michael ci siamo incontrati ad una festa, una sera, ci siamo raccontati un po’ di storie – un po’ di noi – e l’ho trovato estremamente affascinante e mi sono appurato che in una forma o nell’altra avrebbe potuto avere un ruolo nella mia vita. Questa cosa per una serie di circostanze si è infine verificata raggiungendo poi l’apice nella regia di Better Man. Può diventare un atto liberatorio in effetti, dal momento che il film non è ancora uscito, si, è vero che finora si stanno leggendo solo cose positive intorno – sul film, su Michael, sugli attori – di mio c’ho messo l’autenticità, la mia volontà, il desiderio di condividere tutto. Fino a questo punto il film è qualcosa di profondamente liberatorio, se non dovesse essere un successo sarà l’esatto opposto, e vai giù di terapia!».

LA SCIMMIA – «Il perché della scimmia? Perché io sono una scimmia! Scherzi a parte, è una cosa che mi preme spiegare in modo che tutto il pubblico possa capirla bene. È una scimmia perché è come Robbie si vede. Come una scimmia, quindi abbiamo rappresentato in quanto tale in Better Man in modo che il pubblico possa vederlo in modo autentico. L’altra ragione è che ci sono talmente tanti biopic in giro che ormai ci siamo anche un pochino stancati di vederli così, ripuliti, patinati, risistemati. Il nostro non lo è affatto, nemmeno in quei punti in cui forse avrebbe dovuto esserlo, e questo lo rende unico a modo suo. Credo, infatti, che questa sala che ci ospita oggi sarebbe stata piena la metà se non ci fosse stata la scimmia in scena».

L’AUTENTICITÀ – «Per me non è stato affatto un problema spiegare chi sono e l’ho fatto con la massima sincerità e autenticità, perché è così che sono. Non trovo insolito farlo, né certe cose, a parte alcune interviste in cui questo mi viene fatto notare. A quel punto mi viene una crisi esistenziale che si somma a un’altra crisi esistenziale! Fortunatamente con Michael non è successo nulla di tutto questo. Si è ritrovato ad avere a che fare con una figura pubblica che era fin troppo disposta a voler condividere – anche fino all’eccesso – le parti positive come quelle negative che lo riguardano. Finora è andata bene con Better Man, se ne parla bene nei vari festival, credo perché le persone riescono a riconoscervi una certa autenticità. Qualcosa di cui spesso andiamo alla ricerca ma che in realtà non ci viene data in automatico dai media come vorremmo».
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