ROMA – La vita di Orlando, mite accordatore di pianoforti, tormentato da dolori alla schiena, cambia quando incontra Olga, un’affascinante fisioterapista, che gli diagnostica una contrattura emotiva e gli chiede di portarle una foto da giovane così che possa aiutarlo a risolvere i suoi problemi. Richiesta insolita che spingerà Orlando a mettersi in viaggio e a rivivere – quasi come uno spettatore, quasi come noi – gli eventi della sua vita, eventi che lo hanno reso l’uomo solitario e contratto che è oggi. Parte da qui Scordato di Rocco Papaleo che, oltre ad aver co-firmato la sceneggiatura con Walter Lupo, lo ha diretto e interpretato, al suo quarto film da regista in tredici anni. Accanto a lui, Giorgia – all’esordio assoluto sul grande schermo – e due giovani attori di cui sentirete parlare molto presto: Simone Corbisiero e Angela Curri.

Prodotto da Indiana, Less Is More Produzioni e Vision, in collaborazione con Sky, Scordato è stato girato tra Campania (Salerno) e Basilicata (Lauria e Maratea) e rappresenta per Papaleo – al ritorno dietro la macchina da presa a sette anni di distanza da Onda su Onda e a tredici dall’esordio di Basilicata Coast to Coast – una sorta di commedia sociale, un racconto di formazione che unisce politica e musica, cuore e testa, passato e presente, geografia e storia del Novecento alla ricerca di un tempo perduto che può (e deve) ancora insegnare molto: «Una storia meridionale e poetica. Non spetta a me dirlo ma credo che Scordato sia il mio miglior film», ha precisato Papaleo. Un’occasione per riunirsi alla sua terra – lui è nato proprio a Lauria – ma non per celebrarla, piuttosto per capire, per riflettere, per scrivere (e scriversi) una lettera che da personale ben presto diventa universale. La questione meridionale secondo Papaleo? Sì, ma non solo.

E così eccoci qui, tra le righe di una visione scenografica fatta di campi lunghi e panoramiche in cui rischiarano campagne soleggiate dalla natura incontaminata, e poi stradine di paesi dall’architettura suggestiva e mari e monti e tanto verde. Scordato è soprattutto una lettera d’amore (e odio) di Papaleo per la sua Basilicata e per il Sud in generale, il Sud degli alibi, delle cose che non funzionano, di quelli che hanno sempre una scusa, di quelli che dovevano andare lontano e poi si sono fermati. Fingendo di accontentarsi. E così la colorata narrazione del film parte dalla commedia degli equivoci più classica, poi cresce come road movie (il duetto in macchina con Giuseppe Ragone è fantastico), per evolvere a denso dramma esistenziale. Nel mezzo – con la fondamentale colonna sonora jazz di Michele Braga a tenere il tempo – ecco le assenze, gli errori, le canne, la disillusione giovanile verso Lotta Continua (e più in generale verso i movimenti studenteschi) e i fantasmi del passato. Ma è stata colpa loro? Davvero? E perché in Italia è sempre colpa di qualcun altro?

E, minuto dopo minuto, Scordato diventa il personale Amarcord di Papaleo di intensità crescente nella sua iniziale sottrazione emotiva/anaffettiva che, nella ricerca della nota perfetta, torna ad amare, a perdonare o più semplicemente a vivere. Quasi una lunga sessione di psicoterapia da 104 minuti di buon ritmo e dialoghi vivaci e brillanti in un continuo confronto con se stesso tra sogno e realtà, passato e presente. Una ricostruzione da zero dell’artista-e-uomo fatta di relazioni, passioni, memoria e poesia, una convincente Giorgia al primo squillo cinematografico e un Simone Corbisiero da antologia (i dialoghi tra lui e Papaleo valgono il film). In altri termini: un film che difficilmente potrà lasciare indifferenti. Perché? Perché qui dentro – piaccia o meno – c’è anche una riflessione sulla storia dell’Italia più recente e su quello che eravamo…
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Qui la nostra intervista a Rocco Papaleo e Giorgia:
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