ROMA – Estate 1890, Anton Čechov è un modesto medico di Mosca che per arrotondare scrive racconti sui giornali. Il suo talento è indiscutibile tanto da arrivare a vincere l’ambito Premio Pushkin conferitogli dall’Accademia delle Scienze di San Pietroburgo. Quando però suo fratello Nikolaj muore di tubercolosi, decide di tener fede a una promessa fatta e si reca sull’isola di Sachalin a incontrare alcuni carcerati. Questa – in poche parole – la sinossi di Anton Čechov di René Féret, singolare biopic con protagonisti Nicolas Giraud nel ruolo dello scrittore, Lolita Chammah, Jacques Bonnaffé e Jenna Thaim, ora al cinema grazie a Wanted Cinema dopo più di un paio d’anni d’attesa visto che il film uscì in Francia addirittura nel 2015.

Il film, prodotto dalla Les Films Alyne, che vive dalla sua di un’impareggiabile inerzia, è l’opera ultima del regista francese René Féret – autore di quell’Historie de Paul che nel 1975 scosse il mondo del cinema attirando l’attenzione del filosofo Michel Foucault, oltre che di opere come La prima comunione di Julien e Battesimo – che fece appena a tempo a vedere il suo Anton Čechov completato e distribuito nelle sale transalpine il 18 marzo 2015 prima di spirare nemmeno un mese dopo, il 28 aprile. Un autentico ripescaggio quindi quello di Wanted Cinema che è anche doppia celebrazione del talento di Čechov e della vita artistica di un Féret sempre troppo poco citato e ricordato.

«Non si deve mai mentire. L’arte ha questa splendida caratteristica: semplicemente non tollera il falso. Si può mentire in amore, in politica e in medicina. Si può ingannare la gente o persino Dio, ma non c’è nessuna bugia nell’arte» disse Čechov a proposito dell’integrità dell’artista. Una lezione storica ed etica che Anton Čechov non ha però seguito ciecamente. Perché a leggere la sinossi ufficiale, non è che nel 1890 Čechov fosse esattamente: «Un modesto medico di Mosca che per arrotondare scrive racconti sui giornali». La morte del fratello Nikolaj a lui molto caro sopraggiunse in un periodo parecchio florido per il Čechov-autore paragonato per acume di penna e genialità di intuizione a Nikolaj Gogol e Lev Tolstoj.

Anni in cui Anton Čechov stava ultimando La steppa, prometteva un nuovo romanzo, lavorava per il teatro, stava scrivendo due scherzi (L’orso e La domanda di matrimonio), rivedeva l’Ivanov per ripresentarlo con successo a Pietroburgo, era ampiamente dotato di un’identità artistica definita e riconosciuta tanto da ricevere una simile lettera dal grande Dmitrij Grigorovič: «Avete un talento vero, un vero talento che vi pone molto al di sopra degli scrittori della vostra generazione. Se parlo del vostro talento, lo faccio per convinzione personale». Non ultimo il senso del viaggio sull’isola di Sachalin, scelta che al tempo suscitò disapprovazione nell’intellighenzia, come per il rivoluzionario Pëtr Lavrov che lo accusò di essere un uomo senza principi, connivente con il regime zarista.

Il motivo? Li svela lo stesso Anton Čechov in una lettera all’editore del Tempo Nuovo Aleksej Suvorin: «Voglio unicamente scrivere cento o duecento pagine e pagare in tal modo una minima parte del debito contratto nei confronti della medicina che io ho trattato, come sapete, da mascalzone. Sachalin è l’unico luogo in cui sia possibile studiare una colonizzazione compiuta da criminali, è un inammissibile luogo di sofferenze. L’intera Europa colta sa chi sono i responsabili: non i carcerieri, ma ognuno di noi». I deportati, infatti, lavoravano nelle miniere di carbone incatenati a dei carrelli. L’esperienza fu poco edificante per Čechov che lavorò a tratti e controvoglia.

Ne venne fuori il prezioso L’isola di Sachalin, pubblicato a puntate alla fine del 1893 che in Russia fu accolto nell’indifferenza generale causa gemellare e dostoevskijano Memorie di una casa dei morti e poi nel 1895 come tomo unico, suscitando vasta eco in tutta Europa. Ecco, Anton Čechov di Féret sembra quasi porsi agli antipodi di tutto questo, ricalibrando per ragioni narrative l’episodio di Sachalin – e di riflesso la vita dell’autore russo – nell’ottica di un racconto falsamente storico, reso funzionale al conflitto interiore artistico del Čechov di un intenso Giraud tra appagamento nell’arte e professione sicura.

In definitiva, quindi, pur a fronte di una regia curata e meticolosa, navigata, che sa restituirci appieno odori e sapori di quell’epoca mutevole e tumultuosa come l’Ottocento russo, quella firmata da Féret con Anton Čechov, a tratti, risulta un’opera che non affonda con sufficiente enfasi nel ritratto di un genio assoluto. Comunque un’occasione per riscoprire il mai troppo citato e lodato scrittore russo.
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Qui sotto potete vedere il trailer del film:
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