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Terezin | Gabriele Guidi, il potere della musica e la luce oltre il buio dell’Olocausto

L’amore, l’orrore, la speranza: il regista racconta una storia poco conosciuta. E fa centro

Terezin
Dominika Zeleníková e il suo violino in una scena di Terezin.

MILANO – C’è luce anche nelle tenebre più oscure, quelle che hanno segnato una delle pagine più tristi e tragiche della storia dell’umanità. C’è luce quando Antonio e Martina, lui clarinettista italiano e lei violinista cecoslovacca, si innamorano a Praga e noi li seguiamo poi a Terezin in Terezin, il primo film di Gabriele Guidi – all’esordio al cinema dopo vent’anni di teatro e musical – quando arrivano nel campo di concentramento dell’omonima cittadina che verrà chiamata anche Theresienstadt. C’è luce nei ricordi dei due musicisti – interpretati dai bravissimi Mauro Conte e Dominika Zeleníková – deportati nel ghetto di transito verso Auschwitz insieme ad altri artisti che non faranno mai ritorno in un capitolo tanto incredibile quanto poco raccontato.

Mauro Conte e il suo clarinetto in Terezin.

La delicatezza e la maestosità del teatro – che apre una delle prime scene del film con la voce fuori campo di Antonio – si contrappone alla prepotenza dei nazisti e agli sguardi impauriti delle persone ingruppate e dirette verso il loro ineluttabile destino. Ma la solidarietà che fa sentire tutti sulla stessa barca, il dolore che unisce, l’accoglienza triste e composta di chi sa che è arrivato in un posto senza luce è il momento in cui si riesce a percepire umanità dove altrimenti regna la barbarie. Niente è concesso a questi artisti che, da musicisti, vediamo venire chiamati a fare i contadini e che esortano sé stessi a continuare a suonare la musica nella propria testa, perché è la cosa – l’unica cosa – che li aiuta a restare in vita. Sono pensieri che non si possono rubare, sono un’identità che non si può minare.

L’arrivo nel campo di Terezin.

Qualcosa cambierà quando verrà istituito il Dipartimento del Tempo Libero, ore concesse alla pratica della musica, che salverà lo spirito di grandi e piccoli mentre tutto intorno continua inesorabile la preparazione delle famigerate liste. E allora ecco la speranza, perché nasce un’orchestra che diffonde suoni di ribelle vitalità in un posto infestato dal silenzio della morte dove, attraverso esibizioni e concerti in grande stile per allietare ospiti importanti, la musica – scena dopo scena, minuto dopo minuto – diventa la parte più importante di Terezin, la voce sopita e silente dei deportati, il ricordo di una storia poco raccontata che Guidi ha il grande merito di riportare alla luce.

Terezin
Il regista Gabriele Guidi sul set del film.

Ancora una volta, dunque, la luce, che illumina il buio e taglia l’orrore. Nel cast, oltre ai due protagonisti, anche volti familiari al mondo della TV con una interessante Antonia Liskova, che stenta a trattenere sprazzi di umanità rivelando un’anima meno nera del ruolo che gli è stato affidato a Terezin, e poi Alessio Boni e Cesare Bocci tra gli altri nomi, ma attenzione anche alla colonna sonora – fondamentale per una pellicola del genere – del bravo Emanuele Frusi. Un film che non è solo un film e che ci ricorda il dovere che abbiamo di non dimenticare.

  • INTERVISTE | Gabriele Guidi: «Terezin e il mio viaggio nel tempo»
  • VIDEO | Qui il trailer di Terezin:

 

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