ROMA – Sono pochi, in Italia, quelli che riescono a mettere d’accordo pubblico e critica. Tra loro – sarà la forza delle idee, o la sua personalissima concezione pop del cinema di genere – un posto d’onore lo occupa Matteo Rovere, che dopo i grandi successi cinematografici (da Veloce come il Vento a Il Primo Re) passa alla serialità televisiva, ideando, scrivendo e dirigendo (insieme a Enrico Maria Artale e Michele Alhaique) le dieci puntate che fanno parte di Romulus. La serie, prodotta da Sky, Cattleya e Groenlandia, in onda su Sky Atlantic dal 6 novembre (oltre che on-demand), come racconta Rovere nella nostra intervista, è solo ispirata al mondo arcaico de Il Primo Re, immaginando questa volta la nascita di Roma da un punto di vista storico, mischiando leggenda, rivoluzioni e un mondo primitivo governato da violenza, natura e dèi. Nel cast di Romulus, che ha recitato in protolatino (!), Andrea Arcangeli, Francesco Di Napoli e Marianna Fontana, oltre a Giovanni Buselli, Silvia Calderoni, Sergio Romano e Demetra Avincola.

Matteo, sei showrunner, ma anche regista insieme ad Enrico Maria Artale e Michele Alhaique. Come avete lavorato alla serie?
Romulus è basato sulla scrittura e sulla regia. Doveva esserci un’osmosi e una contaminazione tra gli altri due autori, Filippo Gravino e Guido Iuculiano, ed Enrico Maria Artale e Michele Alhaique che si alternano, con me, alla regia. Dal mio canto, ho avviato il progetto, ho provato a spiegare l’idea, mettendo in risalto un linguaggio comune, nonostante ci siano diversi registi. Ecco, gli spettatori devono individuare una linearità puntata dopo puntata.

Che rapporto c’è tra Romulus e Il Primo Re?
Il rapporto con Il Primo Re è, diciamo, curioso. Lì esploravamo il mito come se fosse reale: ci siamo calati nella leggenda e abbiamo dato vita a Romolo e Remo. Romulus è diverso, non è uno spin-off, né un prequel, ma è un mondo più realistico legato a quell’universo. Abbiamo immaginato cosa possa essere successo davvero nell’VIII Secolo AC, ovvero l’origine semi-divina della fondazione di Roma.

Che percorso prevedete? Uscirà all’estero?
Romulus è una serie europea, non possiamo ragionare solo sul mercato domestico, noi come Italia abbiamo storie da raccontare, decisamente interessanti. Pensate, l’idea di utilizzare il protolatino – ma potete sentirlo in italiano, selezionando la lingua dal telecomando di Sky! – è stata fortemente sostenuta sia da Cattleya sia dai distributori internazionali, che hanno trovato interessante la scelta di questa lingua…

Realtà e leggenda, ma anche un richiamo alle incomprensioni dell’uomo moderno.
Esiste un mondo vicino a noi, dal quale proveniamo, sia a livello storico sia a livello culturale, nel quale realtà e leggenda si mischiano. Questa immaginazione è alla base di Romulus: crea la percezione del reale mantenendo un aspetto fantasy e naturalistico. I personaggi che incontriamo si relazionano con elementi a loro sconosciuti, basti pensare ai sogni, quindi confinano con il magico. Va detto che uno dei riflessi sul contemporaneo è che quello che ci circonda non è del tutto comprensibile e controllabile. Una visione più agnostica solletica l’idea che gli uomini non comprendano tutto. E questo è uno dei semi narrativi che ci ha permesso di creare Romulus.
Matteo, ci sarà una seconda stagione?
Stiamo lavorando e ragionando su questo universo, il mondo di Romulus può proseguire, certo, ma stiamo ragionando sul risultato che potremmo idealmente ottenere in un’ipotetica seconda stagione.
- Qui la nostra video intervista a Matteo Rovere, dal red carpet di RomaFF15:
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