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Venezia 77 | Le responsabilità della Mostra e quel punto di svolta obbligato

Le sale che riaprono, i film e un presente incerto: Venezia sarà il primo passo verso un altro futuro?

Venezia 77, ci siamo
Venezia 77

MILANO – Mentre si continuano a contare i danni, mentre i contagi crescono, in Cina le sale fanno i contri con un buco di 4 miliardi di dollari e a Hollywood sperano in Tenet e lasciano fuori Mulan (ufficialmente su Disney + a 20 euro), l’Italia rimane sempre più aggrappata alla Mostra di Venezia numero 77, il vero punto di svolta a cui tutti guardano (guardiamo) con attesa e (molte) speranze. Così, dopo annunci ufficiali, cambi in corsa (Matt Dillon), presenza extra (Oliver Stone) e varie comunicazioni, passando per il programma delle Giornate degli Autori e della Settimana della Critica – di cui noi di Hot Corn saremo media partner – ecco che il mondo del cinema italiano si rimette in moto, prova a trovare una via ad uno stallo pericolosissimo, che sembra non finire mai.

Venezia77
Una scena di Lacci, film d’apertura di Venezia 77.

Insomma, la verità è che quest’anno Venezia non solo non potrà essere la solita Venezia, ma avrà addosso una responsabilità enorme, forse anche eccessiva, ma tant’è, qui siamo arrivati e da qui bisogna risalire per forza di cose. Più giù non si può. «Da undici anni la Mostra non veniva aperta da un film italiano», ha commentato Barbera la scelta di Lacci, «e il film di Luchetti è il segno del felice momento che sta attraversando il nostro cinema, in continuità con la tendenza positiva delle ultime stagioni che la qualità dei film invitati a Venezia quest’anno non potrà che confermare». In attesa dell’inizio ufficiale della Mostra tra pochi giorni e dell’arrivo della presidente di giuria Cate Blanchett, serve gettare il cuore oltre l’ostacolo e cominciare a raccontare cosa aspetteremo a Venezia 77.

Non Odiare
Alessandro Gassmann e il regista Mauro Mancini sul set di Non odiare.

Biopic, passato, presente, grandi romanzi, storie vere, razzismo (Non odiare con Alessandro Gassmann, che vedremo alla SIC) e anche il lockdown, ovviamente il lockdown. Venezia sarà molte cose, riflesso deformato di un mondo che negli ultimi sei mesi è stato capovolto, ha mescolato valori e urgenze, opinioni e riflessioni, un mondo che ha cambiato il modo di vedere. Tutto. Non è un caso che il film di pre-apertura sia sull’impatto del COVID come Molecole, in cui Andrea Segre racconta il suo lockdown, costretto a rimanere a Venezia, sulle tracce del padre: «Per fare un film bisogna pensarlo, scriverlo, organizzarlo, girarlo», spiega Segre nelle note di regia. «Per Molecole non c’è stato nulla di tutto ciò. Non mi sono nemmeno accorto di girarlo. L’ho vissuto ed è uscito da solo, in un tempo e una dimensione che non potevo prevedere e che non ho saputo contenere».

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Venezia e il lockdown: una scena di Molecole.

Ecco: mai come quest’anno Venezia dovrà quindi essere molto più di una semplice Mostra, perché mai come ora più che red carpet e glamour abbiamo bisogno di pensieri e riflessioni per poter ripensare e rimasticare un tempo assurdo, capirlo per poter andare avanti, magari anche partendo dal passato di un Paese mutato – vedi Spaccapietre con Salvatore Esposito, che sarà alle Giornate degli Autori –  per disegnare il futuro, un futuro che sia altro, un futuro che riesca a salvare la centralità e l’importanza della sala. Una cosa è certa: una volta in più servirà unità di intenti del cinema italiano, basta con fazioni e divisioni, basta con personalismi e differenziazioni. Il motivo? Molto semplice: non c’è più tempo.

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